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Articoli 29/09/2015

Il nuovo delitto di autoriciclaggio: aspetti positivi e profili critici
da Altalex

1. Gli articoli 648 bis c.p. e 648 ter c.p. ed il privilegio dell'autoriciclaggio

L'attuale formulazione degli artt. 648 bis c.p. e 648 ter c.p.[1] contiene la medesima clausola di riserva: la gamma dei soggetti attivi di tali reati è limitata a coloro i quali non abbiano partecipato al delitto presupposto.

Una simile impostazione ha dato origine a problematiche di non poco momento, sia in ordine al corretto inquadramento dogmatico della formula “fuori dai casi di concorso nel reato”, sia in merito alle ragioni di una simile limitazione (c.d. privilegio dell'autoriciclaggio), sia nel rintracciare con sicurezza il discrimen tra condotte di riciclaggio e di concorso nel reato prodromico.

In ordine alla prima delle citate criticità si evidenzia come Autorevole Dottrina[2] abbia racchiuso le tesi sviluppatesi in tre macro famiglie: in primis un approccio ermeneutico, risalente e minoritario, sostiene che tale clausola cristallizzi un presupposto negativo della condotta tipica[3]; una seconda tesi, facendo leva sul principio di sussidiarietà[4], sostiene che essa possa essere un mero criterio per prevenire un concorso apparente di norme[5]; una terza teoria, ad oggi ampiamente maggioritaria, riconduce l'inciso in esame al concetto di consuzione e  post factum non punibile[6]. Diversamente, per un ulteriore filone dottrinale, la clausola in esame dipenderebbe da una semplice scelta opportunistica del legislatore, trasformata in una causa personale di esclusione della punibilità.[7]

La scelta legislativa dell'impunità dell'autoriciclaggio è stata, invece, sostenuta richiamando il principio del post factum ed in ossequio ad una lettura sostanziale del ne bis in idem:[8] l'autore del reato non poteva essere punito per la condotta successiva riguardante il provento del reato. Essa si inquadrava quale conseguenza inevitabile dell'illecito commesso,[9] in un tutt'uno imprescindibile rispetto al reato fonte che, pertanto, “rappresenta solo un normale sviluppo della condotta precedente”.[10] Invero, qualsiasi delitto economico genera latu sensu un profitto o un'utilità e la conseguente necessità per il soggetto agente di impegno della ricchezza prodotta.

Allo stesso modo si sosteneva che, in presenza di una simile immunità, sarebbe stato leso anche il principio del nemo tenetur se detegere, poiché altrimenti si costringerebbero gli agenti ad autodenunciarsi per il reato presupposto.[11] Tali affermazioni si rintracciano continuamente, e quasi tralaticiamente, anche nella Giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale, continuamente, sostiene che l'intero disvalore del fatto resterebbe assorbito dalla condotta originaria.[12]

L'ultima delle suesposte criticità rileva la perdurante difficoltà nel rintracciare il confine tra le condotte di riciclaggio e quelle (anche) di concorso nel reato prodromico. Non appare soddisfacente il criterio temporale basato sul momento in cui viene raggiunto l'accordo di blanchiment, a seconda che esso si sia realizzato prima o dopo la fattispecie del delitto presupposto, dovendosi invece verificare se la preventiva assicurazione di “lavare” il denaro abbia “realmente influenzato o rafforzato, negli autori principali, la decisione di delinquere”. [13]

All'interno di un simile assetto si è orientato il Giudice di Legittimità, il quale, nei suoi arresti, ha sempre interpretato la clausola di riserva, in ossequio al principio di legalità (ed il suo corollario di tassatività) ex art. 25 Cost., in modo rigoristico, neutralizzando ogni tentativo giuridico o metagiuridico di limitazione della stessa.[14]

Non può dunque risultare sorprendente se gli artt. 648 bis e ter c.p. abbiano ricevuto nel tempo una scarsa applicazione, spesso semplicemente limitata ai c.d. taroccatori di autovetture.[15] Allo stesso modo non può stupire che gran parte della Dottrina abbia definito tale normativa quale “inconsistente”[16] e parlato di “ineffettività del delitto di riciclaggio”.[17]

La citata clausola di riserva non è andata, nel tempo, esente da critiche; le censure, in ordine ad essa, si sono intensificate proprio negli ultimi anni.

In particolare la Miglior Dottrina, evidenziando come il riciclaggio non sia sempre connotato da una spiccata accessorietà rispetto ai reati presupposti, ne individua “un autonomo profilo di lesività (…) con conseguente superamento del principio della non punibilità del postfatto”[18]. Invero l'autonoma e consapevole decisione di compiere le attività di cui agli artt. 648 bis e ter c.p. rende pertanto palese il grave ed indipendente disvalore che connota tali condotte (del tutto autonome rispetto ai reati fonte): vi è conseguente lesione di interessi ulteriori rispetto a quelli del reato presupposto.[19] La portata plurioffensiva del fenomeno criminale, infatti, non costituisce “la semplice e naturale prosecuzione di un'attività criminosa ma un momento centrale di quell'attività, attraverso la reimmissione delle disponibilità illecite nel circuito legale”.[20]

Quanto evidenziato diviene macroscopico se si pensa al fenomeno della criminalità organizzata: all'interno di tale contesto il self laundering diviene il pilastro sul quale tali associazioni edificano le loro opere, poiché i grandi gruppi avviano un'attività solo nella consapevolezza di poter ripulire i proventi.

Il profilo di plurioffensività viene, altresì, affrontato con specifico riferimento al fisiologico funzionamento del mercato e delle sue naturali dinamiche: si evidenzia conseguenzialmente l'esigenza di tutelare il corretto espletamento del libero commercio, poiché l'immissione nel circuito economico di illecite liquidità danneggia  l'impresa che opera legalmente.[21] L'utilizzazione di mezzi provenienti da attività illegali dà luogo ad un fattore di significativa alterazione delle regole della concorrenza, ponendo l'utilizzatore in una condizione di privilegio rispetto ai competitori ossequiosi delle regole.

Queste condotte costituiscono, altresì, un ostacolo all'accertamento del reato presupposto e al recupero del profitto illecito[22] ed il perdurare di una simile situazione di “immunità” per il soggetto agente risulta, allo stesso modo, un appetibile, ma paradossale, stimolo alla commissione di quei delitti che sono in grado di produrre i profitti di maggiore importo.       

2. Cenni Comparatistici e iter legislativo

Risulta utile analizzare quali siano le scelte sul punto di altri ordinamenti,  valutandone gli approcci.

