Incendio dell’auto: l'onere probatorio per dimostrare il vizio di fabbrica
L’incendio di un’autovettura deve considerarsi riveniente da vizio di fabbricazione qualora risulti che le modalità di propagazione delle fiamme e il compendio probatorio tutto, addotto dall’attore, escludano sia il fatto doloso del terzo sia la negligenza dell’acquirente.
Il tribunale di Taranto prende posizione sul vizio da fabbricazione di un’autovettura, con riguardo alla produzione di un evento incendiario della stessa, imputato all’Azienda costruttrice: così nella prospettazione dell’attore. Il convenuto, a propria difesa, deduceva la confusione della causa petendi, in uno all’insufficienza del compendio probatorio. Mettere ordine tra queste indicazioni è dunque passaggio in qualche modo necessario per lettura e comprensione del provvedimento.
Premessa imprescindibile, anche ai fini di un’adeguata sintesi del decisum, è che “l’incendio dell’auto è per così dire un evento neutro, nel senso che non è, di per sé, indicativo di un difetto di conformità dell’auto, potendo dipendere da altri fattori causali, addirittura da un fatto doloso”. L’assunto impedisce, di per sé, un’attribuzione di responsabilità, lasciando emergere un possibile concorso di cause di per sé “imbarazzante” per l’interprete: quale individuare come fattore eziologico determinante nel caso concreto?
Nondimeno, il Giudice conclude nel segno della condanna dell’Azienda produttrice per vizio di fabbricazione; occorre dunque esplorare le ragioni dell’affermazione di responsabilità. In sintesi, l’incendio occorso all’auto – così in motivazione – deve ritenersi causato da un difetto di fabbrica quando, per le modalità con le quali si è sviluppato, ed avuto riguardo al quadro indiziario, emerga che non si è trattato né di fatto doloso del terzo, né di negligenza dell’acquirente (quale ricorre, ad esempio nella mancata effettuazione dei previsti controlli/tagliandi; letteralmente, “non era ancora trascorso il tempo necessario, o il chilometraggio di percorrenza minima, per effettuare il primo tagliando; come a dire che doveva essere esclusa pure un difetto di manutenzione in capo al proprietario dell’auto”).
Si perviene pertanto alla condanna individuando quale delle serie causali astrattamente in grado di cagionare l’evento si sia in concreto prodotta; secondo il Giudice ionico un difetto di conformità dell’auto. Restano da chiarire le ragioni in diritto che supportano questo explicit della sentenza.
Il compendio normativo si articola fondamentalmente in tre richiami: (i) il vizio da prodotto, secondo il disposto del Codice del consumo (e la necessaria contestazione del vizio stesso entro due anni ex art. 132 d.lgs. n. 206 del 2005); (ii) l’onere probatorio a carico dell’attore, secondo la previsione generale del codice civile (art. 2697 c.c.); (iii) il rimedio esperibile in materia di garanzia della cosa venduta (art. 1492 c.c.).
Sul primo versante, pur risultando conferente il richiamo, sembra che lo stesso venga in qualche modo superato dalle circostanze di fatto, rispetto alle quali risulta decisivo il principio generale dell’onere probatorio a carico dell’attore. L’apprezzamento in concreto degli indizi, corroborati dall’ATP disposta su richiesta del compratore, non inficia la validità di questo principio, che supporta la decisione resa dal Giudice. Così, la sentenza ravvisa in modo univoco la responsabilità del venditore: “l’incendio occorso all’auto, per le modalità con le quali si sviluppava, ed avuto riguardo al quadro indiziario sopra evidenziato, è stato causato da un difetto di fabbrica”.
In merito al “quantum debeatur”, la motivazione precisa che la riparazione e/o la sostituzione del bene vanno esclusi, residuando il rimedio della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno occorso al compratore. Più in dettaglio, nel caso di specie la risoluzione comporta una quantificazione del risarcimento ridotta in ragione del decremento di valore dell’auto prodottosi per effetto dell’uso protrattosi per circa dieci mesi prima dell’evento lesivo, facendosi qui applicazione dell’art. 130 comma 8 del codice del consumo.
(Nota di Gianluca Denora)
Tribunale di taranto
Sezione II Civile
Sentenza 12-13 ottobre 2015, n. 3074
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TARANTO - II SEZIONE CIVILE
In composizione monocratica, dott. Claudio Casarano
Ha pronunziato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 6570 R.G. anno 2011 Affari Civili Contenziosi promossa da:
G. M. – rappresentato e difeso dall’avv. G. Laguardia;
CONTRO
Opel X. S.p.A. – rappresentata e difesa dall’avv. Carlo Tagariello;
OGGETTO: “Vendita di cose mobili”.
