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(Asaps).
Oggi viene voglia di vomitare. Lasciatecelo dire, lasciateci sfogare,
lasciateci sostenere quello che pensiamo. Ci viene voglia di mettere
due firme e levarci di torno, passare qualche ora in più
con la fidanzata, con gli amici, siamo tentati di lasciare questo
paese al suo destino. Perché dopo tre giorni a frequentare
i forum, a dire la nostra al bar, a farci il sangue amaro per convincere
che quello non deve uscire, ecco che la pietanza è servita.
All’improvviso, in silenzio. Ce l’hanno fatta sotto il
naso, ci hanno fregato. Sì, lasciatecelo dire: ci hanno proprio
abbindolato. Pure con l’intermezzo di un tale Angelo Izzo,
che in libertà vigilata per un omicidio sessuale, autore
di un’evasione, trafficava armi da guerra e uccideva ancora,
madre e figlia, spogliate, violentate, picchiate, soffocate e sepolte
sotto un campetto da calcio, dove quella faccina d’angelo magari
faceva anche due tiri in porta. Schifo.
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Proprio
un intermezzo, tra quella che avevamo preso per l’ultima provocazione
di Renato Vallanzasca e quella che invece è stata la sua
ultima sfrontata impresa. In tutta verità, sembra proprio
che a lui riesca tutto. Non solo evadere dai carceri di massima
sicurezza o dall’oblò di una nave, non solo ammazzare
indisturbato chiunque, non solo prendere in ostaggio le guardie
di un carcere e dettare le condizioni, ma anche beffarsi di quella
mezza Italia che non vuole più sentirne parlare. Così,
mentre assistiamo a levate di scudi, a proclami e rassicurazioni,
un permesso di tre ore – con ogni probabilità solo il
primo di una serie – sottraeva quel sanguinario assassino alla
sua cella. Garantiamo: non siamo forcaioli, ma solo terrorizzati.
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Quell’uomo
non è controllabile, così come non lo sono quelli
della sua razza: freddi, intelligenti, imprevedibili. E soprattutto
incapaci di cambiare. Per la gente normale, anche quelli che commettono
un crimine e finiscono in cella, la libertà torna ad essere
una conquista, una scommessa per rimettersi in gioco, per riabilitarsi.
Ma per quelli come lui, falsi fino al ribrezzo dietro una bella
faccia acqua e sapone, dietro lacrimevoli storie di madri malate,
o di mogli lasciate fuori 28 anni fa, la libertà è
un’arma, di cui tengono saldo in mano il calcio, col dito pronto
sul grilletto. Noi non ci siamo cascati e sappiamo benissimo che
con la sua richiesta di grazia, Renato Vallanzasca ha solo cominciato
a mettere in atto il suo piano, e i lembi di lenzuola cominciano
ad annodarsi da soli, per farlo scendere fino a terra, libero di
tornare in azione, in quella Milano che lui stesso non finirà
mai di ripetere, sfrontato, è ancora piena di gente che gli
deve qualcosa.
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“Se non posso tornare libero, allora uccidetemi”, dice
facendo vedere quello che è: un vigliacco, che sa benissimo
di non avere il coraggio di farla finita da solo, ma che tenta la
sua carta migliore, il bluff, quello dei banditi nel poker con la
società. Lui, adesso vede. Fa la sorpresa alla mamma ed alla
moglie… Coincidenza buffa, pensare che suocera e nuora fossero
in casa insieme, ad aspettarlo, e lui che ripara una televisione,
che bacia le mani alla genitrice. No, caro Vallanzasca, noi non
ci caschiamo. Farai fessi tanti, ma noi non ci freghi più.
Ne hai uccisi sette, di noi. E mentre fai le fusa, pensando di giocare
al gatto col topo, ci sono vedove e figlie che tremano di rabbia.
E non tirare in ballo la solita solfa, assassino, che quelli erano
sbirri e lo sapevano a cosa andavano incontro. Loro erano Uomini
veri, perché altrimenti, quando ti hanno preso, ti sparavano
in testa. (Asaps).
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