In primis l'incriminazione del delitto in esame deve dirsi acquisita e radicata nei paesi di common law: tanto gli Stati Uniti quanto il Regno Unito, e sulla loro scia l'Australia, non contemplano meccanismi simili alla nostra clausola di riserva per il reato di riciclaggio.[23]

Anche alcuni paesi della tradizione di civil law seguono la medesima impostazione di politica criminale: la Spagna, nel suo articolo 301 del codice penale e a differenza degli artt. 298 - 299 in tema di ricettazione e favoreggiamento (che espressamente richiedono l'estraneità per il reato presupposto), punisce la condotta di blanchiment dell'agente anche se il reato fonte è commesso, oltre che da terzi, “da lui stesso”. Allo stesso modo fa il Portogallo.

La rilevanza penale del riciclaggio può dirsi sempre così pacifica: invero nell'ordinamento francese era scontata, fino al 2004, la non punibilità del self laundering. Il revirement transalpino non è poi scaturito da una scelta del potere legislativo, ma da una sentenza della Corte di Cassazione.[24] Non dissimile, altresì, l'impostazione elvetica ove, nonostante le spinte contrarie della Dottrina, la prevalente Giurisprudenza, nel silenzio sui soggetti attivi dell'art. 305 bis, ha affermato tale responsabilità anche per il partecipe nel reato presupposto.

Prossimi alla nostra impostazione risultano invece il codice tedesco e quello austriaco. Il primo esclude categoricamente ed espressamente la punibilità per colui che abbia concorso nel reato fonte (§ 261 StGB, comma 9); tale inequivoca impostazione germanica è dovuta alla riforma del 1998, volta a scongiurare i tentativi giurisprudenziali di aggiramento della precedente versione della norma. Anche il secondo ripugna, in modo chiaro, la punibilità dell'autore del reato fonte per riciclaggio.

L'incriminazione del delitto in esame, dunque, non risulta una necessità immanente al sistema penale, “né un atto di fede (…); molto più semplicemente è una questione che ciascun legislatore risolve secondo fisiologiche e discrezionali dinamiche di opportunità politico – criminale, ininfluente in quanto tale sulla complessiva efficienza sanzionatoria o sulla globale efficacia dissuasiva dell'apparato repressivo”[25]

Ciò nonostante le proposte per l'introduzione del delitto di autoriciclaggio nel nostro ordinamento si sono rincorse, infruttuosamente, fin dagli inizi del 2000.[26] Tra di esse meritano sicuramente menzione i lavori delle Commissioni Ministeriali Greco e Fiandaca.

La prima nasce nel gennaio 2013 con il duplice scopo di procedere sia alla revisione della fattispecie di riciclaggio, che all'introduzione dell'autoriciclaggio. La Commissione, anziché limitarsi ad eliminare la clausola di riserva dalle disposizioni originarie, aveva previsto, attraverso l'introduzione del nuovo delitto ex art. 517 sexies c.p., un'autonoma fattispecie di riciclaggio ed autoriciclaggio da includere in un apposito capo dedicato ai delitti contro l'ordine economico e finanziario.

La Commissione Fiandaca fu istituita a pochi mesi di distanza, nel giugno 2013, e fu incaricata di elaborare una proposta di intervento in materia di criminalità organizzata. Anche in questo caso molto si discusse sull'unificazione di una simile previsione con quella di riciclaggio, rispetto all'opportunità di mantenere distinte le previsioni. La Commissione optò per l'unica fattispecie, introducendo l'autoriciclaggio nel nostro sistema con le mera eliminazione della clausola di riserva.

L'agire del legislatore è stato anche influenzato, così come spesso accade in questi ultimi anni, dalle elaborazioni europee ed internazionali:  la Convenzione di Strasburgo sulla corruzione del 1999, ratificata dall'Italia nel 2010 con legge n. 110: e la Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale, adottata dall'Assemblea Generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001, oggetto di ratifica con legge n. 146 del 2006. In entrambi gli atti normativi è presente una clausola a mente della quale gli Stati possono stabilire come la fattispecie di riciclaggio non sia applicabile nei confronti del reato presupposto. Sembra pertanto potersi evincere che, seppur non quale obbligo, l'orientamento generale sia nel senso della punibilità dell'autoriciclaggio.[27]

L'importanza dell'introduzione di una simile previsione nel nostro codice avrebbe dovuto spingere il legislatore ad una riforma autonoma e ponderata, approvata all'esito di un serio dibattito sui decisivi e delicati valori sottesi. I fatti, invece, evidenziano tutt'altro: la legge 15 dicembre 2014 n. 186 introduce l'art. 648 ter 1 c.p., “a mo di spauracchio in un testo legislativo con altre finalità e diverso contesto, approvato di corsa per l'urgenza delle misure di voluntary disclosure (con la scusa dell'urgenza infatti, sono stati rifiutati tutti gli emendamenti presentati in Senato rispetto al testo approvato dalla Camera)”. Invero il nostro esecutivo, con il metodo del bastone e della carota, ha introdotto un moderno scudo fiscale, minacciando coloro che non se ne avvalgano con l'introduzione del nuovo delitto.

3.  L'analisi  dell'art. 648 ter 1 c.p.

Il disegno di legge n. 1642 è stato definitivamente approvato il 15 dicembre 2014 (con legge n. 186), con la conseguente introduzione della previsione dell'art. 648 ter 1 nel nostro codice penale.

La disposizione così statuisce:

«Art. 648-ter 1. -(Autoriciclaggio)- Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.

La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.

La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648».

Ictu oculi emerge come la previsione abbia condensato gli art. 648 bis e ter c.p., riferiti però a colui che ha commesso il resto presupposto, in una sorta di “ibrido”.[28]

Nel particolare “l'impiego” fa riferimento a qualsivoglia forma di reimmisione della disponibilità delittuosa nel circuito economico e legale: si pensi ad un investimento in ambito imprenditoriale, ad un aumento di capitale societario, ad un acquisto di immobile da reddito o strumentale all'impresa. Non sempre agevole trovare il distinguo con “la sostituzione” o “il trasferimento”. Forse il discrimen è rintracciabile nel fatto che sostituzione e trasferimento comportano una modifica alla titolarità del bene, mentre l'impiego di denaro non determina il mutamento della titolarità della res, che viene utilizzata dallo stesso soggetto che ne ha legittimazione.[29]  La Suprema Corte di Cassazione ha, altresì, provato a rintracciare tale confine: vi sarebbe sostituzione o trasferimento, di cui all'art. 648 bis c.p., ogniqualvolta il provento illecito venga prima “ripulito” e poi impiegato; vi sarebbe impiego, ex art. 648 ter c.p., se esso venisse direttamente utilizzato.[30]

Secondo un ulteriore approccio interpretativo, non potrebbe poi parlarsi di reimpiego nei casi in cui la reimmisione del provento illecito avvenga al di fuori dei circuiti legali, per via della plurioffensività di tali condotte e della conseguente necessaria lesione al sistema economico.[31] Di diverso avviso il Giudice di Legittimità (Cassazione Penale n. 9026 del 2013), il quale sostiene che, nei casi in cui simili liquidità siano impiegate in attività illecite, vi sarebbe anzi un'offesa giuridica maggiore.