Conclusioni: le parti rassegnavano quelle in atti riportate e qui da intendersi richiamate;
MOTIVI DELLA DECISIONE
il fondamento della domanda
Il sig. G. M., con atto di citazione del 25/11/2011, conveniva in giudizio la concessionaria Opel X. S.p.A..
L’attore affermava di aver acquistato, in data 11/03/2010, un’autovettura nuova, Opel Corsa 1.3 diesel 3p CDTI tg. OMISSIS, telaio OMISSIS, presso la suddetta concessionaria in Y. (TA).
Aggiungeva che l’auto, in data 20/01/2011, alle ore 04 a.m. circa, regolarmente parcheggiata, a motore spento, nei pressi della propria abitazione, veniva repentinamente distrutta da un incendio.
Interveniva una volante della Polizia di Stato ed una squadra dei Vigili del Fuoco, che provvedeva a spegnere le fiamme, redigendo rapporto di intervento.
L’attore precisava di avere prontamente denunciato l’ accaduto alla società convenuta, mediante lettera raccomandata a/r, ricevuta in data 25/01/2011, non ottenendo alcun riscontro.
Inoltre, al fine di comporre bonariamente la lite, nonché di fissare gli elementi probatori, a sostegno del proprio assunto, promuoveva accertamento tecnico preventivo, ex art 696 bis c.p.c., depositato in data 12/07/2011.
L’attore, nel presupposto che l’incendio fosse dovuto a difetto di conformità dell’auto, domandava la risoluzione del contratto di acquisto, anche in base alla normativa contenuta nel D. lgs. n 206/2005( c.d. Codice del consumo), agli artt. 128 e segg., nonchè al ristoro di tutte le spese sostenute.
La società convenuta, costituitasi all’ udienza del 04/04/2012, in primo luogo eccepiva la nullità della domanda, assumendo che fosse confusa la descrizione della causa petendi.
Nel merito escludeva che l’accertamento tecnico preventivo avesse individuato la causa dell’incendio, meno che mai che fosse identificabile nel prospettato difetto di conformità.
La causa veniva istruita mediante i documenti allegati dall’attore, tra i quali il verbale di intervento dei Vigili del Fuoco, e la prova testimoniale da lui addotta, oltre che dall’acquisizione del suddetto ATP.
All’udienza del 10/06/2015 la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini di cui all’ art. 190 c.p.c., per il deposito di comparse e relative repliche.
Le questioni pregiudiziali
L’attore proponeva domanda evocando sia la disciplina speciale di cui al d.lgs. n. 206 del 2005 sia il rimedio generale della risoluzione della vendita ex art. 1492 c.c.
Va ribadito che non può tuttavia ravvisarsi incertezza assoluta del fondamento della domanda, come opinava la difesa convenuta, per il fatto che la difesa istante avesse operato una sorte di commistione fra disciplina speciale e generale in materia, al punto da pregiudicare l’esercizio del diritto di difesa.
Trattandosi di incendio che aveva reso inservibile l’auto, deve ritenersi infatti, in base anche al principio iura novit curia, che il riferimento alla disciplina speciale valesse sul piano soprattutto della regola probatoria in materia; mentre nessun dubbio poteva sorgere sul fatto che, essendo andata distrutta l’auto, regolarmente rottamata, si apriva la sola strada della risoluzione del contratto, non potendosi certo ipotizzare una riparazione o una sostituzione di cui fa parola la disciplina speciale.
Da qui anche la non pertinenza del richiamo della difesa convenuta alla necessità della previa restituzione dell’auto, intesa come condizione necessaria per l’esercizio dell’azione.
la individuazione della regola probatoria: quando l’incendio equivale a difetto di conformità ex art. 132 del d.lgs. n. 206 del 2005 – onere della prova a carico dell’acquirente danneggiato ex art. 2697 c.c.
La tesi dell’attore è che l’incendio si sia sprigionato per un difetto di conformità dell’auto.
Occorre tuttavia precisare che l’incendio dell’auto è per così dire un evento neutro, nel senso che non è, di per sé, indicativo di un difetto di conformità dell’auto, potendo dipendere da altri fattori causali, addirittura da un fatto doloso, come evocava pure la difesa convenuta, producendo articoli di giornale di cronaca locale, in cui si dava conto del verificarsi di diversi incendi di auto di origine vandalica.
Non può allora applicarsi, nel presupposto che l’incendio si verificava a dieci mesi soltanto dall’acquisto di auto nuova, la presunzione ex art. art. 132 del d.lgs. n. 206 del 2005: “Il venditore è responsabile, a norma dell'articolo 130, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene”.
