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Cassazione: il proprietario risponde dei danni anche se il veicolo circolava contro la sua volontà
da studiocataldi.it

Vanno sempre adottate misure idonee a prevenire l'impiego del mezzo, anche abusivamente, da parte di terzi

Il proprietario di un veicolo a motore risponde dei danni causati dalla circolazione di esso anche se avvenuta contro la propria volontà, a meno che non dimostri di aver adottato concrete e appropriate misure idonee a prevenire l'impiego del mezzo, anche abusivamente, da parte di terzi.

Lo ha disposto la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nella sentenza n. 1820/2016.
Nel ricorso si lamentava il fatto che la sentenza impugnata avrebbe violato l'art. 2054, comma 3, c.c., ritenendo che la circolazione di un veicolo coinvolto nell'incidente, una BMW guidata dal figlio del proprietario, avvenne prohibente domino (ossia contro la volontà del proprietario).

La Suprema Corte chiarisce in particolare che la circolazione prohibente domino idonea ad escludere la responsabilità del proprietario per i danni causati dall'autoveicolo, ai sensi dell'art. 2054, comma 3, c.c., sussiste quando il proprietario non solo manifesta il proprio dissenso a concedere l'uso del mezzo a terzi, ma adotta tutte le misure ragionevolmente esigibili dall'uomo medio per impedire che ciò accada (chiusura a chiave del mezzo, attenta custodia delle chiavi, inserimento dell'antifurto, ecc.)

Pertanto, per fornire la prova liberatoria richiesta dalla noma, non basta dimostrare che il veicolo stava circolando senza il consenso del proprietario (e cioè invito domino), ma è necessario provare che il mezzo abbia circolato contro la sua volontà (e cioè prohibente domino).

Tale volontà contraria deve desumersi da un concreto ed idoneo comportamento ostativo, specificamente inteso a vietare e impedire la circolazione del veicolo ed estrinsecatosi in atti e fatti rivelatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate.

Nella fattispecie la Corte d'Appello aveva accertato che il proprietario del veicolo coinvolto nel sinistro custodiva le chiavi in luogo "noto e accessibile", limitandosi a esigere che l'uso del veicolo da parte di terzi avvenisse previa sua autorizzazione.

La parola passa al giudice di rinvio che dovrà verificare se il modo in cui il convenuto custodiva la chiave della vettura fosse o meno sufficiente ad impedirne l'impiego da parte di terzi, tenendo conto del principio espresso dalla Corte, ossia che deve trattarsi di misure concrete e appropriate, idonee a prevenire l'utilizzo anche abusivo da parte di terzi.

di Lucia Izzo

da studiocataldi.it

Mercoledì, 10 Febbraio 2016
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