Quanto ai concetti di “sostituzione” e “trasferimento” essi costituiscono il risultato perseguito dalla condotta, tramite modalità causalmente orientate. Nello specifico, il primo risulta integrato da ogni condotta di immutazione in altro bene/utilità dello stesso o di altro genere. E' l'ipotesi più classica di riciclaggio, consistente nella consegna di un bene in cambio di un bene diverso: un acquisto di titoli o strumenti finanziari, un acquisto di beni, ma anche il mero deposito in banca (con cui avviene il “lavaggio” con altro denaro “pulito”).[32] Il secondo, invece, consiste in un qualsiasi spostamento di titolarità o disponibilità: un'intestazione fittizia, un passaggio di disponibilità materiale dei beni, un trasferimento del denaro da un conto all'altro.[33]

La destinazione della disponibilità di provenienza illecita deve essere conferita in “attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative”. Autorevole Dottrina non ha mancato di far notare come “l'elencazione soffra di palesi sovrapposizioni e di qualche conseguente ridondanza (senza però che vi sia alcun elemento di contraddizione interna)”; tuttavia una simile scelta rende esplicita la rilevanza di simili condotte meramente “negli ambiti rientranti nello svolgimento di attività economiche”.[34]

Quanto alla nozione di “attività economica o finanziaria”, essa è desumibile dagli artt. 2082, 2135 e 2195 c.c. e si riferisce non semplicemente all'attività produttiva in senso stretto (ovvero diretta alla produzione di beni o servizi), ma anche allo scambio e distribuzione dei beni nel mercato del consumo, nonché ad ogni altra attività che possa rientrare all'interno di quelle indicate dal codice civile. Infatti per la definizione di “attività economica” il riferimento alla norma civilistica, che definisce l'imprenditore, permette ugualmente di cogliere il concetto citato; appare quindi ripetitivo il richiamo fatto dall'art. 648 ter 1 c.p. all'attività imprenditoriale,  forma attraverso la quale si manifesta l'attività economica. L'“attività finanziaria” riguarda, invece, l'intermediazione immobiliare, e trova la sua fonte nel T.U.I.F..[35]

L'inedita confluenza delle condotte di riciclaggio e di reimpiego nell'alveo del novum delittuoso si rifrange immediatamente sul bene giuridico tutelato, che si connota di una evidente plurioffensività.[37] Così se non può sottacersi, per la  collocazione sistematica, “la permanente matrice patrimonialistica, il mixtum di condotte autoriciclatorie esalta al contempo la dimensione dell'offesa al mercato e alla concorrenza”.[38] Per un diverso filone interpretativo, che sottolinea l'allontanamento della norma dalla classica componente patrimoniale, l'incriminazione appare più funzionale all'impedimento della consolidazione di una precedente situazione di illiceità e allo svolgimento delle indagini sulla provenienza delittuosa dei beni, cui si associa lo scopo di prevenire la circolazione della res di reato. In quest'ottica, e di conseguenza, sarebbe primeggiante la tutela dell'amministrazione della giustizia.[39]

Oggetto materiale della condotta sono “il denaro, i beni o le altre utilità”: “anche in questo caso il legislatore ha preferito percorrere strade consuete, partendo dal denaro e proseguendo con formule via via più ampie. L'elencazione rimanda a qualsiasi cespite (…) dotato quindi di un valore di scambio apprezzabile”.[40] Il termine “provenienti” nell'economia della norma rappresenta un passaggio fondamentale. Posto che dovrebbe sempre preferirsi un'interpretazione restrittiva, nel pieno rispetto dell'art. 25 Cost., vi risultano ricompresi i concetti di “profitto” (vantaggio economico ricavato dal reato) e di “prodotto” (ovvero il frutto, l'oggetto materiale, direttamente generato dall'attività illecita); dubbi, invece, per il “prezzo”.

Il reato va qualificato sicuramente come proprio: il soggetto attivo è soltanto l'autore del reato presupposto, ovvero un soggetto che vi abbia concorso. Quanto all'elemento soggettivo esso consiste nel dolo generico: risulta, dunque, necessaria la consapevolezza della provenienza illecita delle risorse, accompagnata dalla coscienza e volontà di destinarle ad un impiego economicamente utile. Per tali motivazioni dovrebbe escludersi la possibilità di un dolo eventuale.

Quanto alle circostanze aggravanti ed attenuanti, la condotta è scandita con un disvalore modulato, evidenziato da una diversa cornice edittale della pena: in considerazione della minore gravità del delitto a monte, il reato avrà una minore risposta repressiva da parte dell'ordinamento.[41] Sarà nuovamente applicata la pena più grave nei casi in cui i beni o le altre utilità provengano da un reato commesso “con le condizioni e le modalità” di cui all'associazione di stampo mafioso. Importa, altresì, un aggravio di pena l'aver commesso il reato “nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale”, che trova spiegazione nello “sfruttamento illegale” di strutture operative ed attività assai utili per l'ottimizzazione del risultato criminale insito nell'autoriciclaggio. Implica, invece, una diminuzione della sanzione, l'essersi “efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto”, in linea con la tendenza di politica criminale a tipologia premiale delle condotte riparatorie neutralizzatrici. Viene estesa la disciplina della confisca stabilita dall'art. 648 quater c.p..[42] Fondamentale la previsione di cui al quarto comma, la quale verrà analizzata nei paragrafi seguenti.

Quanto alla consumazione, il nuovo delitto si perfeziona nel momento in cui si tiene la condotta vietata. Non pare semplice dirimere il caso in cui vi siano più condotte relative al medesimo bene in tempi diversi: Autorevole Dottrina, respingendo l'ipotesi di un unico reato a consumazione prolungata, sostiene la presenza di una continuazione nel reato.[43]

4. I primi commenti: aspetti positivi

In primo luogo non può che essere salutata con favore l'introduzione di un simile reato nel nostro ordinamento, che non aveva mai sanzionato simili condotte: sotto questo punto di vista la nuova previsione non può che essere “già un risultato”.[44]

Allo stesso modo deve apprezzarsi lo sforzo del legislatore nell' ”afferrare” la tipicità delle condotte ed il suo ancorarne il disvalore ad un obbiettivo pericolo per i beni giuridici tutelati. In primis, nel processo di importazione dal riciclaggio, viene eliminato il riferimento alle “altre operazioni”, con conseguente innalzamento della determinatezza della fattispecie e decretandone la specialità rispetto all'ipotesi originaria.[45] In secundis si è apertis verbis agganciata, con l'inserimento dell'avverbio “concretamente”, l'offesa penale tipizzata al livello del pericolo concreto.

