POLIZIA LOCALE: QUELL'INSOSTENIBILE “INCERTEZZA” DELL'ESSERE
Dal Dipartimento della P.S. due circolari di segno opposto sull'impiego dei vigili ai seggi: è la dimostrazione dell'indeterminatezza che regna sul ruolo della Polizia Locale il che dimostra che la riforma non si può più rimandare
Se prima poteva sembrare una rivendicazione corporativa, ora è chiaro che si tratta di una necessità d'interesse collettivo. Al centro del problema polizia locale: 65 mila uomini, in divisa e armati, rappresentano un presidio di sicurezza, o anche no? Possono indagare sui reati ed arrestare i malfattori, o anche no? Costituiscono una forza di polizia a pieno titolo? oppure no, o forse sì, o meglio chi lo sa? Insomma l'unica cosa certa è la grande incertezza che genera un ossimoro: abbiamo operatori della sicurezza insicuri (del proprio ruolo, intendiamo) e cosa ci può essere di peggio per loro ed anche per i cittadini?
A riaprire la questione è stata una circolare, anzi due, legate insieme da un elastico, emanate dal Viminale in occasione delle consultazioni referendarie: la prima del 5 aprile escludeva i vigili dai servizi di ordine e sicurezza ai seggi elettorali, l'altra datata 13 aprile, spiegava che «le problematiche amministrative» (negli otto giorno intercorsi) erano state superate e la polizia municipale poteva essere riammessa ai seggi, riprendendo peraltro quei servizi di vigilanza che già svolgeva più o meno da quando fu proclamata la Repubblica. Ora se a dichiarare tanta incertezza amministrativa è l'organo supremo di coordinamento delle forze di polizia, è evidente che una legge che mandi in soffitta il vecchio, ma tutt'ora vigente, ordinamento della polizia municipale (legge n.65/1986) non è più procrastinabile. E non perché a seguito della circolare del 5 aprile la categoria degli agenti si è sollevata, decisa a far sentire la propria voce, ma piuttosto perché la gente – in un contesto urbano che non è più quello di trent'anni fa – oggi vede la polizia locale come la vera polizia di prossimità. Non vanno ai seggi – anzi sì – ma le loro pattuglie sono inserite nei piani provinciali di controllo del territorio e intervengono sugli allarmi. Partecipano ai servizi di ordine pubblico e quando si mette male nei tafferugli non è che gli ultras si mettono a distinguere tra le diverse divise. Fanno servizi congiunti con polizia di Stato e carabinieri, ma se poi si fanno male a loro non è riconosciuta l'infermità per causa di servizio. Sull'estensione dei loro poteri investigativi si discute, ma sono quelli che intervengono più spesso, in città, sulla scena dei crimini stradali oggi puniti fino a 18 anni di carcere con la nuova norma sull'omicidio stradale.
Non è che i tentativi di riforma negli anni siano mancati: nella scorsa legislatura una proposta di legge bipartisan (Barbolini-Saia), nonostante tanta trasversalità è naufragata nelle acque parlamentari e non ha visto la luce. Qualche mese fa la Regione Lombardia ha dichiarato di voler raccogliere il consenso di altre cinque Regioni per presentare una nuova proposta di riforma al Governo. I punti sono: la definizione chiara dei compiti delle polizie locali e adeguamento di funzioni, qualifiche e strutture dei Comandi; la creazione di un contratto di lavoro autonomo rispetto a quello della pubblica amministrazione, assimilabile al comparto sicurezza e con profili previdenziali e assistenziali equiparati a quelli delle forze dell’ordine; la possibilità per gli agenti di polizia locale di avere accesso alle banche dati del sistema di indagine gestito dal Ministero dell’Interno (SDI), al sistema automatizzato di identificazione delle impronte (AFIS) e allo schedario Schengen; il superamento degli attuali limiti spazio-temporali della qualifica di polizia giudiziaria, formazione obbligatoria in ingresso e ricorrente nel corso di tutta l’attività lavorativa, con esercitazioni operative congiunte alle Forze di Polizia dello Stato e altri operatori pubblici della sicurezza; il riordino della dirigenza interna della polizia locale in base alla normativa in vigore per le Forze di polizia ad ordinamento civile, e conseguente inapplicabilità delle disposizioni relative all’assunzione di dirigenti provenienti da altre amministrazioni a tempo determinato, ovvero a contratto; il porto dell'arma anche fuori dall’ambito territoriale dell’ente di appartenenza.
Tutte cose che potrebbero essere approvate subito, senza aspettare l'iniziativa legislativa delle Regioni, se solo fossero inserite nel decreto legge sulla sicurezza urbana attualmente in gestazione presso il Governo. Le riforme si possono fare, o anche no, ma attenzione: non sono solo i vigili a chiederle, è un contesto urbano che reclama la sua polizia di prossimità.
* Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna
e Consigliere Nazionale ASAPS
ORA A BOCCE REFERENDARIE FERME, DICIAMO LA NOSTRA SULL'IMPIEGO DELLA POLIZIA LOCALE, CHE A QUESTO PUNTO HA BISOGNO DI UNA RIFORMA URGENTE. ANZI NE ABBIAMO BISOGNO TUTTI NOI. ALCUNE MODIFICHE CHE ELENCHIAMO POTREBBERO ESSERE GIA' INSERITE NELLA PROSSIMA LEGGE SULLA SICUREZZA URBANA CHE STA PREPARANDO IL GOVERNO.
IN QUESTO ARTICOLO DEL NOSTRO UGO TERRACCIANO E' RIASSUNTA EFFICACEMENTE LA POSIZIONE DELL'ASAPS (gb)