Sinistro stradale: riconosciute le spese stragiudiziali se l'assicuratore non fornisce adeguata assistenza tecnica
da altalex.com
Sono risarcibili le spese legali della fase stragiudiziale nella circolazione stradale. L'art. 9 comma II, del D.P.R. n. 254/2006 contrasta l'art. 24 Cost.: sono dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima allorquando il danneggiato non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore.
E' quanto emerge dalla sentenza n. 3266 della Corte di Cassazione, Sezione III Civile, depositata il 19 febbraio 2016.
Il caso
Un automobilista conveniva in giudizio la propria assicurazione per ottenere il rimborso delle spese legali sostenute per 1'assistenza prestata nella procedura di risarcimento diretto relativa ad un sinistro occorsogli il 25.12.2008; procedura che si era conclusa con l'accettazione della somma offerta dall'assicuratrice a tacitazione dei danni riportati dall'auto dell'attore. La compagnia contestò di essere tenuta al ristoro delle spese legali in quanto il sinistro era stato definito in fase stragiudiziale. La domanda veniva rigettata dal giudice di pace. Proposto appello davanti al Tribunale di Taranto, veniva anch'esso rigettato.
L'automobilista ricorreva in Cassazione, affidandosi a cinque motivi. Sosteneva che anche le spese relative all'assistenza legale nella fase stragiudiziale della gestione del sinistro costituiscono danno consequenziale al sinistro, secondo il principio della regolarità causale, e lamentava, pertanto, una "evidente violazione dell'art. 1223 c.c.", dolendosi che "la subordinazione del diritto al riconoscimento delle spese legali alle condizioni di cui all'art. 9 comma II DPR 254/2006 (non accettazione dell'offerta) rende impossibile o estremamente difficile l'esercizio di difesa del danneggiato". Deduceva, inoltre, violazione o falsa applicazione degli artt. 148, co. 11° e 122 D.L.vo n. 209/2005, dell'art. 4 delle disposizioni sulla legge in generale e dell'art. 134 della Costituzione. Si evidenziava l'esistenza di un contrasto fra l'art. 9 D.P.R. n. 254/2006 e gli artt. 148 e 122 del D. L.vo n. 209/2005, assumendo che l'art. 148 dà "per implicitamente scontato il riconoscimento del rimborso delle spese legali, mentre 1'art. 122 estende l'obbligo assicurativo a tutti i danni derivanti dalla circolazione; derivava da quanto precede che "l'applicazione dell' art. 9 comma II escluderebbe il risarcimento di determinati danni e segnatamente quello accessorio delle spese legali, senza che la legge ne faccia cenno" e si sosteneva che, quale norma regolamentare sottordìnata alle disposizioni di legge, la previsione dell'art. 9 - non scrutinabile in sede di giudizio di legittimità costituzionale - dev'essere disapplicata dal giudice ordinario.
La decisione
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso in tutti i motivi.
Il Supremo Collegio premette che l'art. 9 comma II del D.P.R. n. 254/2006, nel caso di accettazione della somma offerta dall'impresa di assicurazione, ossia in caso di transazione (è il caso di specie) esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quelli medico-legali per i danni alla persona. Tuttavia aggiunge che questo articolo vada correttamente interpretato: si interpreta nel senso che sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima allorquando il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero (ed è questo il passaggio epocale) quando il danneggiato non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore. Se così non fosse, si dovrebbe “altrimenti ritenere nulla detta disposizione (art. 9 D.P.R. n. 254/2006) per contrasto con l'art. 24 Cost. e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell'erogazione di spese legali effettivamente necessarie".
La Corte conclude affermando che "il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di causalità, ex art. 1223 c.c. e non di risarcibilità".
Pertanto, la Corte di Cassazione cassa l'affermazione compiuta dal giudice di appello, secondo cui la disposizione dell'art. 9 D.P.R. n. 254/2006 escluderebbe in ogni caso la ripetibilità, da parte del danneggiato, delle spese di assistenza legale sostenute nella fase stragiudiziale per avere volontariamente scelto di farsi assistere da un avvocato: tale affermazione sottende, infatti, una lettura della disposizione che, vietando tout court la risarcibilità del danno, si pone in contrasto non l'art. 24 Cost. e che impone la disapplicazione della norma regolamentare.
Allora le spese legali vanno sempre riconosciute laddove si consideri semplicemente quanto segue.