Seppur nell'incertezza interpretativa di un simile inciso,[46] dovrà, in conseguenza, subire un netto revirement la Giurisprudenza che, in tema di riciclaggio, si accontentava di comportamenti di modesta o inesistente idoneità ostacolante: si pensi ai casi di mero deposito in banca di somme di danaro, che “stante la natura fungibile del bene”, veniva ritenuto penalmente tipico poiché “automaticamente sostituito con denaro pulito”.[47] Allo stesso modo non basterà ad integrare il delitto neppure il mero trasferimento dell'utilità da un conto all'altro, diversamente intestato.[48]

Emerge, con la previsione in esame, l'esigenza sentita dal nostro legislatore: dare un connotato di disvalore forte alla condotta, mediante l'assegnazione di una carica di rilevante offensività alle modalità esecutive attraverso le quali si esplicita la condotta.[49] Sotto questo punto di vista, l'aggiunta dell'avverbio “concretamente”, oltre a pretendere accertamenti in termini oggettivi, impone all'interprete un'esegesi rigorosa, attribuente al termine “ostacolare” la pienezza del suo valore semantico.

Viene salutato con favore, altresì, lo sdoppiamento graduato della risposta repressiva, diversificata a seconda della pena prevista per il reato presupposto: il disvalore di quest'ultimo dovrebbe, in conseguenza, riflettere anche la gravità del successivo autoriciclaggio. Tale equazione, tuttavia, non è andata indenne da critiche[50]: probabilmente sarebbe stata più saggia una differenziazione sulla scorta della gravità del fatto, magari ancorato alla consistenza economica delle utilità riciclate.[51]

La citata scissione, seppur apprezzabile dal punto di vista della ragionevolezza e proporzionalità della risposta sanzionatoria, si presta a qualche dubbio di matrice dogmatica: la disposizione del capoverso può, infatti, essere letta sia come fattispecie autonoma che come circostanza attenuante. In tal senso deve preferirsi la prima soluzione prospettata sia per la sua evidente simmetria sintattica, pur nella sua ermeticità largamente per relationem con il comma 1, in palese distonia con i commi 5 e 6; sia per l'assenza di un rapporto di specialità tra le disposizioni in esame, attestandosi il comma secondo su un piano di alternatività rispetto al prototipo del primo comma.

5. Aspetti meno positivi

Diversi i profili critici. Quanto al quarto comma, su cui si tornerà più ampiamente nel paragrafo che segue, si evidenzia come il piacere sociale costituisca “il bene sociale e individuale più alto, nonché fondamento della vita morale, almeno nell'ottica di questa disposizione”. L'attività produttiva, invece, “merita discredito, riprovazione e conseguente punizione”. Viene infatti privilegiato, nella scala di valori sottesa alla norma, l'edonismo (il “godimento personale”) e condannata come riprovevole l'attività produttiva.[52] Allo stesso modo verrebbe sanzionato l'imprenditore che investe in azienda i proventi di illeciti fiscali, mentre sarebbe immune da censure quello “«vizioso», che li utilizza per acquistare beni di consumo o per utilizzi personali”.[53]

Si evidenzia, altresì, come i delitti contro il patrimonio, e tutti i reati che generano comunque un profitto, avranno sempre un ingombrante compagno che occuperà la scena processuale, anche in ambito cautelare, la scena processuale.

L'autore del delitto presupposto potrebbe, per di più, determinare egli stesso il giudice competente che sarà quello in cui l'autoriciclaggio viene commesso, salvo i casi di reato presupposto più grave.[54]

Un ulteriore “effetto perverso” è portato dalla considerazione che ogni impiego  di denari, generati da un'attività già sanzionabile ex art. 648 ter, 1 c.p., darà luogo ad un'altra ipotesi di Self-laundering, e così via, fino a che gli investimenti non siano in perdita per l'agente, o che lo stesso non decida di spenderli per godimento personale. L'autoriciclaggio fungerebbe pertanto quale “delitto presupposto dell'autoriciclaggio”

Risulta censurabile la mancata selezione dei reati presupposto, al cospetto del generico inciso allusivo ai reati non colposi: una simile opera, seppur richiedente una selezione frutto di un grande impegno, avrebbe infatti evitato qualche problema rispetto ai reati contro il patrimonio di minor rilievo, avuto riguardo alle prospettive di tutela nelle quali la norma incriminatrice di nuovo conio si colloca.[55]

Il reato, altresì, poiché proprio, implica l'applicazione dell'art. 117 c.p.: infatti si è in presenza di un mutamento del reato per taluno dei concorrenti (da riciclaggio ad autoriciclaggio), ed il sodale dovrebbe rispondere del diverso reato che dipende dalle condizioni o qualità del colpevole: vi è il rischio di una conseguente sostanziale abrogazione degli artt. 648 bis e ter c.p.

Infine la nuova disposizione non colpisce, né forse avrebbe potuto farlo, l'autoriciclaggio in senso materiale, contestuale o funzionale al reato presupposto. Si pensi al caso dell'impresa la quale costituisca fondi extra contabili per precostituirsi prezzo di un altro reato, come la corruzione. [56]

Restano da affrontare due tematiche specifiche, che meritano una trattazione più profusa: la prima legata ai fenomeni di diritto intertemporale; la seconda connessa all'esatto inquadramento della previsione di cui al quarto comma dell'art. 648 ter 1 c.p..

5.1. (in particolare) Le dinamiche di diritto intertemporale

Trattandosi di nuova incriminazione, volta al superamento della clausola di non punibilità presente nel sistema, non si pone questione alcuna relativa alla continuità del nuovo rispetto al vecchio, poiché quest'ultimo gravitava nella zona del lecito o, comunque, del non punibile.[57]

Tuttavia bisogna chiedersi se l'art. 648 ter 1 c.p. possa applicarsi anche ai reati “pregressi”, o se la norma valga solo in rapporto ai reati commessi dopo l'introduzione del delitto. Per prendere posizione sul punto occorre stabilire se il principio di legalità imponga, o meno, che tutti gli elementi componenti il fatto di reato debbano materializzarsi dopo l'entrata in vigore della legge, o se alcuni possano preesistere. Non è questa, ovviamente, la sede per dilungarsi su tale tematica; è bastevole rilevare come per la chiave temporale “gli elementi fattuali riconducibili alla «situazione tipica» possano venire ad esistenza ben prima del verificarsi della condotta e dell'evento, e che da essi si distinguono gli elementi che costituiscono invece il «precetto penale», di agire o non agire, sui quali si incentra la pretesa normativa”. [58]

In conseguenza se la previa commissione del “delitto non colposo” fosse da considerarsi quale mero “presupposto della condotta” non si avrebbero problemi alcuni con il divieto di irretroattività, potendosi applicare la fattispecie in relazione anche a reati pregressi.[59] Se si dovesse ritenere quale preliminare condotta tipica, che non esaurisce il fatto, ma ne introduce la realizzazione (reato a condotta complessa, o reato a due condotte), vi sarebbero, diversamente, criticità evidenti.[60]

Secondo le puntuali argomentazioni della Dottrina in esame, la nuova incriminazione non dovrebbe potersi applicare a reati antecedenti; l'intero fatto dovrebbe essersi verificato dopo l'entrata in vigore della norma. A tale conclusione l'Autore perviene evidenziando come l'introduzione dell'art. 648 ter 1 c.p. abbia determinato una più approfondita tutela di beni protetti con il reato presupposto, rappresentando per il reo un ostacolo maggiore al perseguimento della rendita da reato e quindi una ragione in più per esimersi dalla realizzazione. Si argomenta, altresì, attraverso il decisum recentemente statuito dal Giudice di Legittimità relativo alla possibilità di configurare un tentativo di rapina impropria:[61] applicandone lo stesso principio giuridico, si sostiene che la dimensione di fatto illecito del reato non colposo, vietato dall'ordinamento, non consenta di ritenere lo stesso quale presupposto della condotta.

