Come si
fa con le immagini di quella tragedia del maremoto ancora davanti agli
occhi, i cui contorni drammatici stanno emergendo enormi, superando
giorno per giorno i confini del nostro stupore, a tornare a parlare
dei drammi e delle tristezze del nostro quotidiano?
Eppure, senza dimenticare di sostenere ed aiutare quelle popolazioni
povere e lontane, dobbiamo continuare ad occuparci dei drammi anche
a noi più vicini.
Vogliamo tornare a parlare di Ivan Liggi l’agente della Stradale
condannato definitivamente a 9 anni e 5 mesi di reclusione (pena che
sta scontando al carcere dei Forlì) per aver sparato un colpo
di pistola durante un inseguimento notturno verso la vettura condotta
da un giovane che si era dato inaspettatamente alla fuga. Il ragazzo
purtroppo morì.
La storia molti la ricordano, la ripetiamo, per quelli che non la conoscessero,
qua sotto nell’articolo “L’Italia è ora più
sicura, più tranquilla, più giusta” .
Nei giorni scorsi, la marea della nostra rabbia, senza raggiungere i
livelli di un maremoto, è però salita di molto quando
abbiamo appreso della timida - meglio dire ridicola - condanna dell’omicida
che oltre un anno fa a Rozzano (MI), sparando fra la folla per uccidere
un suo avversario, ammazzò 4 persone, fra le quali una bimba
di neanche 3 anni e un inerme pensionato che avevano avuto solo la sfortuna
di trovarsi nell’itinerario dei proiettili di quell’incosciente
pistolero di periferia. Ebbene il Killer di Rozzano - perché
va chiamato in quel modo - è sfuggito all’ergastolo, e con
la riduzione di un terzo per l’applicazione del rito abbreviato
gli è stata inflitta la pena di 20 anni. Il che vuol dire che
fra neanche una decina ce lo vedremo di nuovo a spasso sulle strade
di questo Paese e forse di Rozzano. Ci sono da dire poche cose: i giudici
hanno applicato la legge.
Oggi noi ci domandiamo se questa legge così come è stata
applicata, che ha sbattuto in galera Ivan Liggi agente della Polizia
di Stato in servizio alla Polizia Stradale, colpevole di omicidio dopo
un inseguimento nella notte, per una durata di nove anni e 5 mesi e
ha fatto sì che il pistolero milanese con 4 morti sul conto,
ammazzati in pieno giorno in una pubblica piazza, venisse condannato
a 20 anni, sia una buona legge, sia una legge equa, sia una legge giusta,
sia una legge condivisa.
La nostra risposta è no. Almeno in uno di questi due casi la
legge non ha funzionato, anzi in tutti e due!
Ora vedremo se la legge e il sistema giudiziario sapranno rimediare.
Buone Feste Ivan.
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Abbiamo
appreso nei giorni scorsi della grazia concessa dal Capo dello Stato a
Graziano Mesina, il simbolo del banditismo sardo, che fu catturato la
prima volta proprio dalla Polizia Stradale quando era super ricercato.
Mesina, - dopo numerosi conflitti a fuoco con le forze di polizia - si
è fatto un bel po’ di anni di galera, non discutiamo quindi
il provvedimento di grazia, anche se il bandito di Orgosolo non si è
dichiarato apertamente pentito, affermando solo che se tornasse indietro
non rifarebbe quello che ha fatto.
Abbiamo saputo anche che il Ministro di Giustizia si è commosso
durante una trasmissione televisiva parlando dell’episodio.
Oggi ci piacerebbe che qualche ministro si commuovesse anche per Ivan
Liggi, agente della Polizia Stradale condannato definitivamente a 9 anni
e 5 mesi per aver ucciso, sparando un solo e micidiale colpo di pistola,
dopo un inseguimento nella notte, un uomo in fuga dopo l’alt.
La storia non la ripetiamo, molti la conoscono, se volete la potete leggere
succintamente qui sotto nell’articolo “L’Italia ora si
sentirà più tranquilla, più sicura, più giusta”.
