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Senza patente, mente ai poliziotti per salvarsi: che effetto ha la sua dichiarazione sul verbale?

La Corte d’appello di Bologna condanna un imputato, accusato dei reati di errore determinato dall’altrui inganno e di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (articoli 48 e 479 del codice penale). L’accusa è di aver falsamente dichiarato agli agenti di polizia, che lo avevano sorpreso alla guida di una macchina, di non essere momentaneamente in possesso della patente, la quale invece gli era stata revocata. In questo modo, l’imputato aveva indotto i pubblici ufficiali a redigere nei suoi confronti un verbale per la sola infrazione amministrativa prevista dall’art. 180 del codice della strada (possesso dei documenti di circolazione e di guida).

L’imputato ricorre in Cassazione, affermando che i pubblici ufficiali avrebbero avuto il potere-dovere di verificare se quanto loro dichiarato rispondesse o meno a verità. La Cassazione (sentenza 25148/15) sottolinea che la fattispecie di reato prevista dagli artt. 48 e 479 c.p. presuppone che, nella parte in cui l’atto pubblico è formato sulle dichiarazioni del privato, esso sia destinato a «provare la verità» delle stesse dichiarazioni. Questa condizione, però, non si è verificata nel caso. Infatti, il verbale con cui si contestava all’imputato l’infrazione amministrativa non era destinato a costituire prova del fatto che egli fosse effettivamente titolare di valida patente, ma dava semplicemente atto che questa era stata la sua dichiarazione e che, sulla base di essa, era configurabile a suo carico quell’infrazione.

In ogni caso, la dichiarazione doveva comunque essere verificata, in quanto il dichiarante si sarebbe dovuto presentare, entro un termine assegnatogli, per esibire la patente di cui aveva affermato di essere titolare: in caso negativo, avrebbe subito, in aggiunta ad altra sanzione amministrativa, anche quella prevista per l’accertata ed oggettiva mancanza del documento. Sul punto, la Cassazione ipotizza che ciò sia avvenuto nel caso, considerando che il ricorrente è stato condannato anche per la guida senza patente (che vale anche se quest’ultima è stata revocata o non rinnovata). La Cassazione accoglie perciò il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

da www.dirittoegiustizia.it

da lastampa.it

Giovedì, 16 Luglio 2015
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