In tal senso la motivazione dirompente affiora nel rapporto “logico strutturale” che, nella fattispecie, si instaura tra i due comportamenti posti in essere: invero “la messa a reddito dei proventi è il verosimile e frequente risultato avuto di mira con la commissione del reato” presupposto. Infatti attraverso l'incriminazione dell'autoriciclaggio è il legislatore, con la cristallizzazione di tale rapporto, a prendere in considerazione il legame strumentale tra la commissione del reato produttivo di utilità economicamente rilevanti e la condotta di impiego di tali risorse.

Tra le righe, viceversa, un diverso approccio Dottrinario pare preferire la tesi opposta, considerando il reato fonte quale presupposto della condotta.[62]

Resta da esaminare un'ultima criticità: le condotte di “impiego, sostituzione o  trasferimento, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriale o speculative” possono durare nel tempo, divenendo un reato di durata. Ben si potrebbe immaginare la configurazione dell'art. 648 ter 1 c.p. per la parte di condotta che si posiziona dopo l'entrata in vigore della norma, ma simili azioni possono concretizzarsi in modi diversi, trattandosi di attività “complesse”. Si pensi, semplicemente, al caso in cui, dopo l'entrata in vigore del novum legislativo, il colpevole del reato fonte paghi le forniture in adempimento di contratti stipulati anteriormente. 

5.2 (in particolare) L'ipotesi del quarto comma

Il quarto comma segna il limite negativo del tipo, in quanto descrive una modalità della condotta, la “mera utilizzazione” e il “godimento personale”, espressamente esclusa dalla penale rilevanza.

L'intentio legis, strettamente connessa alla ragione giustificatrice dell'autoriciclaggio, è sicuramente lodevole. La grave sanzione penale di cui al primo comma, invero, è stata limitata ad una serie di condotte che producono il medesimo risultato: il reimpiego, a fini lucrativi, nel circuito economico legale di risorse di provenienza delittuosa. L'incriminazione ex art. 648 ter 1 c.p. viene riservata, conseguentemente, a quelle forme di utilizzazione maggiormente offensive per l'ordinamento finanziario. [63]

Tanto premesso devono introdursi diverse criticità. In primis, quanto a tecnica legislativa, il quarto comma denota l'infelice capacità di redazione delle norme da parte del legislatore: la previsione esordisce infatti con l'inciso “fuori dei casi di cui ai commi precedenti”, quindi considerando condotte di per sé già al di fuori dell'area del penalmente rilevante per il reato de quo. Probabilmente esso costituisce un'utile ridondanza, per ricordare all'interprete che, dove vi è uso personale, non può esservi, comunque, riciclaggio.[64]

La criticità evidenziata risulta di non poco momento anche per il corretto inquadramento della natura del comma in esame. Astrattamente, infatti, esso sarebbe classificabile sia come esimente, agente sull'antigiuridicità; sia come causa oggettiva di esclusione del tipo, incidente sulla tipicità; sia come causa di non punibilità, riguardante la mera punibilità.  Ad oggi, la Dottrina maggioritaria qualifica il comma in esame come causa oggettiva di esclusione del tipo.[65]

Oltre alla citata e criticata preferenza per sanzionare le condotte relative al circuito economico e non quelle inerenti il piacere individuale, rivelando una deprecabile scala di valori, in secundis la causa di non punibilità è formulata in termini incerti ed ambigui: i confini del penalmente rilevante, conseguentemente, sono oscuri e labili.[66]

A tal proposito sembra potersi affermare che l'“utilizzo” riguarderebbe i beni mobili, in particolare il denaro, mentre “il godimento” i beni immobili. Più in generale pare, infatti, che le nozioni di “mero utilizzo” e di “godimento personale” alludano principalmente all'autoconsumo, sia quando esso venga distrutto con l'uso, sia quando resti a disposizione per il futuro.[67]

Deve chiedersi, altresì, se nella nozione di “mera utilizzazione” e di “godimento personale” rientrino i casi in cui il provento sia condiviso con altri, come nel caso di una cena con amici, o dell'acquisto di un auto per la famiglia. In tal senso sarebbero prospettabili due tesi contrapposte: una versione “solipsistica”, con un godimento esclusivamente personale, suggerita dall'aggettivo “mera” che suggerisce l'idea di “esclusività”; una ricostruzione meno rigorosa, invece, lo riterrebbe applicabile anche nei casi di utilizzazione non strettamente personale.[68]

Un ulteriore indirizzo, invece, propone una diversa classificazione dei concetti in esame, alla luce di un esempio illuminante: posto che nessun dubbio vi sarebbe nel caso in cui l'agente compri per sé un'abitazione in una località balenare, ma quid iuris allorquando l'acquisto fosse compiuto da una società, da lui interamente controllata, cui l'autore del reato presupposto abbia preventivamente trasferito il denaro di provenienza delittuosa? Con una lettura analitica e atomistica delle singole condotte, difficilmente potrebbe negarsi che almeno una parte della vicenda graviterebbe attorno al penalmente rilevante: vi sarebbe, invero, una condotta concretamente ostacolante con il trasferimento del denaro alla società. Al contrario, privilegiando un approccio teleologico, si conclude, in ogni caso in cui l'azione sfoci in un godimento personale, per l'operatività dello sbarramento innalzato dalla limitazione del tipo, anche se compiuto attraverso condotte in grado di ostacolare la ricostruzione della genesi delittuosa.[69

Risulta evidente la difficoltà nel dare contenuto concreto ai concetti in esame: il rischio, ovviamente, è che una tale incertezza possa ripercuotersi sull'applicazione del comma in esame, implicandone una “interpretazione abrogatrice da parte dell'Autorità Giudiziaria”.[70]

6. Cenni al rapporto tra autoriciclaggio e reati tributari

Resta da approfondirsi un'ultima criticità: la possibilità di configurare il reato tributario come presupposto della nuova incriminazione.[71]

Il fil rouge che accomuna la realizzazione di queste reati è il medesimo: il mancato impoverimento nel patrimonio del reo.[72]

