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Notizie brevi 02/05/2005

TRE ORE DI LIBERTA’ A VALLANZASCA (DOPO IZZO…).
40 RIGHE IN LIBERTA’ ANCHE PER NOI, PER DIRE QUELLO CHE PENSIAMO: E’ UNA VERGOGNA!

TRE ORE DI LIBERTA’ A VALLANZASCA (DOPO IZZO…).
40 RIGHE IN LIBERTA’ ANCHE PER NOI, PER DIRE QUELLO CHE PENSIAMO: E’ UNA VERGOGNA!

Di Lorenzo Borselli

(Asaps). Oggi viene voglia di vomitare. Lasciatecelo dire, lasciateci sfogare, lasciateci sostenere quello che pensiamo. Ci viene voglia di mettere due firme e levarci di torno, passare qualche ora in più con la fidanzata, con gli amici, siamo tentati di lasciare questo paese al suo destino. Perché dopo tre giorni a frequentare i forum, a dire la nostra al bar, a farci il sangue amaro per convincere che quello non deve uscire, ecco che la pietanza è servita. All’improvviso, in silenzio. Ce l’hanno fatta sotto il naso, ci hanno fregato. Sì, lasciatecelo dire: ci hanno proprio abbindolato. Pure con l’intermezzo di un tale Angelo Izzo, che in libertà vigilata per un omicidio sessuale, autore di un’evasione, trafficava armi da guerra e uccideva ancora, madre e figlia, spogliate, violentate, picchiate, soffocate e sepolte sotto un campetto da calcio, dove quella faccina d’angelo magari faceva anche due tiri in porta. Schifo.
Proprio un intermezzo, tra quella che avevamo preso per l’ultima provocazione di Renato Vallanzasca e quella che invece è stata la sua ultima sfrontata impresa. In tutta verità, sembra proprio che a lui riesca tutto. Non solo evadere dai carceri di massima sicurezza o dall’oblò di una nave, non solo ammazzare indisturbato chiunque, non solo prendere in ostaggio le guardie di un carcere e dettare le condizioni, ma anche beffarsi di quella mezza Italia che non vuole più sentirne parlare. Così, mentre assistiamo a levate di scudi, a proclami e rassicurazioni, un permesso di tre ore – con ogni probabilità solo il primo di una serie – sottraeva quel sanguinario assassino alla sua cella. Garantiamo: non siamo forcaioli, ma solo terrorizzati.
Quell’uomo non è controllabile, così come non lo sono quelli della sua razza: freddi, intelligenti, imprevedibili. E soprattutto incapaci di cambiare. Per la gente normale, anche quelli che commettono un crimine e finiscono in cella, la libertà torna ad essere una conquista, una scommessa per rimettersi in gioco, per riabilitarsi. Ma per quelli come lui, falsi fino al ribrezzo dietro una bella faccia acqua e sapone, dietro lacrimevoli storie di madri malate, o di mogli lasciate fuori 28 anni fa, la libertà è un’arma, di cui tengono saldo in mano il calcio, col dito pronto sul grilletto. Noi non ci siamo cascati e sappiamo benissimo che con la sua richiesta di grazia, Renato Vallanzasca ha solo cominciato a mettere in atto il suo piano, e i lembi di lenzuola cominciano ad annodarsi da soli, per farlo scendere fino a terra, libero di tornare in azione, in quella Milano che lui stesso non finirà mai di ripetere, sfrontato, è ancora piena di gente che gli deve qualcosa.
“Se non posso tornare libero, allora uccidetemi”, dice facendo vedere quello che è: un vigliacco, che sa benissimo di non avere il coraggio di farla finita da solo, ma che tenta la sua carta migliore, il bluff, quello dei banditi nel poker con la società. Lui, adesso vede. Fa la sorpresa alla mamma ed alla moglie… Coincidenza buffa, pensare che suocera e nuora fossero in casa insieme, ad aspettarlo, e lui che ripara una televisione, che bacia le mani alla genitrice. No, caro Vallanzasca, noi non ci caschiamo. Farai fessi tanti, ma noi non ci freghi più. Ne hai uccisi sette, di noi. E mentre fai le fusa, pensando di giocare al gatto col topo, ci sono vedove e figlie che tremano di rabbia. E non tirare in ballo la solita solfa, assassino, che quelli erano sbirri e lo sapevano a cosa andavano incontro. Loro erano Uomini veri, perché altrimenti, quando ti hanno preso, ti sparavano in testa. (Asaps).

 


Di Lorenzo Borselli

Lunedì, 02 Maggio 2005
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