La
Corte Costituzionale (Sentenza 27/2004, relatore Quaranta) ha
stabilito che è illegittima la sottrazione di punti
dalla patente del proprietario di un veicolo che
non sia in grado di indicare chi fosse alla guida
quando è stata commessa l’infrazione. E così
viene a cadere uno dei più contestati passi della riforma
del Codice della Strada (art. 126 bis, comma 2).
D’ora in poi, i punti si potranno togliere solo nel caso
di contestazione immediata o nel caso in cui il proprietario
entro 30 giorni fornisca le generalità del guidatore.
Resta però una multa pesante per il proprietario del
veicolo che non indichi il guidatore, da 357 a 1.433 €
(art. 180 comma 8), che va ad aggiungersi alla multa per l’infrazione.
Si è insomma equiparata la situazione dei privati a quelle
delle società proprietarie di veicoli, per le quali era
già previsto questo regime della multa aggiuntiva.
Nella sua sentenza la Consulta fra le motivazioni dice
che “…la sanzione pur essendo di natura personale,
non appare riconducibile ad un contegno direttamente posto in
essere dal proprietario del veicolo e consistente nella trasgressione
di una specifica norma relativa alla circolazione stradale”.
Per questo violerebbe l’art. 3 della Costituzione (uguaglianza
dei cittadini di fronte alla legge) per irragionevolezza; perché
a fronte di un’infrazione commessa da qualcun altro, viene
sanzionato con un provvedimento, che è assimilabile in
parte alla sospensione della patente, il proprietario del veicolo.
Via punti solo a chi è identificato
I commenti di politici e consumatori
Il primo commento arrivato è quello del viceministro
Tassone, il quale ha dichiarato di rispettare la Corte,
ma di non condividere questa presa di posizione, che,
nel nome del rispetto dei diritti individuali, inficerebbe il
diritto alla sicurezza.
Poco dopo ha rettificato il ministro Lunardi,
che ha dichiarato di attendersi questa bocciatura della
Consulta, che va rispettata e condivisa. Lui stesso, ha dichiarato,
aveva dei dubbi su quest’articolo. A questo punto, però,
non si dica che è stata bocciata tutta la patente a punti,
perché quella bocciata è solo una piccola parte.
Di ben altro tono il comunicato stampa dell’ADUC,
un’associazione di tutela dei consumatori particolarmente
attenta a queste tematiche:
“Dopo la sentenza della stessa Corte, che aveva dichiarato
l’illegittimità del deposito di un importo doppio
del minimo della multa quando si intendeva contestare la stessa,
piano piano stiamo andando verso una ragionevolezza del
Codice. Si riacquista così un minimo di credibilità
per norme altrimenti basate solo sulla vessazione degli individui,
spacciate per necessità di maggiore sicurezza”.
“A nostro avviso continua a essere oscuro anche il motivo
per cui si debba pagare la sanzione accessoria per un comportamento
di guida che a livello individuale non si è commesso”.
E in altra parte del comunicato aggiunge: “crediamo che
la Corte debba cominciare a prendere in considerazione tutti
i vari ricorsi che gli giungono pressoché quotidianamente
per le multe da Autovelox senza il fermo immediato del trasgressore
e senza la segnalazione della presenza delle macchinette: multe
che tutte le amministrazioni comunali usano solo per far cassa,
ponendo limiti assurdi di velocità (magari cambiandoli
in continuazione lungo lo stesso percorso) e perché,
per esempio, sono molto rari i casi in cui, prima degli Autovelox,
ci siano indicazioni tipo pannelli dissuasori che indicano la
velocità non corretta a cui si sta procedendo”.
Via punti solo a chi è identificato
Negativa l’opinione dell’ASAPS
Giordano Biserni, presidente dell’ASAPS, l’Associazione
Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, ci ha mandato
il seguente comunicato, che riportiamo integralmente. Riteniamo
infatti si tratti di un intervento lucido, che mette
a fuoco il problema della sicurezza e dei controlli, suggerendo
possibili soluzioni.
“E’ evidente che la sentenza non è arrivata
inattesa. Era prevedibile che la disparità fra proprietario
patentato e proprietario di veicolo non patentato avrebbe pesato.
