|
L’alterazione attuata
sulla cifra 9 che appare 8
|
|
Vista d’insieme della
struttura del porta targa
|
|
Foto 1: Alcuni tipi
di porta targa posti in commercio
|
|
Foto 2: Alcuni tipi
di porta targa posti in commercio
|
|
Foto 3: Alcuni tipi
di porta targa posti in commercio
|
|
Foto 4: Alcuni tipi
di porta targa posti in commercio
|
|
(ASAPS) - Il numero
"9" trasformato in 8 e tutto il porta targa che si
ribalta agendo su un elastico.
Il nostro Luigi ha colto in flagrante un pirata della strada,
stavolta in sella ad una moto, che ha pensato bene di saltare
il fosso della legalità, scegliendo deliberatamente di
travisare la sua targa e di dotarla - con un’intuizione degna
di Ian Flemings - di un dispositivo rudimentale ma al tempo
stesso efficace, in grado di sollevarla e sottrarla così all’obiettivo
dell’autovelox o allo sguardo di una divisa.
Il trucco, in verità, non è una cosa nuova: da
molto tempo, ormai, abbiamo avuto modo di accertare di persona
una certa diffusione di sistemi analoghi.
L’occasione è comunque buona per spiegare, a chi ancora
non lo sa, di cosa stiamo parlando.
Prima di proseguire oltre chiariamo, per non dare adito a fin
troppo scontate polemiche, che chi ha deciso di montarlo sulla
propria moto è parte di una minoranza esigua, contestata
apertamente dalla gran parte dei centauri che vivono la moto
in maniera più civile o che, semplicemente, si assumono
le proprie responsabilità in caso di trasgressione. È
evidente che il proliferare dell’utilizzo, non sempre opportuno,
di dispositivi per la rilevazione automatica della velocità,
ha messo in seria difficoltà coloro che fanno della strada
una pista dove sfogare la propria passione per la velocità.
I radar hanno dimostrato la propria affidabilità, sfatando
leggende circa l’utilizzo di spray riflettenti (?), di contromisure
elettroniche in grado di segnalare con anticipo (?) la presenza
di un autovelox o di inibirne (?) le funzioni.
Non fosse per alcune sentenze ammazzaver-bale, dunque,
l’unico rimedio per i rilevatori di velocità è
andare piano. Gli integralisti della velocità a tutti
i costi, però, non si sono arresi, e forti della propria
irriducibile volontà di farla in barba a chi gli imponeva
di mollare la manetta, hanno cominciato a sostituire
gli interi portatarga allestiti di serie sulle loro moto dalle
rispettive case costruttrici con accessori di diversa fattura,
spesso in materiali compositi o in leghe leggere, meno ingombranti.
Con la scusa di migliorare l’estetica o di alleggerire il telaio,
hanno potuto utilizzare dunque accessori con lamine pieghevoli,
mediante l’esercizio di una lieve pressione.
Prima di far salire la coppia del motore, con questo stratagemma,
per ottenere l’impunità è dunque sufficiente sollevare
la targa rivolgendola al cielo. Fateci caso, vi capiterà
senz’altro di vederli, in giro.
Il sistema ha però alcuni difetti: i prodotti più
scadenti cedono presto, sollecitati eccessivamente dalle vibrazioni
del retrotreno o sfibrati dalle continue alzate e levate della
targa con tutto il suo supporto. È arrivata allora, portata
nel passaparola come un tamtam, la disponibilità di un
dispositivo che - sulla celluloide di 007 - poteva essere inventato
solo dal mitico "Q", in grado di sollevare all’istante
la targa durante la marcia e di rimetterla, a comando, nella
sua posizione originale, perpendicolare al suolo.
Questi dispositivi circolano in due versioni: una, manuale ed
una tecnologica. La prima è facilmente visibile, e l’occhio
esperto dello stradalino la può smascherare anche durante
la marcia. Si tratta di un telaio portatarga che resta fisso
alla struttura del parafango e del gruppo ottico posteriore,
dentro il quale trova alloggiamento un telaio più piccolo,
incastonato, dove è realmente fissata la targa.
Un sistema piuttosto rudimentale di filo metallico del tipo
che spinge gas o frizione, fissato in una guaina in cui scorre,
può spingere la targa verso l’esterno (in alto) o richiamarla
nell’alloggiamento (verso il basso). Il pirata agisce sulla
parte opposta del filo, in prossimità di un occhiello
ancorato all’inizio della sella, dove ci sono inguine e cosce,
o in un altro luogo, comunque abbastanza nascosto.
La versione moderna è invece più difficile da
individuare: un pistoncino elettrico alza o abbassa la targa
impedendone, al bisogno, la visione.
Molti di questi dispositivi sono venduti più o meno alla
luce del sole, e spesso sono acquistati da motociclisti ignari
delle conseguenze alle quali possono andare incontro.
Altri smanettoni pirata preferiscono invece sistemi più
vecchi e semplici, ma altrettanto collaudati: si va dal foulard
o dalla bandana annodata ai lati della targa, che sventolando
nella turbolenza della scia provoca un effetto elica che nasconde
la targa ad una visione di sbieco (quella dell’autovelox, appunto),
all’elasticone nero piazzato tra le cifre di sopra e quelle
di sotto della targa, giustificandone la presenza agli eventuali
agenti con la paura di perderla per strada. Infine, la vecchia
spruzzata d’olio motore, seguita da una bella passeggiata su
una strada sterrata.
Tutti sistemi per i quali la legge prevede severe contromisure,
anche se molti non lo sanno. Francamente, autovelox a parte,
a noi preoccupa il fatto che alcuni possano mettere in conto
di doversi nascondere alla Legge, magari dopo aver commesso
anche qualcosa di più grave. (ASAPS).
|