Il difetto di conformità cioè, quando l’auto s’incendia, è un punto d’arrivo, ma non un dato di partenza.
Da qui la necessità che sia l’attore a dover dimostrare ex art. 2697, I co., c.c., che l’incendio sia riconducibile ad un difetto di conformità dell’auto.
Più indizi depongono in questa direzione.
L’autovettura era stata acquistata, come detto, dieci mesi prima dell’incendio ed aveva percorso appena 3.900 Km.
Era esclusa la natura dolosa dell’incendio sia dai Vigili del Fuoco, fatti intervenire dalla volante della Polizia di Stato, sia dal perito in sede di accertamento tecnico preventivo.
L’auto risultava regolarmente parcheggiata, a luci e motore spento, nei pressi dell’abitazione dell’attore.
I Vigili del Fuoco, prontamente intervenuti, nel proprio rapporto di servizio, individuarono la probabile causa dell’incendio in un corto circuito dell’impianto elettrico, e negarono, in maniera assoluta, il fatto doloso, per l’assenza di qualsiasi liquido o sostanza infiammabile, nonché per le modalità di propagazione dell’incendio: dall’interno del vano motore verso l’esterno, come dichiarato da personale della Polizia di Stato, prontamente intervenuto.
Negli stessi termini si esprimeva il perito nell’ATP ex art. 696 bis c.p.c.:“ il focolaio principale dell’incendio si è localizzato nella plancia. Pertanto individuava le cause “in un corto circuito di quelle utenze che non passano dal cassettino porta fusibili, ma che sono collegate direttamente con la batteria, come ad esempio, il commutatore di avviamento ( bloccasterzo) o il motorino di avviamento o automatico del motorino, oppure un cavo usurato che, a contatto con le parti metalliche o con altro cavo, può generare un incendio.
Il consulente aggiungeva poi che “tali cause sono compatibili con la dinamica della fattispecie in esame, non manifestandosi immediatamente allo spegnimento dell' auto, ma dopo un certo tempo”.
Si consideri poi che non era ancora trascorso il tempo necessario, o il chilometraggio di percorrenza minima, per effettuare il primo tagliando; come a dire che doveva essere esclusa pure un difetto di manutenzione in capo al proprietario dell’auto.
Può dunque affermarsi che l’incendio occorso all’auto, per le modalità con le quali si sviluppava, ed avuto riguardo al quadro indiziario sopra evidenziato, è stato causato da un difetto di fabbrica.
Pertanto va affermata la responsabilità della venditrice convenuta.
La risoluzione e risarcimento dei danni
All’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto, non potrà seguire la restituzione dell’intero prezzo pagato, pari ad € 12.400,00, dovendosi tenere conto dell’avvenuto uso del bene per dieci mesi, come previsto peraltro pure dall’ art. 130, comma 8 codice del consumo.
Può allora equitativamente – ed in mancanza di specifiche allegazioni delle parti sul punto - ridursi il danno ad euro 8.000,00, oltre rivalutazione ed interessi( debito di valore).
A tale somma, andranno aggiunte tutte le spese sostenute dall’attore in conseguenza dell’evento lesivo, quali il trasporto e la custodia presso la Depositeria Gallo, nonché le spese per la rottamazione, pari complessivamente ad € 1.345,20, maggiorate sempre di rivalutazione ed interessi.
Le spese del giudizio devono seguire la soccombenza della convenuta e si liquidano come da dispositivo, tenuto conto anche della limitata attività svolta(compreso il costo dell’Atp, pari ad € 712,00).
P.T.M.
Definitivamente pronunziando sulle domande proposte dal sig. G. M. nei confronti della Opel X. S.p.A., con citazione regolarmente notificata, rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
Accoglie la domanda principale e dichiara risolto il contratto dedotto in giudizio del 11/03/2010, con il quale l’attore acquistava dalla convenuta un’autovettura nuova, Opel Corsa 1.3 diesel 3p CDTI tg. OMISSIS, telaio OMISSIS;
Condanna la convenuta al pagamento in favore dell’attore della somma di euro 9.345,20, oltre rivalutazione ed interessi dal 20/01/2011;
Condanna la convenuta al pagamento delle spese del giudizio sopportate dall’attore, che si liquidano, in favore del difensore anticipante, in euro 268,00 per esborsi, euro 712,00 per l’ATP, ed euro 3.000,00 per compenso professionale, oltre accessori di legge.
TARANTO, 12-10-2015
Il Giudice - dott. Claudio Casarano