L’Italia delle infrastrutture incassa un’ennesima bocciatura,
questa volta dalla Società Geografica Italiana che non solo mette
in evidenza il divario fra lo Stivale e gli altri paesi Ue, ma
lancia un allarme: casi come quello recente del blocco causa
maltempo sulla Salerno-Reggio Calabria rischiano di farci mancare
l’aggancio all’Europa. Qual è il prezzo di questa disastrosa
situazione? Secondo il rapporto, intitolato "Trasporti in Italia:
oggi e domani", solo i problemi di inquinamento (che nel settore
raggiunge i massimi livelli in Europa), costano agli italiani 72
miliardi di euro. Il riequilibrio gomma-ferro viene indicato come
unico rimedio: "Terra, aria e mare vanno intese come sinergiche e
complementari e non più in competizione tra di esse".
Ferrovie da riscoprire.
Solo
l’8% del trasporto merci si avvale del treno, contro quasi il 14%
dell’Ue, ed è sotto la media comunitaria anche il trasporto
persone. L’Italia è al quarto posto in Europa per chilometri di
binari (quasi 16.000 chilometri, dopo Germania, Francia e Gran
Bretagna che ne hanno rispettivamente 44.730, 31.740 e 16.991), ma
l’estensione della rete è pressoché invariata da anni. E’ nel
settore merci che si rischia maggiormente di essere tagliati fuori
dall’Europa: tra ritardi, cambi di macchinisti, verifiche mezzi e
controlli burocratici, un treno merci internazionale viaggia alla
velocità media di 18 km/h, inferiore a quella di un rompighiaccio
in servizio nel Mar Baltico.
Rete
stradale da rimodernare.
L’Italia privilegia il trasporto su strada, soprattutto nel caso
merci, dove si concentra l’87% circa del totale del peso del
carico, contro il 75% a livello dell’Ue. La rete stradale italiana
è lunga 167.700 km, divisa tra provinciale (120.000 km), statale
(quasi 47.000) e autostradale (poco meno di 6.500). Quest’ultima è
al quarto posto in Europa come chilometri di rete ogni mille
chilometri quadrati: 21,5 contro i 55,8 belgi, i 55,1 olandesi e i
33,8 tedeschi. Profondo il divario qualitativo tra il Sud e il
Centro-Nord, estenuante la lunghezza delle realizzazioni, mentre,
riguardo alla sicurezza, gli standard sono giudicati sufficienti.
Il 98% degli incidenti e la quasi totalità dei feriti e dei morti
dovuti al trasporto si verificano ancora sulla strada.
Tanti aeroporti, ma troppo piccoli.
Il
traffico aereo è destinato a crescere ma gli scali italiani sono
ancora piccoli in rapporto a quelli europei. Fiumicino, con i suoi
quasi 26 milioni di passeggeri, cui si aggiungono i 700.000 di
Ciampino, e Milano Malpensa, con quasi 19 milioni di viaggiatori
(più i 7 di Linate), costituiscono i due grandi hub italiani. Ma
Roma è solo settima nella graduatoria Ue dei maggiori scali,
mentre Milano è quattordicesima. I complessivi 91 milioni di
passeggeri si distribuiscono poi in una lunga lista di piccoli
scali (23 in tutto) con un traffico annuo superiore alle 500.000
unità.
Porti sotto pressione.
Nel
mercato europeo degli scali portuali la rendita dell’Italia è
messa in discussione dalla forte concorrenza spagnola. Nonostante
ciò, il traffico complessivo delle merci è in crescita, con tassi
del 7% nel prossimo decennio, e aumenta anche il traffico
passeggeri. La portualità resta sottodimensionata rispetto alle
sue potenzialità, sia per la concorrenza del Mare del Nord che per
le minime dimensioni del breve raggio. Nella graduatoria europea,
Genova, primo porto italiano, si colloca all’ottavo posto e
Trieste all’undicesimo. Per i container nel Mediterraneo, Gioia
Tauro e Genova sono rispettivamente al primo e al terzo posto fra
gli scali europei. Tra le criticità, problemi di privatizzazione,
scarsa specializzazione, offerta spesso inadeguata alla domanda di
trasporto intermodale.
Inquinamento, costo enorme.
L’Italia è al quarto posto nell’Ue per le emissioni di anidride
carbonica dovute ai trasporti (15% dell’inquinamento totale), in
aumento nel 1990-2000 del 19%. Peggio solo Inghilterra, Francia e
Germania, con tassi d’inquinamento nel settore pari
rispettivamente al 22, 17 e 15%. Il sistema italiano, tra gas
serra, ore di lavoro perse, spese sanitarie e rumore, deve
sopportare costi per oltre 72 miliardi di euro. In più, nelle aree
metropolitane, spesso si verifica un insieme scoordinato di
interventi, come l’introduzione delle targhe alterne o del blocco
della circolazione. Manca una visione d’insieme che segua
l’obiettivo di diminuire il carico ambientale causato
dall’eccessivo congestionamento e dal correlato inquinamento.