Si dovrà ora attendere di leggere compiutamente il dispositivo
per comprenderne la reale portata. Tuttavia, secondo l’Asaps
il principio informatore della sentenza appare assolutamente
condivisibile: in uno Stato di diritto la polizia deve accertare
le violazioni ma deve possibilmente identificare anche i reali
violatori”.
"La palla rimbalza però ora nel campo della sicurezza
stradale, dove si gioca una partita seria e drammatica. E’
evidente che a questo punto l’effetto dissuasivo della
Pap, che già dava segni evidenti di indebolimento, subirà
un ulteriore duro ridimensionamento col quale si dovranno fare
i conti in termini di vite umane”.
“A questo punto si dovranno individuare idonei correttivi
per rilanciare l’efficacia della Pap, prevedendo moduli
operati diversi delle forze di polizia, con l’impiego di
doppie pattuglie che dopo l’accertamento della sanzione
provvedano alla immediata identificazione del conducente e contestazione
della sanzione. In questo modo si potrebbe però addirittura
ottenere un forte e benefico rilancio dell’effetto dissuasivo.
E’ necessario che gli organici carenti della polizia stradale
e degli organismi di polizia locale che operano su strada vengano
finalmente ripianati”.
“Non va però dimenticato che il principio dell’utilità
delle tecnologie rimane essenziale, così come dimostrano
le positive esperienze di alcuni Paesi europei come la Gran
Bretagna che hanno attivato, con grande efficacia per la sicurezza
stradale, sistemi binari di controllo con l’elettronica
e con divise su strada”.
“Si potrebbero anche individuare sistemi di identificazione
fotografica frontali di possibile accertamento certo dell’identità
dei conducenti. Tuttavia questo aspetto si intreccia spesso
con altri connessi alla tutela della privacy. Si dovranno fare
scelte e capire se la sicurezza stradale è una soglia
che va veramente elevata, abbassando leggermente quella
di altre tutele come la privacy (cosa che avviene ogni volta
che entriamo in una banca)”.
“La vera difficoltà di un modulo operativo che preveda
il fermo sistematico e successivo del veicolo per identificare
il conducente si avrà nel sistema autostradale e quello
delle superstrade, dove i controlli immediati con margini di
sicurezza per i controllati e i controllori sono oggettivamente
più difficili”.
“A questo punto per le violazioni veramente molto gravi,
come il superamento del limite di oltre 40 Km/h o alcune tipologie
di sorpasso a rischio o inversioni ad U in autostrada,
fermo restando che il supporto dell’elettronica rimane
essenziale, si dovrà pensare ad elevare gli importi
delle sanzioni per colmare con l’efficacia della sanzione
la debolezza della nuova previsione per la Pap”.
Via punti solo a chi è identificato
L’ACI: forte soddisfazione
Anche l’ACI ha fatto sentire la sua voce con questo comunicato
stampa.
"Estremamente soddisfatto. Con queste parole il presidente
dell’ACI, Franco Lucchesi, accoglie la sentenza della Consulta
che dichiara illegittimo l’art. 126 comma 2 del Codice della
Strada nella parte in cui prevede che in caso di mancata identificazione
del trasgressore i punti debbano essere tolti al proprietario
del veicolo, salvo che questi non comunichi il nome del conducente
al momento dell’infrazione”. “Ricordando che per primo
l’Automobile Club d’Italia ha segnalato l’illegittimità
costituzionale della norma - sia con una forte azione di sensibilizzazione
in Parlamento sia attraverso i propri organi di comunicazione
- Lucchesi sottolinea come la pronuncia della Consulta porti
chiarezza su un punto delicato di uno strumento importante come
la patente a punti".
”Il presidente dell’ACI rileva come la sentenza della Corte
Costituzionale sgombri il terreno da ogni possibile strumentalizzazione,
salvaguardando e rafforzando il forte valore educativo di una
norma la cui efficacia è sotto gli occhi di tutti".
"Una norma - conclude Lucchesi - che già nel suo
primo anno di attuazione ha salvato un numero rilevante di vite
umane".