Ivan sta scontando la sua pena definitiva fra detenuti comuni nel carcere
di Forlì. Una vita distrutta, un’altra famiglia distrutta.
Ivan non sa farsi una ragione per quella dura condanna per omicidio volontario,
non considerato dai giudici colposo. Non torniamo nel merito, ora è
tardi, ora è inutile.
Rimaniamo convinti come tanti che Ivan quella notte, con quel singolo
colpo non avesse assolutamente la volontà di uccidere.
Un uomo moralmente distrutto che ora affronterà questo Natale non
sulle strade al servizio delle sicurezza, ma dietro le sbarre.
Nei giorni scorsi eravamo andati a trovare la famiglia di Stefano Biondi,
il caro collega della Stradale di Modena Nord, Medaglia d’Oro, ucciso
barbaramente da una banda di spacciatori di droga nell’aprile scorso
e con la mamma Loredana ci domandavamo, commentando l’episodio di
Liggi, a quanti anni avrebbero dovuto essere condannati gli assassini
di Stefano. Vedremo, il processo inizierà presto.
Con un certo pudore mi ero permesso di sussurrare che per una famiglia,
per un genitore, era quasi meglio piangere un figlio morto in modo eroico
che piangerlo in galera con una condanna da molti ritenuta ingiusta.
Mamma Loredana mi ha guardato con quei suoi grandi e dolci occhi e mi
ha detto: "Non ti devi sentire in difficoltà Giordano per
le tue parole, perché a parte quello che pensiamo noi genitori,
questo avrebbe proprio voluto per primo Stefano, il quale non avrebbe
mai potuto sopportare una condanna simile."
Mi sono reso conto in quel momento dell’importanza per un genitore
anche della memoria di un figlio.
Noi ora per Ivan possiamo fare ben poco. Possiamo solo esprimergli solidarietà
e fargli sentire che gli siamo particolarmente vicini in questo suo primo
Natale in galera.
Dopo la pubblicazione dell’articolo sul nostro sito e sul Centauro,
con un bel paio di manette in primo piano, abbiamo ricevuto numerose lettere
e telefonate di colleghi di tutte le forze di polizia civili e militari,
di mamme di nostri caduti, di comuni cittadini. Ci hanno commosso.
Oggi possiamo solo, se vogliamo, tentare di aiutare la famiglia di Ivan
nel pagamento della somma di 130.000 euro che deve restituire al Ministero
dell’Interno e per il saldo delle parcelle degli avvocati per molte
decine di migliaia di euro.
Poi dobbiamo solo aspettare che qualche ministro si commuova e arrivi
presto anche per Ivan, agente che ha sparato in divisa, un provvedimento
di grazia, come per Graziano.
UN
AIUTO PER IVAN
Chi volesse contribuire alle spese risarcitorie
e legali, in ragione di alcune centinaia di migliaia di euro, sostenute
da Ivan e dalla sua famiglia, potrà eseguire un versamento
sul c.c. n. 119502, acceso presso il Credito Cooperativo di Cesena,
CIN – X ABI – 07073 CAB – 23900, intestato a Ivan
Liggi.
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Italia
ora più sicura,
più tranquilla, più giusta
Condanna
definitiva per Ivan Liggi, poliziotto della Polizia Stradale:
9 anni e 5 mesi per aver sparato e ucciso un giovane dopo un lungo
inseguimento a un posto di blocco. Va in galera negli stessi giorni
in cui Giovanni Brusca, autore di oltre 100 omicidi e lo scioglimento
nell’acido di un bambino, sta per uscire con permessi premio.