Le imprese assicuratrici non assolvono in nessun caso all'attività di assistenza tecnica imposta dal I comma dell'art. 9 del D.P.R. n. 254/2006, semplicemente perché non sono istituzionalmente organizzate e strutturate per fornirla. L'assicuratore non esegue nessuna lettera di messa in mora ex art. 158 d. lgs 209/2005. Il procedimento nasce già viziato, perché in mancanza di una costituzione in mora, non decorrono i termini per la liquidazione, men che meno dell'ispezione peritale, di guisa che il danneggiato potrebbe legittimamente non ricevere né ispezione peritale, né risarcimento, sino a prescriversi, in quanto lo spatium deliberandi decorre dall'invio della lettera raccomandata (peraltro, “osservate le modalità e i contenuti previsti dall'art. 148”).
Non vi sono dubbi che l'onere della lettera ricada sull'assicuratore in regime di risarcimento diretto (su nessuno, in regime di risarcimento da parte dell'assicurazione del responsabile, tanto meno il danneggiato riuscirà a compilarla, giacché la lettera è un atto giuridico in senso stretto (Cass. Civ. Sez. III 09 febbraio 2000 n. 1444; Cass. Civ. Sez. I 15 maggio 1980 n. 3206): “l'impresa […] fornisce [...] il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento [...], il suo controllo e l'eventuale integrazione [...]”. In altri termini, nel migliore dei casi, appunto, l'impresa deve compilare la lettera, spedirsela, eventualmente reintegrarla, e rispedirsela. Solo in siffatto modo potrebbe ritenersi corretta la procedura messa in atto dall'assicuratore, secondo il chiaro testo previsto dal decreto. Non è comprensibile, quindi, la evidente disparità di trattamento tra danneggiato tutelato dall'impresa assicuratrice e danneggiato tutelato dall'avvocato. Il ricorso all'assistenza di un legale è quindi necessario anche per predisporre tutti gli adempimenti per poter poi agire in giudizio nell'ipotesi in cui non si addivenga ad una soluzione bonaria della lite. Avviato il procedimento, l'assicuratore in regime di risarcimento diretto, (nessuno, in ambito di risarcimento da parte dell'impresa del responsabile), dovrà fornire “ogni assistenza informativa e tecnica utile […], l'illustrazione e la precisazione dei criteri di responsabilità di cui all'allegato a)” (art. 9 comma I D.P.R. n. 254/2006). Non esiste nella rete organizzativa dell'impresa la figura che possa fornire questo tipo di consulenza: l'agente assicurativo non è un avvocato. Ragionando in astratto, laddove possieda conoscenze di carattere giuridico, non potrà metterle a disposizione contro la propria mandante. Stessa sorte in ambito di assistenza tecnica, perché l'assicuratore in regime di risarcimento diretto, (nessuno, in ambito di risarcimento da parte dell'impresa del responsabile), dovrà fornire “ogni assistenza [...] tecnica” (art. 9 D.P.R. n. 254/2006): il perito meccanico quantifica i danni, ma non fornisce alcuna assistenza, intesa come quella attività consultiva ed informativa dettata dal legislatore. L'attività del medico legale è quintessenza dell'inassistenza tecnica, perché è solo uno strumento di controllo dell’attività posta in essere dal danneggiato, giammai di assistenza. Il danneggiato si recherà da questi quando sarà guarito con postumi, secondo il dato testuale dell’art 148, giammai subito dopo l’incidente. E’ noto che l’art. 139 d. lgs 209/2005 prevede l'irrisarcibilità delle lesioni non accertate con esami clinici strumentali. Il medico legale non consiglierà, quindi, al danneggiato di sottoporsi ad un accertamento strumentale. Pertanto, è evidente che, sottraendo al procedimento di constatazione e valutazione del danno le attività indefettibili previste dal legislatore, il risultato risarcitorio non potrà essere uguale a quello che scaturisce dal procedimento di constatazione e valutazione del danno seguito da un legale. L'eventuale accettazione dell'offerta da parte del danneggiato non significa che rispecchi “la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno” (art. 9 D.P.R. n. 254/2006).
