Per carità
tutto quello che si fa per aumentare la sicurezza stradale è
il benvenuto. Ben vengano quindi i programmati spot scioccanti negli
orari di massimo ascolto con immagini cruente di incidenti stradali
(magari però si conciliano poi poco con gli sventolati 150 nelle
autostrade a 3 corsie). Anche noi dell’Asaps potremmo mettere a
disposizione un ricco ed “esaustivo” archivio. Quando guardiamo
qualcuna di quelle immagini provenienti da antichi e recenti rilievi
di incidenti stradali, riceviamo un pugno nello stomaco, specie quando
si tratta di ragazzi o di ragazze e rimaniamo colpiti per una quasi
costante impressione che ne ricaviamo, qui la possiamo dire, non ci
sono immagini di primi piani a corredo di questo articolo. Nel volto,
negli occhi delle vittime della violenza stradale archiviati nella nostra
memoria di antichi operatori della sicurezza e dai nostri crudi archivi
fotografici ricchi di immagini di persone decedute per incidente, emerge
costante una imbarazzante espressione: la sorpresa.
La sorpresa stampata nel volto di chi in quell’ultimo attimo intuisce
la fine della corsa, la fine della vita, la sua impossibilità
di poter fare qualcosa, di poter invertire l’ormai ordinato susseguirsi
degli eventi. Imbarazzante, portatrice di profonda pena quell’espressione
di sorpresa, anche per noi che eppure ne abbiamo viste e ne vediamo
tante. Che contrasto con le stupende foto/manifesto di giovani ragazze
e ragazzi esibite nei convegni dell’Associazione Familiari e Vittime
della Strada. Anche lo sforzo delle compagnie di assicurazione nella
campagna per la sicurezza stradale, è sicuramente il termometro
di un atteggiamento diverso e di maggiore sensibilità verso il
drammatico problema della sinistrosità stradale nel nostro Paese.
Ben venga. Tuttavia simili iniziative, ed altre già lanciate
o in cantiere, non dovrebbero neppure per un attimo distogliere l’attenzione
dal fatto che la questione incidenti stradali patisce due sedimentati
e ancora irrisolti problemi di fondo posti, come si dice, a monte e
a valle delle campagne informative.
Innanzi tutto la ancora quasi totale carenza dell’educazione stradale
nelle scuole. Qui ricordiamo che l’educazione stradale è
ancora occasionale e gestita solo con il rinvio alla responsabilità
degli insegnanti che, pur fra sforzi lodevoli, faticano a prevedere
itinerari educativi continui e, lo sottolineiamo, obbligatori così
come previsti dal Codice della Strada e dai successivi decreti attuativi.
Un esempio per tutti è la questione patentino del quale alcune
centinaia di migliaia di ragazzi ancora oggi sono sprovvisti, poiché
i corsi gratuiti (diritto per le famiglie) non sono stati organizzati
in tutte le scuole. Anche la ripresa autunnale delle lezioni lascia
vago il problema dei finanziamenti dei corsi. Le somme distribuite dal
Ministero competente sono assolutamente irrisorie rispetto alle esigenze.
Quel 7,5% delle sanzioni ricavate dalle infrazioni ha ottenuto una “interpretazione
autentica” che ne ha falciato la reale portata, assegnando agli
istituti briciole. Vorremmo conoscere gli esatti importi destinati alle
scuole per l’appena iniziata “campagna d’autunno”
del patentino e per l’educazione stradale per i nostri ragazzi.
L’altro aspetto è quello dei controlli su strada. Sono inutili
ogni campagna per la sicurezza, ogni spot scioccante e ogni sistema
di patente a punti, se non s’incentiveranno i controlli. Oggi il
costante calo delle positive percentuali sulla sinistrosità del
dopo PaP, dimostra in modo inequivocabile che è stato percepito
il concetto che “perdere i punti, in modo definitivo, è
difficile. Recuperare i punti è facile”. Questa percezione
reale va ribaltata. Dovrà essere facile perdere i punti (più
controlli, più etilometri) dovrà essere più difficile
recuperarli. Come è possibile che dopo 2 anni siano recuperati
tutti i punti sia per chi ne ha persi 2 sia per chi ne ha persi 19?
Come è possibile che non esistano momenti di verifica per chi
ha perso punti e li recupera? Dovrà essere rivisto, come suggerito
da Asaps qualche tempo fa, il sistema riguardante le recidive per guida
in stato d’ebbrezza, uso di sostanze e velocità eccessive
superiori di 40 km oltre il limite, prevedendo revoche e non solo sospensioni
della patente. Le cure non sarebbero poi così difficili basta
vedere quello che stanno per fare nella vicina Svizzera, (vedi articolo
a pag.-18) un Paese che ha quasi il doppio degli abitanti della sola
Emilia Romagna e circa la metà dei morti sulle strade, 442 contro
gli 543 della nostra regione. Eppure gli elvetici considerano quelle
cifre socialmente insopportabili e stanno per abbassare i limiti in
autostrada da 120 a 110, sulle statali da 90 ad 70. Stanno per attivare
sistemi per i quali la vettura con le cinture slacciate (anche posteriori)
non si avvierà. Altro che 150 nelle 3 corsie.
Vorremmo poi sapere quante sono esattamente e realmente le pattuglie
impiegate ogni giorno, in ogni quadrante su strada, quali le percentuali
in rapporto al parco veicoli, agli abitanti, ai km di strade, agli anni
precedenti.
Per assurdo le energie assorbite dai giusti controlli sugli obiettivi
fissi in chiave antiterrorismo - si parla di 25.000 uomini impiegati
– tolgono ancora una volta forza al sistema controlli della strada.
L’organico non ripianato della Stradale (-1.500) ne è la
prova. Sulla strada intanto si contano ancora quasi 20 morti e 800 feriti
al giorno. Festivi compresi.
Però questo accade da anni. Non tutte li colpe possiamo darle
al terrorismo.
* Presidente Asaps.