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Era
il 24 febbraio ’97: Ivan Liggi, agente all’epoca 27enne della
Polizia Stradale di Rimini, fa fuoco per fermare l’auto su cui corre
Giovanni Pascale, riccionese 33enne, che si era dato alla fuga dopo aver
saltato un posto di blocco e un inseguimento durato, secondo informazioni
di stampa, circa un’ora. Il proiettile spacca il lunotto posteriore e
colpisce alla testa il conducente incensurato, l’uccide. La quinta sezione
della Cassazione, il 15 ottobre scorso, in una giornata fredda e uggiosa
come quel 24 febbraio del ’97, conferma la seconda condanna della Corte
d’Assise d’appello di Bologna: 9 anni e 5 mesi di reclusione
perché l’agente, secondo i giudici della Suprema corte, ha fatto
fuoco volontariamente ad altezza uomo. Nove anni e 5 mesi che Liggi ha
iniziato a scontare in una cella del carcere di Forlì in attesa
di essere trasferito in uno dei carceri militari di Peschiera del Garda
o Santa Maria Capua Vetere. Vogliamo anche ricordare che Liggi dopo 5
anni di sospensione è stato reintegrato presso la Polfer di Pesaro.
Anzi in questi anni in attesa del giudizio definitivo si è distinto
anche per due episodi per i quali è stato proposto per una premiazione
per interventi particolarmente rischiosi effettuati fuori servizio. L’ipotesi
è quella del dolo. La sentenza del 15 ottobre è il quinto
grado di giudizio. In primo grado l’agente Liggi era stato condannato
dalla Corte d’Assise di Rimini a 4 anni per omicidio colposo e per falso.
Il procuratore generale di Bologna però impugna la sentenza e qui
comincia un vero calvario. L’accusa si trasforma in omicidio volontario
dalla Corte d’Appello di Bologna nel 2000. La Cassazione il 3 luglio del
2001 aveva però annullato questa sentenza e aveva rinviato ad una
nuova sezione della Corte d’appello di Bologna. Segue condanna a nove
anno e 5 mesi per omicidio volontario (si sarebbe piegato sulle gambe
mentre sparava). Intanto anche la Corte dei Conti presenta il suo "conto"
e condanna Liggi a risarcire al Ministero dell’Interno 130.000 euro, pari
alla somma anticipata alle due sorelle del giovane ucciso. Per 5 anni
Liggi viene sospeso dal servizio. Le sorelle di Pascale intanto perdonano.
Ivelise Pascale aveva lanciato un appello: "Perdono il ragazzo che
ha ucciso mio fratello. Salvatelo perché non ci sia un’altra vittima
in questa tragedia". Il 15 ottobre la sentenza della Cassazione mette
la parola fine alla triste vicenda e la parola fine forse ad un altra
vita. Non entriamo nel merito dei fatti che neppure conosciamo nei dettagli.
Abbiamo sempre sostenuto e sosteniamo il lavoro della nostra magistratura.
Però ci riesce difficile pensare che Ivan Liggi abbia sparato per
uccidere, ha certamente sbagliato, ma non crediamo che avesse la volontà
di eliminare quel povero ragazzo. Se fosse così sarebbe molto grave,
anche perché la Polizia di Stato non si sarebbe accorta al momento
dell’arruolamento di aver assunto non un poliziotto ma un giustiziere
della notte.
Non sappiamo se Ivan se ne farà una ragione, sappiamo con certezza
che questo triste episodio con questa condanna così dura sarà
un monito pesante per tutti coloro che, con qualsiasi divisa, operano
sulla strada e spesso ci lasciano la vita perché hanno sparato
prima gli altri e loro non hanno fatto in tempo ad essere processati...
Amareggia molto anche constatare che mentre l’agente Ivan Liggi, poliziotto
della Polizia Stradale, va dietro le sbarre a scontare 9 anni e 5 mesi
per aver sparato durante un inseguimento, un mafioso di nome Giovanni
Brusca, colpevole di oltre 100 omicidi, e di aver sciolto il corpo di
un bambino nell’acido e aver poi collaborato con la giustizia, ottiene
permessi ogni 45 giorni per uscire dal carcere. Almeno se Ivan si fosse
chiamato Liggio anziché Liggi avrebbe potuto sperare in un errore
o una omonimia.
Oggi l’Italia con Liggi dentro e Brusca fuori si sentirà però
più sicura, più tranquilla, più giusta!
Giordano Biserni
Presidente Asaps
www.asaps.it
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