Sussiste, quindi, una lacuna normativa: il consenso informato, in assenza di informazioni chiare e consapevoli, non è consenso consapevole. Il danneggiato risarcito sarà sempre un deceptus, in quanto, in ambito di risarcimento ottenuto dall'assicuratore, in assenza di avvocato, non esiste una norma che preveda l'obbligo di far sottoscrivere al danneggiato il consenso informato. In assenza di consenso informato, la prassi conosce transazioni sottoscritte da ignari danneggiati che non corrispondono ai loro diritti esigibili ed esigenti. In ambito medico, il diritto al consenso informato è prestazione del tutto autonoma dall'intervento (Cass. Civ. Sez. III 13 febbraio 2015 n. 2854; Cassazione civile, sez. III, 22/03/2013 n. 7269), configurabile anche in assenza di un danno alla salute (Cass. Civ. Sez. III 8 maggio 2015 n. 9331), richiesto anche in caso di rischio minimale (Cassazione Civile Sezione III 19 settembre 2014 n. 19731), completo ed esaustivo (Cass. Civ. Sez. III 11 dicembre 2013 n. 27751; Cass. Civ. Sez. III 24 ottobre 2013 n. 24109; Cass. Civ. Sez. III 12 settembre 2013 n. 20904; Cass. Civ. Sez. III 20 agosto 2013 n. 19220; Cass. Civ. Sez. III 31 luglio 2013 n. 18334; Cass. Civ. Sez. III 04 giugno 2013 n. 14024; Cass. Civ. Sez. III 16 maggio 2013 n. 11950; Cass. Civ. Sez. III 22 marzo 2013 n. 7269; Cass. Civ. Sez. III 19 febbraio 2013 n. 4030; Cass. Civ. Sez. III 29 novembre 2012 n. 21235; Cass. Civ. Sez. III 27 novembre 2012 n. 20984; Cass. Civ. Sez. III 21 settembre 2012 n. 16047; Cass. Civ. Sez. III 28 luglio 2011 n. 16543; Cass. Civ. Sez. III 30 marzo 2011 n. 7237; Cass. Civ. Sez. III 09 dicembre 2010 n. 24853; Cass. Civ. Sez. III 02 luglio 2010 n. 15698; Cass. Civ. Sez. III 02 febbraio 2010 n. 2354; Cass. Civ. Sez. III 29 settembre 2009 n. 20806; Cass. Civ. Sez. III 11 maggio 2009 n. 10741; Cass. Civ. Sez. III 08 ottobre 2008 n. 24791; Cass. Civ. Sez. III 28 novembre 2007 n. 24742; Cass. Civ. Sez. III 14 marzo 2006 n. 5444), prescindente dalla correttezza del trattamento (Cass. Civ. Sez. III 11 dicembre 2013 n. 27751).
La legge prevede un modulo contenente tutte le informazioni assunte (Cass. Civ. Sez. III 31 luglio 2013 n. 18334), mai generico (Cass. Civ. Sez. III 09 dicembre 2010 n. 24853; Cass. Civ. Sez. III 08 ottobre 2008 n. 24791), né presunto (Cass. Civ. Sez. III 29 settembre 2009 n. 20806), non potendo sussistere un consenso tacito per facta concludentia (Cass. Civ. Sez. III 27 novembre 2012 n. 20984). In ambito bancario, vigono severissime norme in ambito di consenso informato sui prodotti di investimento, ex artt. 23 del d.lgs. n. 58/98 e 30 del regolamento Consob n. 11522 del 1998, art. 21 I comma lett. a) d. lgs. n. 58/1998, art. 21 I comma lett. b) d. lgs 58/1998, art. 28 comma II Reg. Consob n. 11522/1998: l’informazione deve essere adeguata; nello stesso codice delle assicurazioni compare una norma, l'art. 178, in ambito di assicurazioni sulla vita, la quale prescrive che l’assicuratore è onerato della prova di aver gestito il capitale versato a titolo di premio con la diligenza richiesta dalla specifica attività, tipica dell’intermediatore finanziario. Norma di riferimento è, poi, l’art. 23, d. lgs. 58/1998, la quale crea uno scudo di protezione a beneficio dei contraenti in posizione negoziale debole come quella dei risparmiatori-investitori. E' strano, quindi, come il frettoloso dettato legislativo della legge sull'indennizzo diretto non preveda alcuna premura di tal guisa, in ambito di indennizzo diretto.
Senza un consenso consapevole, non vi potrà essere una giusta transazione. Senza assistenza, quella chiara e consapevole dell'avvocato, il danneggiato non otterrà un giusto risarcimento.
Queste le ragioni perché il Supremo Collegio aveva già statuito che “il contraddittorio fra le parti [...] inizia con la spedizione della lettera raccomandata […] per garantire già in questa prima fase la regolarità del contraddittorio” (Cass. Civ. Sez. III 2 febbraio 2006 n. 2275; Cass. Civ. Sez. III 31 maggio 2005 n. 11606).
Di Carmine Lattarulo