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Editoriali 02/04/2004

150 ORARI, LA LEGGE RALLENTA… MA LUNARDI INSISTE

Pressioni, dubbi, responsabilità, timori in un valzer lento verso il nuovo limite in autostrada. Assisteremo ad un “federalismo autostradale” delle concessionarie competenti sui singoli tratti? Ci sarà chi vorrà il nuovo limite e chi no? Con la sicurezza non si scherza!
150 ORARI, LA LEGGE RALLENTA…
MA LUNARDI INSISTE

Pressioni, dubbi, responsabilità, timori in un valzer lento verso il nuovo limite in autostrada. Assisteremo ad un “federalismo autostradale” delle concessionarie  competenti sui singoli tratti? Ci sarà chi vorrà il nuovo limite e chi no? Con la sicurezza non si scherza!

di Giordano Biserni*

(ASAPS) -  C’è tanta attesa per quel provvedimento che dovrà – una volta entrato in vigore – accelerare (che non vuol dire allungare) la vita degli italiani su 450 chilometri di autostrada: 450 chilometri di tre corsie e di statistiche infortunistiche basse; 450 chilometri di polemica tra chi – come noi – vede nel nuovo limite dei 150 (unico in Europa) uno smacco alla sicurezza e tra chi – come il ministro Lunardi – ritiene che elevare il limite non comporti un peggioramento degli standard. Anzi.
Di questa sorta di amnistia preventiva agli amanti dei 200 all’ora, però, ancora non c’è traccia nei provvedimenti delle società concessionarie che dovrebbero autorizzarli. Se ne parla ormai da anni, da prima della patente a punti, per la verità, ma anche l’ultimo appuntamento con la bandiera a scacchi è saltato.  Però è praticamente quasi sicuro (come si vede Lunardi insiste) che, alla fine, il via libera alla corsa in autostrada ci sarà.
Lo diciamo con rammarico, non tanto e non solo per l’innalzamento del limite in quanto tale:  è semmai  l’impunità o, nel peggiore dei casi, l’esigua sanzione garantita a tutti coloro che si terranno sotto i 200 all’ora che ci terrorizza (sai che spavento per 137,55 euro e 2 punticini tolti al conducente). È la facilità con cui si vuole a tutti costi scindere l’inscindibile, e cioè che la velocità non è mai sicurezza, che ci impressiona. È la mancanza di contromisure vere, quelle che dovrebbero garantire sanzioni severe a chi si azzarda a superare il nuovo limite, che ci scandalizza.
D’altra parte i provvedimenti, semplici e isolati, si dimostrano sterili senza un’adeguata preparazione a intraprendere contromosse o strategie correttive: come la patente a punti, che crediamo sia uno strumento essenziale nella lotta alla violenza stradale ma che da sola, senza manovre aggiuntive, si dimostrerà solo un argine d’argilla contro un fiume in piena. Già si registrano le prime falle e forse è il caso di pensare che, finita la paura di perdere punti, tutto lentamente tornerà come prima.
Nel nuovo scenario autostradale – lo ripetiamo ancora – crescerebbe anche la soglia psicologica e l’azione di contrasto alla trasgressione,  vista la quantità e il numero dei veicoli oggi in grado di toccare i 250 orari contro i quali poco potranno fare le poche pattuglie della Stradale pur con le potentissime Subaru Impreza dotate di Provida, sarebbe praticamente impossibile.
Ci piace pensare che la massiccia adesione al manifesto contro i 150 all’ora  del quale siamo promotori insieme a Sicurstrada e Anvu, e sottoscritto anche dall’Associazione Familiari e Vittime della strada, abbia in qualche modo rallentato – e non è un eufemismo – la disfatta della sicurezza, complice soprattutto la serie di interrogativi che si sono posti le società concessionarie di quelle tratte autostradali soggette all’abbattimento dei 130.
Sono proprio loro, infatti, che oggi  oppongono una strenua resistenza al provvedimento che l’antitesi personificata dell’ex ministro Enrico Ferri (ricordato e quasi schernito come “mister 110”) dava per approvato a fine agosto,  poi a fine ottobre, infine entro novembre. C’è da farsi poche illusioni, ma il fatto stesso che le società concessionarie si sentano gravate da responsabilità  troppo pesanti, sono già un primo punto di partenza. Una mezza vittoria.
Nessuna società concessionaria, infatti, ha per ora risposto all’invito di aprire i propri tratti (idonei al progetto) ai nuovi limiti. Tratti che dovrebbero essere formalmente selezionati dai direttori di tronco, timorosi di accollarsi decisioni che si ripercuoterebbero contro di loro in caso di incidenti gravi o mortali, su cui incombono procedimenti penali e dibattimenti civili per i risarcimenti e gli indennizzi. Ciò potrebbe innescare un “federalismo” autostradale di cui non si sente proprio il bisogno.
Gravami sconosciuti ai più, soprattutto quelli che vorrebbero correre a 200 all’ora, che nemmeno immaginano quante e quali conseguenze potrebbe comportare una decisione presa su un argomento così delicato, per chi quella decisione l’ha adottata.
A questo c’è da aggiungere che molte società diverse, confinanti tra loro, hanno cominciato dispute su percorsi idonei limitrofi, e alla fine la decisione viene rimandata ancora. Le pressioni sui tavoli di lavoro da parte del ministro, si dice, sono notevoli, ma per quei 450 chilometri di velocità, per i quali sono già pronti i sistemi di segnalazione integrativi previsti dalla normativa, ogni decisione è stata, fino ad oggi, continuamente rinviata.
Su quei tavoli ci sono anche i vertici della Polizia Stradale, alla quale il ministro dei 150 ha affidato il delicato compito di vigilare sul rispetto di un codice che garantisce, di fatto, una quasi impunità per chiunque resterà sotto i 200 all’ora, con sanzioni irrisorie. Vertici che dovrebbero opporre una netta resistenza al provvedimento. Continui la meditazione…
 
 
* Presidente Asaps



di Giordano Biserni*

Venerdì, 02 Aprile 2004
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