Tale considerazione rende difficile, per un approccio interpretativo, la riconduzione delle illiceità tributarie tra i reati fonte: invero il riciclaggio, il reimpiego e lo stesso autoriciclaggio presentano, nelle loro formulazioni, il concetto di “provenienza da delitto non colposo” dei beni, dei denari e della altre utilità. Pertanto soltanto un incremento patrimoniale potrebbe risultare quale oggetto materiale della condotta.[73] L'autoriciclaggio, così come l'omologa figura del riciclaggio, impone quindi che vi sia una somma di denaro o altra utilità proveniente dal reato (moto da luogo),  poi riciclata: “orbene nella maggior parte dei reati fiscali (…) il reo non ha una somma di denaro come provento dal reato (quale può essere il compenso per un'attività illecita), dato che egli al più ha risparmiato una parte del proprio patrimonio perché non ha versato l'imposta dovuta”.[74]

Risulta così impossibile identificare l'oggetto da riciclare o impiegare illecitamente, “atteso che il risparmio d'imposta non può essere facilmente associato a un determinato flusso monetario, confondendosi con le altre disponibilità finanziarie”.[75]

Su questa lunghezza d'onda si è assestato il risalente orientamento della Giurisprudenza sia di merito,[76] che di legittimità[77]: il profitto dei reati tributari resta confuso nel complesso delle disponibilità di chi ne ha tratto vantaggio, sottraendosi a qualsiasi specificazione in senso civilistico.

Un diverso filone ermeneutico, invece, sostiene un'interpretazione ampia del concetto di “provenienza”, tale da permettere la configurazione delle fattispecie citate, anche qualora i beni non abbiano una provenienza materiale diretta dal delitto-presupposto. La nozione di “altra utilità” avrebbe una portata così estesa da ricomprendere ogni beneficio economico, sia esso consistente in maggiori entrate, che in minori spese.[78] L'espressione “proveniente da delitto” ricomprende, dunque, ogni risorsa o bene che si ricolleghi al fatto criminoso, non solo ciò che costituisce profitto, il prodotto o il prezzo, ma anche ogni cosa che è servita o è stata destinata a commettere il reato.[79]

Tale corrente di pensiero è, ad oggi, accolta dalla Giurisprudenza largamente maggioritaria,[80] la quale afferma come il riciclaggio sia “svincolato dalla pregressa tassativa indicazione dei reati”. Ancora più recentemente il Giudice di Legittimità ha affermato come nella locuzione “altre utilità” deve “farsi rientrare anche tutto ciò che costituisce il frutto delle attività fraudolente a seguito delle quali si impedisce che il patrimonio si impoverisca”, come nel caso di una frode fiscale, da cui il soggetto ottenga “una evidentissima e solare utilità economica”.[81]

Infine si ritiene non sostenibile l'argomentazione fondata sulla mancanza del requisito d'identificabilità dell'oggetto materiale. Per effetto della commissione di un reato tributario, infatti, la liquidità del soggetto verrebbe comunque a “generarsi”, con un profitto corrispondente al valore dell'imposta evasa. [82]

Il binomio in analisi resta molto delicato anche con riferimento alla nuova previsione dell'autoriciclaggio. Oltre alla citata criticità nell'individuare il risparmio fiscale, emergono difficoltà legate alla stessa struttura di questi reati. Infatti, per le ipotesi più significative, la consumazione si perfeziona soltanto con la presentazione della dichiarazione ed il superamento della soglia di punibilità. Questo causa uno sfasamento temporale fra le condotte, ad esempio, di omessa annotazione di corrispettivi ed il momento consumativo del reato, che coincide con la presentazione della dichiarazione.[83]

Ben può accadere che i corrispettivi non annotati possano essere movimentati in attività economiche, mediante la condotta tipica dell'autoriciclaggio, prima della presentazione della dichiarazione tributaria, prima, cioè, della commissione del reato presupposto.[84]

Se, invece, l'illecito tributario prevede una soglia di punibilità per il delitto, il reato ex art. 648 ter 1 c.p. deve presupporre una verifica quantomeno seria del suo superamento. In tal senso si deve tener conto delle stesse modalità degli accertamenti fiscali, i quali spesso vengono portati a termine sulla base di presunzioni tributarie che, difficilmente, possono aver accesso nel processo penale. Siamo, infatti, innanzi ad “un processo che può prestarsi, come spesso accade, alla più arbitraria interpretazione da parte degli organi accertatori, che poi sono quelli che trasmettono all'autorità la notizia di reato”.[85]

di Stefano Casetta
da Altalex

 

NOTE

[1]    Per una approfondita disamina dei citati reati, delle ragioni che spinsero alla loro codificazione e della loro evoluzione normativa, elementi non strettamente pertinenti al presente elaborato, si rinvia a quanto esaustivamente indicato in G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale – parte speciale, Delitti contro il patrimonio, Volume II, tomo II, ed. VI, Zanichelli, Bologna, 2014, pp. 260 – 273; così come R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, Nel Diritto Editore, Roma, 2015, pp. 314 - 336 .

[2]    Cfr. L. TROYER, S. CAVALLINI, La “clessidra” del riciclaggio ed il privilegio di self-laundering: note sparse a margine di ricorrenti, astratti furori del legislatore, in Diritto Penale Contemporaneo – Rivista trimestrale, n. 2/2014, pp. 52 – 54.

[3]    Si veda più ampiamente A. CASTALDO, M. NADDEO, Il denaro sporco, Cedam, Padova, 2010, p. 87.

[4]    In ordine al principio citato si veda  G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale – parte generale, Zanichelli, ed. VII, Bologna, 2014, p. 721.

[5]    Si veda in particolare Cassazione Penale n. 47375 del 2009 in banca dati Pluris.

[6]    Per la Dottrina crf. F. MANTOVANI, Diritto penale – parte generale, ed. VII, Cedam, Padova, 2011, pp. 475 – 476; per la Giurisprudenza Cassazione Penale, sez. V, n. 8432 del 2007 in banca dati Pluris. Per i concetti di “post factum” e “consunzione”  cfr. G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale – parte generale, ivi, p. 722 – 725.

[7]    Si veda in particolare S. SEMINARA, I soggetti attivi del reato di riciclaggio tra diritto vigente e proposte di riforma, in Diritto penale e processo, n. 2/2005, p. 236; un simile approccio è rintracciabile nello stesso L. TROYER, S. CAVALLINI, La “clessidra” del riciclaggio ed il privilegio di self-laundering: note sparse a margine di ricorrenti, astratti furori del legislatore, cit., p. 54. Da ultimo Cassazione Penale, a Sezioni Unite, n. 25191 del 2014, ripresa dalla n. 9292 del 2015, entrambe in banca dati Pluris, abbia sostenuto come “indipendentemente dalla ricostruzione dogmatica della clausola” essa “costituisce una deroga al concorso di reati che trova la sua ragion d'essere nella valutazione, tipizzata dal legislatore, di ritenere l'intero disvalore dei fatti ricompreso nella punibilità del solo delitto presupposto”.

