Erano tanti i colleghi presenti
all’udienza di Reggio Emilia che ha visto condannati i due
malviventi che lo scorso aprile hanno falciato la vita a Stefano
Biondi. Molti facevano parte della Sottosezione autostradale di
Modena Nord, altri ancora hanno voluto partecipare in segno di
solidarietà nei confronti della famiglia. A loro, dopo la sentenza
di condanna, abbiamo chiesto un commento o più semplicemente di
dirci ciò che hanno provato.
Abbiamo volontariamente deciso di
riportare i soli nomi di battesimo, senza citare la qualifica o il
reparto di appartenenza, perché non è questo che ha importanza, ma
lo spirito e la convinzione con cui ogni collega ha vissuto questa
giornata.
“Credo di poter esprimere la
soddisfazione di tanti colleghi – dice per primo Giancarlo
– che hanno finalmente assistito ad una sentenza giusta e
soprattutto che riconosce il sacrificio di chi, come Stefano,
offre la propria vita per salvare quella degli altri. E’ stato un
segnale forte e deciso che ha rinfrancato non soltanto la famiglia
ma tutti noi che operiamo ogni giorno sulle strade ed autostrade
d’Italia.”
“Giustizia è fatta – sostiene
Palma – ed anche se questa è una vittoria amara perché non
ci riporta indietro il nostro Stefano, dobbiamo essere contenti di
avere ottenuto se non altro un poco di consolazione dopo tanta
sofferenza.”
Ilio, da pochi anni
nella Polizia Stradale, è ancora sbigottito per quanto avvenuto,
soprattutto dopo avere udito i commenti che la madre
dell’assassino materiale di Stefano ha lanciato nei confronti dei
tanti colleghi presenti.
“Credo sia uno dei giorni della mia
vita che ricorderò con maggiore amarezza e commozione – dice e
penso che debba essere triste, dopo avere perso un figlio, avere
come unica consolazione la sentenza di colpevolezza degli autori
di questo reato. Intanto Stefano non c’è più e domani chiunque di
noi potrebbe trovarsi in una simile situazione.”
“Nessuna vendetta – grida
Davide – ma giustizia sì ed ora lo Stato non alleggerisca
come di consueto le pene inflitte in primo grado, ma abbia il
coraggio di portare fino in fondo questa sentenza che ha premiato
il lavoro di quanti hanno chiesto una giusta punizione.”
“Di fronte a quanto è successo un
anno fa – dice Paola, che presta servizio in un
reparto non vicino ma è appositamente venuta a Reggio Emilia per
seguire la fase finale del processo – mi sento davvero piccola e
insignificante e talvolta mi vergogno persino di prestare servizio
in ufficio, quando altri, come Stefano, rischiano continuamente la
vita su strada. Per me Stefano è e rimane un grosso esempio.”
Fra i presenti anche un semplice
cittadino, Rino, quasi sessant’anni, che già si era
sentito in dovere di andare a salutare la salma di Stefano quando
venne condotto presso la camera mortuaria di Reggio Emilia.
“Non possiamo dimenticare quanti
offrono la vita per tutti i cittadini – dice commosso – anche io
ho un figlio della stessa età di Stefano e credo sia dovere di
tutti stare vicini alla famiglia di questo ragazzo anche con la
sola presenza.”
Grazie Rino, la tua testimonianza è
forse la più importante che abbiamo raccolto, forse perché la più
disinteressata o più semplicemente perché proviene dal cuore di un
altro genitore. |