Nicola Calipari |
Che vuol dire “investigatore di
rango”, cosa intendiamo per “007”, a chi pensiamo quando sentiamo
la parola “eroe”? Non è un esercizio sintattico, non deve esserlo.
Non è una prova di retorica, ma una semplice constatazione. In
questi giorni terribili, per la famiglia della giornalista
Giuliana Sgrena, Nicola Calipari guardava in faccia i tagliagole
che hanno ucciso senza pietà i nostri ostaggi, quelli degli altri
paesi stranieri impegnati in Iraq in questa occupazione del dopo
Saddam. Li ha guardati in faccia, mentre contrattava con loro la
liberazione della giornalista, negoziando la vita di Giuliana e
nel contempo la sua, alla mercé dei sequestratori un po’ al soldo
di Al Zarqawi un po’ al soldo di loro stessi, in quel paese
diventato ormai l’ombellico di un mondo sempre più crudele e
perverso.
Li guardava in faccia come aveva
fatto altre volte, mentre in silenzio faceva tornare a casa i
nostri concittadini finiti nelle mani di briganti o terroristi.
Lasciamo fuori la politica, però, e
celebriamo l’uomo, un Poliziotto che ha lavorato tutta la sua vita
al servizio dello Stato, inchiodando trafficanti di droga,
esponenti della ‘Ndrangheta, di cui era un profondo conoscitore ed
un acerrimo nemico, e poi finendo allo SCO prima di essere
chiamato a dirigere i settori più importanti del Sismi, il
servizio segreto militare. Un organismo dove non si scherza, dove
per essere accetto, il Poliziotto, un uomo che non è un militare,
ha dovuto dimostrare il suo talento, risalendo la scala gerarchica
fino ad arrivare ai vertici del Servizio. Il premier Silvio
Berlusconi ed uno dei rappresentanti della sua Opposizione più
accesa, il direttore de Il Manifesto Gabriele Polo, giornale per
cui Giuliana lavora, hanno usato – con modi diversi – parole di
grandissimo dolore e di grande rispetto per l’ultimo gesto di un
poliziotto che è stato in missione tutta la vita, e che è stato
pronto a tutto pur di concludere la sua missione. Anche Polo, in
un attimo di commozione davanti alle telecamere, ha ammesso che
“Nicola”, era diventato un amico per lui e per tutta la redazione.
Il Negoziatore aveva garantito che l’ostaggio sarebbe tornato a
casa, e la fiducia di cui godeva aveva disteso il clima della
famiglia e del Governo stesso.
Ironia della sorte, dopo essere
scampato al fuoco nemico degli AK47, dopo aver visto brandire
scimitarre che mimavano minacciose il taglio della sua testa,
Nicola Calipari è rimasto vittima di un “agguato amico”, nel quale
il suo braccio destro, un ufficiale del Carabinieri di cui non
conosceremo forse mai il nome, e la stessa Giuliana sono rimasti
feriti.
Ora non resta che “essere più
buoni”, smetterla per un poco di litigare sulla nostra pelle e
stringersi attorno alla famiglia di un uomo che vegliava su tutti
noi, senza pensare – come devono fare i poliziotti e i servitori
dello stato – senza distinzioni, anche da lontano, e che lontano
ha scelto di morire per farci tornare a casa.
E un tricolore alla finestra, non
potrà che fargli piacere, magari vicino all’iride della pace.
Alla famiglia di Nicola Calipari, il
nostro deferente rispetto e il nostro profondo cordoglio. Agli
uomini e donne che come lui lavoravano per la nostra protezione,
per il nostro Paese, la nostra stima, la nostra riconoscenza, il
nostro profondo affetto. Ai giornalisti che rischiano la vita per
raccontarcela, la nostra grande e incondizionata solidarietà.
L.B. |