[8]    Sul punto, tra i tanti, cfr. A. NASTASIA, M. QUERQUI, I reati tributari quali presupposto di fatti di (auto)riciclaggio e (auto)impiego, in Rivista della Guardia di Finanza, n. 3/2014, p. 795.

[9]    Cfr. V. PACILEO, materiale relativo al convegno “Autoriciclaggio ed emersione fiscale”, Torino, 25 marzo 2015; similmente cfr. N. MAINERI, M. PACINI, Reato di autoriciclaggio, introduzione in Italia, in Diritto e Giustizia, 18 dicembre 2014.

[10]  F. LA MANNA, Autoriciclaggio: un privilegio da abolire?, in  Rivista della Guardia di Finanza, n. 3/2014, p. 862.

[11]  In breve: essendo spesso il reato fonte punito meno severamente del reato di riciclaggio risultava più conveniente autoaccusarsi del concorso nel reato ex art. 648 bis o ter c.p.. Per tale ricostruzione di veda C.C. OLIVA, Autoriciclaggio e reati fiscali: una dissonante accoppiata, in Quotidiano giuridico, 7 gennaio 2015.

[12]  Si vedano, a titolo esemplificativo, Cassazione Penale SSUU n. 25191 del 2014, così come Cassazione Penale, sez II, n. 9392 del 2015, entrambe consultabili in banca dati Pluris.

[13]  G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale – parte speciale, Delitti contro il patrimonio, cit., p. 265. Dello stesso avviso la Giurisprudenza, si veda  Cassazione Penale, sez. V, n. 8432 del 2007, cit.

[14]  Cfr. TROYER, S. CAVALLINI, La “clessidra” del riciclaggio ed il privilegio di self-laundering: note sparse a margine di ricorrenti, astratti furori del legislatore, cit., pp 58 – 59.

[15]  Tra le molte ci si limita a citare Cassazione Penale, sez. II, n. 5125 del 2002 in banca dati Pluris.

[16]  F. MANTOVANI, Diritto penale – parte speciale, Delitti contro il patrimonio, Vol. II, Cedam, Padova, 2012, p.272.

[17]  S. SEMINARA, I soggetti attivi del reato di riciclaggio tra diritto vigente e proposte di riforma, cit., p. 242.

[18]  E. RENZETTI, Reati contro il patrimonio, in Trattato di diritto penale, diretto da C.F. GROSSO, T. PADOVANI, A. PAGLIARO, Giuffrè, Milano, 2013, p. 640.

[19]  Sul punto si veda più ampiamente F. LA MANNA, Autoriciclaggio: un privilegio da abolire?, cit., p. 871.

[20]  A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, in Dir. Pen. e Processo, n. 2/2015, p. 139.

[21]  Del medesimo avviso G. MORGANTE, Riflessioni su taluni profili problematici dei rapporti tra fattispecie aventi ad oggetto operazioni in denaro o beni di provenienza illecita, in Cass. Pen. n. 0/1998, p. 2518.

[22]  Cfr. V. PACILEO, materiale relativo al convegno “Autoriciclaggio ed emersione fiscale”, cit., p. 9.

[23]  Cfr. TROYER, S. CAVALLINI, La “clessidra” del riciclaggio ed il privilegio di self-laundering: note sparse a margine di ricorrenti, astratti furori del legislatore, cit., p. 60.

[24]  Sentenza n. 03-81.156 del 14 gennaio 2004, reperibile su www.courdecassation.fr.

[25]  Così TROYER, S. CAVALLINI, La “clessidra” del riciclaggio ed il privilegio di self-laundering: note sparse a margine di ricorrenti, astratti furori del legislatore, cit., p. 61.

[26]  Per una puntuale disamina di tali lavori  F. LA MANNA, Autoriciclaggio: un privilegio da abolire?, cit., pp. 874 – 877; da vedersi altresì A. NASTASIA, M. QUERQUI, I reati tributari quali presupposto di fatti di (auto)riciclaggio e (auto)impiego,cit., pp. 811- 820.

[27]  Cfr. F. MUCCIARELLI, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, cit., p. 4.

[28]  F. BRIZZI, G. CAPECCHI, A RINAUDO, F. VANNI, Autoriciclaggio e fenomeni di reimmissione dei beni illeciti nell'economia, in Altalex, 18 febbraio 2015.

[29] Cfr. A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, cit. p. 140.

[30]  Cfr. Cassazione Penale n. 4800 del 2000, in banca dati Pluris.

[31]  Cfr. R. RAZZANTE, Il riciclaggio nella giurisprudenza. Normativa e prassi applicative, Cedam, 2011, p. 131.

[32]  In ordine a tale ultimo esempio, relativo all'art. 648 bis cp. si segnala Cassazione Penale n. 13085 del 2014 in banca dati Pluris. Non si può non accennare, sin d'ora, come tale rigoroso orientamento sia destinato a mutare per l'introduzione dell'inciso “in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa”, introdotto nella nuova norma. Sull'importanza di tale elemento si tornerà nel corso della trattazione.

[33]  Su trasferimento tra conti si veda Cassazione Penale n. 43881 del 2014, in banca dati Pluris, relativa all'art. 648 bis. Anche in tal caso resta la problematica, citata nella nota precedente, relativa all'introduzione del concetto di “grave ostacolo”. Più in generale per i concetti esplicati cfr. V. PACILEO, materiale relativo al convegno “Autoriciclaggio ed emersione fiscale”, cit., p. 9.

[34]  F. MUCCIARELLI, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, cit., pp. 9 – 11.

[35]  Cfr.  A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, cit., p. 140.

[36]  Tale scelta non fu indenne da perplessità; si veda A. LANZI, Considerazioni e osservazioni di carattere penalistico in relazione al Disegno di legge 1642 in tema di rientro di capitali e autoriciclaggio, cit., p. 42

[37]  In tal senso, tra i tanti, cfr. F. BRIZZI, G. CAPECCHI, A. RINAUDO e F. VANNI, Autoriciclaggio e fenomeni di reimmissione dei beni illeciti nell’economia, cit.

[38]  Cfr. e si veda per il virgolettato L. TROYER, S. CAVALLINI, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all'ombra del “vicino ingombrante”, cit., p. 5.

[39]  Cfr. R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, cit., p. 339.

[40]  Cfr. R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, ivi, p. 342.

[41]  Già ante riforma si era esposta favorevolmente in tal senso Autorevole Dottrina: M. DRAGHI, Audizione alla Commissione parlamentare antimafia (seduta del 14/6/2007), in www.camera.it, pp.7 ss.

[42]  Cfr. A. ROSSI, Note in prima lettura sulla responsabilità degli enti ai sensi del D. LGS. 231 del 2001 ed autoriciclaggio: criticità, incertezze, illazioni ed azzardi esegetici, in Diritto Penale Contemporaneo, 20 febbraio 2015, pp. 6 – 8.

[43]  V. PACILEO, materiale relativo al convegno “Autoriciclaggio ed emersione fiscale”, cit., pp. 44 – 45.

