ROMA
- Non fa nomi il ministro dei Trasporti, Pietro Lunardi, ma
mastica amaro: il «frontale» con la Corte Costituzionale
che ha rotto l’incantesimo della patente a punti, finora
considerata dal capo del governo un esperimento riuscito, si
poteva evitare. Sarebbe bastato che «qualcuno» non
avesse insistito a mantenere quella norma così incongruente
e punitiva. Proprio quella norma però, rendendo irrilevante
l’identificazione del conducente da parte di chi elevava
la multa, finora aveva consentito al ministero degli Interni
di mantenere inalterato il numero delle pattuglie di Polizia
stradale attive su tutte le strade italiane: 1.300 circa al
giorno, divise in quattro turni. E non una di più. Un’ottima
ragione, secondo i tecnici del Viminale, per non modificare
quell’articolo del Codice della strada.
«A quella norma io ero contrario fin dal principio»
si è limitato a dire ieri il ministro, frenando l’irritazione.
Ma il riferimento «a una parte importante che non faceva
parte di questo ministero che era fortemente propensa a portare
avanti la formula bocciata dalla Consulta» alla fine gli
è scappata, rimanendo sospesa nell’aria. Come un’accusa.
Anche perché gli uffici legali del suo ministero e, in
particolare, della Motorizzazione civile, erano perfettamente
al corrente della possibilità che l’intervento della
Consulta potesse vanificare l’effetto deterrente (già
in calo) della patente a punti. I tecnici avevano più
volte avvisato Lunardi: «Una bocciatura può addirittura
invertire la tendenza e affossare tutto il nostro lavoro».
Di qui la corsa al recupero tentata ieri, con Lunardi in prima
linea a spiegare che «nulla è cambiato» e
che «anzi» ci saranno più controlli, che
ora le pattuglie in più arriveranno. Il ministro però
sa benissimo che le forze aggiuntive in realtà gli erano
state promesse dal Viminale in una lettera inviatagli già
prima di Natale. Si tratta di circa 50 mila pattuglie che verranno
recuperate in seno alla Stradale grazie alla chiusura notturna
di alcuni degli 82 distaccamenti e a una norma che consente
di delegare la scorta dei «trasporti eccezionali»
ai privati.
Il fatto è che 135 pattuglie in più al giorno
(»10%) non potranno fare certo la differenza lungo i 155
mila chilometri di strade italiane su cui potenzialmente circolano
50 milioni di veicoli. E’ come pretendere di svuotare il
mare con un bicchiere. Anche perché, come ricorda un
tecnico come Giordano Biserni dell’Asaps (Associazione
amici della polizia stradale): «Non esiste proprio che
adesso la polizia si metta a correre su autostrade e superstrade
pur di identificare i conducenti. A meno che non si vogliano
provocare degli incidenti...».
Insomma il danno è fatto ma Lunardi non intende pagarne
il conto. Così oggi, nel vertice con il dicastero degli
Interni, il ministro girerà la «multa» della
Consulta al collega del Viminale. Con una motivazione precisa:
«A guidare non ero io...».
Antonella
Baccaro.