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Condominio poco illuminato? Danno da caduta va negato se il soggetto è distratto
da altalex.com

(Cass. Civ., sez. VI, 24 settembre 2015, n. 18903)

La sentenza in commento focalizza la propria attenzione sull’accertamento causale dell’evento.

Il caso riguarda una madre che scendendo le scale in uno stabile condominiale, poco illuminato, si distrae parlando con il marito, cadendo rovinosamente a terra. Tuttavia, riesce a mettere in salvo il figlio, ben sistemato nel passeggino davanti a lei. Nell’accertamento causale viene evidenziato dai giudici di legittimità la condotta poca attenta della donna alla quale viene negato il risarcimento del danno subito. Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18903, depositata il 24 settembre 2015 sancendo anche l’assenza di colpa del condominio. 

Nella vicenda in esame è bene precisare che la responsabilità della tenuta e manutenzione delle parti comuni ricade sullo stesso condominio. Ciò nonostante, la condotta imprudente del danneggiato non giustifica la domanda risarcitoria, anzi, addirittura annulla la responsabilità dello stabile condominiale. A riguardo giova rilevare che, nei giudizi di responsabilità, l’accertamento del nesso di causa resta ineludibile dall’indagine unica volta a conseguire più la certezza della legge scientifica, anziché probabilistica, c.d. “more likely that not”, ovvero “più probabile che non”.

La condotta posta in essere dalla mamma, la quale, nonostante la scarsa illuminazione nel condominio, anziché prestare maggiore attenzione si distrae e mettendo un piede in fallo cade rovinosamente a terra costituisce: fatto interruttivo del nesso causale.

Tanto chiarito occorre evidenziare che le regole di accertamento del rapporto eziologico variano in ambito civile e penale[1].

La più recente dottrina si è orientata in maniera molto pragmatica, esprimendo fiducia verso la scienza attraverso la ricerca dell’esistenza del nesso di causalità in base alle leggi scientifiche. Una data condotta umana può essere configurata come condizione necessaria di un certo evento solo se essa rientra nel novero di quegli antecedenti che, secondo un modello condiviso dotato di validità scientifica, noto come legge generale di copertura, porta all’evento del tipo di quello verificatosi[2]. Seguendo questo indirizzo è possibile ricondurre la causa dell’evento secondo criteri di certezza assoluta.

A ben vedere, l’evoluzione giurisprudenziale ha affermato negli anni che il nesso di causalità non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accetti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi con elevato grado di credibilità razionale, l’evento non avrebbe avuto luogo, ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Ciò posto, il codice civile italiano è privo di una definizione legislativa di causalità, nonché di coordinate precise sui criteri con cui procedere all’accertamento del rapporto eziologico. A tal proposito, si è prontamente considerato come la causalità penale richiede la dimostrazione a carico dell’accusa che l’evento sia addebitabile alla condotta dell’agente secondo criteri prossimi alla certezza[3], mentre in ambito civile è possibile un temperamento. Tali norme vanno, dunque, adeguate alla specificità della responsabilità civile, rispetto a quella penale, perché muta la regola probatoria; mentre nel processo penale vige la regola della prova «oltre ogni ragionevole dubbio», al contrario, nel processo civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del «più probabile che non».

Orbene, tra i profili propulsivi nell’evoluzione del settore concernente la responsabilità civile si è notato l’alleggerimento dei parametri di riscontro del nesso causale sempre più orientato a radicarsi verso il “more likely that not”.

Alla luce di quanto sopra emerso, tout court, la sentenza in commento ha il pregio di porre in risalto l’importanza del nesso causale nell’accertamento della responsabilità civile.

In tale prospettiva, si è potuto affermare come il rapporto eziologico nell’ambito civilistico risponde a regole ben diverse da quelle che sottendono alla materia penale, in quanto la responsabilità civile ruota sul danneggiato e, a maggior ragione, la condotta di quest’ultimo può rivelarsi determinante nell’escludere l’addebito imputabile al soggetto responsabile della corretta tenuta e manutenzione delle parti comuni nello stabile.

(Nota di Paolo Iannone)


[1] Sul problema giuridico della causalità si vedano le fondamentali ricostruzioni F. Antolisei, Il rapporto di causalità nel diritto penale, Torino, 1934, rist. 1960; F. Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, seconda edizione, Milano, 2000; M. Romano, Commentario sistematico del codice penale, Milano, 1987; G. Fiandaca, Causalità (rapporto di), voce Dig. Pen., III, 1988,  455; M. Maiwald, Causalità e diritto penale, Milano, 1999; più in generale: K. Popper, Logica della scoperta scientifica, Torino, 1970; C. G. Hempei, Filosofia delle scienze naturali, Bologna, 1968; P. Trimarchi, Causalità e danno, Milano, 1966, 35.

[2] F. Mantovani, Diritto penale, Parte generale, Padova, 1997,  173.

[3] Sentenza Franzese, Cass. 10 luglio 2002 n. 30328, in Danno e resp., 2003, p. 195, con nota di S, Cacace ; A. Montagni, La responsabilità penale per omissione. Il nesso causale, Padova, 2002, 1; F. Stella, Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, p. 767; in generale, sui rapporti tra ragionamento sul nesso di causalità e regole del giudizio, vedi G. Canzio, Prova scientifica, ragionamento probatorio e libero convincimento del giudice nel processo penale, in Dir. pen. e processo, 2003, 1193.

da altalex.com

 

 


Martedì, 03 Novembre 2015
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