[44]  N. MAINERI, M. PACINI, Reato di autoriciclaggio: i problemi che potrebbe comportare, in Diritto e Giustizia, 17 dicembre 2014.

[45]  Cfr. L. TROYER, S. CAVALLINI, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all'ombra del “vicino ingombrante”, cit., p. 6.

[46]  Sul punto cfr. C.C. OLIVA, Autoriciclaggio e reati fiscali: una dissonante accoppiata, cit..

[47]  Si veda, ex multis, Cassazione Penale n. 43534 del 2012, in banca dati Pluris.

[48]  Così invece Cassazione Penale n. 47357 del 2009, in banca dati Pluris.

[49]  Cfr.  A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, cit. p. 141.

[50]  Cfr., relativamente all'attenuante prevista per il riciclaggio, MANTOVANI, Diritto penale – parte speciale, cit., p. 276.

[51]  In tal senso, sia in ottica di introduzione del reato di autoriciclaggio che di riforma dell'art. 648 bis c.p., S. SEMINARA, I soggetti attivi del reato di riciclaggio tra diritto vigente e proposte di riforma, cit., p. 242. Ugualmente A. CASTALDO, M. NADDEO, La normativa comunitaria e italiana sul riciclaggio: quali correzioni per una politica criminale efficace? (Un interessante raffronto con la legislazione argentina), in Riv. trim. dir. pen. ec., Padova, 2008, p.311 ss..

[52]  Cfr. e si veda per i virgolettati F. SGUBBI, Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell'azione legislativa, cit., pp. 2 – 3. In tale contesto l'autore esemplifica un esempio provocatorio: il nipote che si impadronisce di una somma di denaro della nonna (magari per furto, o circonvenzione di incapace, o appropriazione indebita) sarebbe punito se utilizzasse tale pecunia per aprire una piccola attività artigianale, mentre sarebbe esente da pena nel caso la utilizzasse per il consumo personale di droga.

[53]  Cfr. R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, cit., p. 345.

[54]  Cfr F. SGUBBI, Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell'azione legislativa, cit., p. 4.

[55]  F. MUCCIARELLI, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, cit., p. 11.

[56]  Cfr. R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, cit., p. 346.

[57]  Cfr. R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, cit., p. 340.

[58]  Per la citazione e si veda per maggiori approfondimenti sul punto D. BRUNELLI, Autoriciclaggio e divieto di retroattività: brevi note a margine del dibattito sulla nuova incriminazione, cit., pp. 2 - 6.

[59]  Cfr. e si veda più ampiamente D. BRUNELLI, Autoriciclaggio e divieto di retroattività: brevi note a margine del dibattito sulla nuova incriminazione, cit., pp. 2 - 6.

[60]  Cfr. R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, cit., p. 341.

[61]  Cfr. Cassazione Penale, a Sezioni Unite, n. 34952 del 2012 in banca data Pluris, confermante l'orientamento prevalente a favore della risposta affermativa. Invero l'inciso “immediatamente dopo la sottrazione” risulta un presupposto fattuale della condotta, poiché “la sottrazione è pur sempre (…) una condotta consapevole e illecita dello stesso agente”. Critico lo stesso Brunelli, si veda D. BRUNELLI, Tentativo di rapina impropria: le Sezioni Unite liquidano sul nascere i segnali di enforcement del precedente, in Cass. Pen., 2013, pp. 61 ss.

[62]  Cfr. R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale – parte speciale, cit., p. 340.

[63]  Cfr.  A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, cit. p. 144.

[64]  Cfr. V. PACILEO, materiale relativo al convegno “Autoriciclaggio ed emersione fiscale”, cit., pp. 39 - 44.

[65]  Cfr. F. MUCCIARELLI, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, cit., pp. 12.

[66]  In tal senso, già a pochi giorni dall'emanazione della Legge n. 186 del 2014, cfr. N. MAINERI, M. PACINI, Reato di autoriciclaggio: i problemi che potrebbe comportare, cit.. Si veda altresì R. RAZZANTE, Le prime considerazioni sul reato di autoriciclaggio, in Rivista231.it.

[67]  Cfr. V. PACILEO, materiale relativo al convegno “Autoriciclaggio ed emersione fiscale”, cit., pp. 44 – 48. Dubbioso, invece, A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, cit. p. 145.

[68]  In tal senso sembra esporsi altresì A. ROSSI, Note in prima lettura sulla responsabilità degli enti ai sensi del D. LGS. 231 del 2001 ed autoriciclaggio: criticità, incertezze, illazioni ed azzardi esegetici, cit., p. 7.

[69]  Cfr. e si veda per maggiori approfondimenti L. TROYER, S. CAVALLINI, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all'ombra del “vicino ingombrante”, cit., pp. 12 - 14.

[70]  F. SGUBBI, Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell'azione legislativa, cit., p. 6.

[71]  A mero titolo esemplificativo si veda B. ASSUMA, Riciclaggio di capitali e reati tributari, in Rass. Trib., 1995, p. 1779 ss.

[72]  Cfr.  A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, cit. p. 146.

[73]  Cfr. R. CORDEIRO GUERRA, Reati fiscali e riciclaggio, in Riv. Dir. Trib., fasc. 12, 2013 pp. 1163 ss..

[74]  Per i virgolettati  C.C. OLIVA, Autoriciclaggio e reati fiscali: una dissonante accoppiata, cit..

[75]  Per i virgolettati A. NASTASIA, M. QUERQUI, I reati tributari quali presupposto di fatti di (auto)riciclaggio e (auto)impiego, cit., p. 796.

[76]  Tribunale Milano, Ufficio GIP, 19 febbraio 1999, in banca dati Pluris.

[77]  Cassazione Penale n. 2206 del 1999, in banca dati Pluris.

[78]  Cfr. A. NASTASIA, M. QUERQUI, I reati tributari quali presupposto di fatti di (auto)riciclaggio e (auto)impiego, cit., p. 796.

[79]  Cfr. B. BURATTI, G. CAMPANA, Contrasto al riciclaggio e misure anti evasione, Maggioli Editore, 2012, p. 48.

[80]  Si veda Cassazione Penale n. 1025 del 2009, in banca dati Pluris.

[81]  Cassazione Penale n. 6061 del 2012, in banca dati Pluris.

[82]  Sul punto si veda altresì L. ZANZI, Riciclaggio, autoriciclaggio e reati tributari, cit. p. 11 – 13

[83]  Cfr. A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, I reati tributari, Ipsoa, 2012, p. 92.

[84]  Cfr.  A. D'AVIRRO, M. GIGLIOLI, Autoriciclaggio e reati tributari, cit. p. 147.

[85]  Cfr.  A. D'AVIRRO, Come funziona il nuovo reato di autoriciclaggio, in Formiche, 16 dicembre 2014

 

 

 

 

Martedì, 29 Settembre 2015
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