Fece una strage viaggiando contromano sull'A26, ma l'accusa non può essere omicidio stradale
ERA stata una condanna eclatante: 21 anni e 4 mesi di carcere per aver imboccato un’autostrada in contromano, uccidendo quattro ragazzi francesi. Una condanna, quella inflitta a Ilir Beti, imprenditore edile albanese di 39 anni, mai così alta per un incidente, che aveva retto per due gradi di giudizio, ma non la Cassazione che aveva rimandato indietro il processo perchè all’epoca non esisteva ancora il reato di “omicidio stradale” recentemente introdotto nel nostro ordinamento. Ora, fra poco più di due settimane, si celebrererà nuovamente l’appello per Beti, ma per lui, che aveva avuto la contestazione di omicidio volontario, la nuova legge non potrà essere applicata, e come disposto dai giudici della Suprema Corte, gli potrà essere contestato solo l’omicidio colposo. Un caso paradossale, dunque, per i parenti delle vittime, che dalla Francia invocano giustizia. Marie Maggio, la madre di una delle giovani vittime ieri ha “postato” su Facebook il suo appello affinchè «sia fatta giustizia». «Non potremo nemmeno assistere al processo » scrive la donna, aggiungendo che «Ilir Beti potrebbe presto tornare libero». Anche Christine Lorine ieri sera ha affidato al social network la sua rabbia e le sue speranze affinche «chi ha fatto del male sia punito », e le vittime non siano ignorate. «Si, la macchina è una pistola» scrive la donna, aggiungendo: «Ilir Beti era consapevole delle sue azioni».
I 21 anni di carcere erano stati confermati in secondo grado il 20 giugno 2013, dai giudici della corte d’Assise d’Appello di Torino, a circa due anni di distanza dal tragico incidente. Beti, la sera del 13 agosto 2011 era ubriaco, era stato cacciato da un locale pubblico e aveva accanto a sè una ragazza addormentata, quando decise di imboccare contromano la A26 per dimostrare a sè stesso la sua abilità alla guida nello schivare i veicoli in marcia. Trenta chilometri percorsi come in un videogioco. Vicino a Ovada, in provincia di Alessandria, lo schianto: il suo Suv contro l’Opel Astra dei ragazzi francesi.Tre morirono sul colpo, Julien Jean Raymond, 26 anni, Vincent Lorin, 22, Audrey Reynard, 24, e la quarta, Elsa Desliens, 22, qualche ora dopo in ospedale.
Secondo i giudici del primo e secondo grado di giudizio, questo modo di guidare, come in una sorta di roulette russa, era doloso, perchè andando contromano era inevitabile mettere a rischio l’incolumità altrui. Ma la Cassazione aveva invece accolto il ricorso dell’avvocato Franco Coppi, che era riuscito a scardinare l’impostazione dei magistrati piemontesi. Nessuna volontarietà nell’aver “giocato” con la vita delle persone guidando consapevolmente contromano. Anche il fatto che quella sera fosse ubriaco, anzichè essere un’aggravante, per il suo difensore era una condizione che sottraeva Ilr Beti dall’area del dolo, per «riconsegnarlo a quello della colpa».
A marzo del 2015, all’indomani della sentenza “bocciata” dalla Cassazione, c’era stato anche un appello al premier Matteo Renzi da parte dell’Asaps, l’associazione amici della polizia stradale, per l’introduzione del reato di omicidio stradale. «Quello che temevamo è avvenuto - scriveva l’associazione - e dimostra chiaramente un vuoto legislativo che fa sì che chi uccide sulla strada resti di fatto impunito ». Quel vuoto ora è stato riempito. Ma non varrà per Ilir Beti.
di SARAH MARTINENGHI
da torino.repubblica.it
Il pluriomicida Ilir Beti torna al (quarto) giudizio. Da omicidio volontario si scende all’imputazione di omicidio colposo. Le famiglie dei 4 ragazzi francesi uccisi nel tragico contromano sulla A26 il 13 agosto 2011 per il quale nei primi due processi l’albanese era stato condannato a 21 anni e sei mesi per omicidio volontario, auspicano una severa condanna, che non umili la memoria dei loro ragazzi. (ASAPS)