da Altalex La restituzione dei punti della patente e l’impugnazione dell’atto amministrativo Articolo di Giacomo Cresci ed Erika Tosatti 05.03.2005 Una sanzione che colpisce l’individuo in uno dei più importanti diritti della personalità quale la libertà personale e di circolazione, ben può essere considerata alla stregua di una “pena”, anche perché i suoi effetti non si esauriscono in un arco temporale ben definito ma si protraggono a lungo, potendo addirittura aggravarsi in conseguenza di ulteriore sanzione comminata sulla base della medesima disposizione oggi caducata dall’ordinamento. |
RESTITUZIONE PUNTI E IMPUGNAZIONE ATTO AMMINISTRATIVO ******* di Giacomo Cresci ed Erika Tosatti (Nota a Sentenza T.A.R Toscana, I^ Sez., 23.02.2005, n. 874)
Con la declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 126-bis, comma 2, del Nuovo Codice della Strada, nel testo vigente a seguito delle recenti modifiche introdotte con D.L. n. 151/2003, convertito nella legge n. 214/2003, si è aperto il dibattito sull’efficacia retroattiva della pronuncia della Corte Costituzionale. La sentenza emessa pochi giorni fa dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana fornisce un importante contributo per un’attenta valutazione degli effetti caducatori della disposizione censurata, alla luce del principio generale d’intangibilità dell’atto amministrativo consolidatosi per decorso dei termini. La questione più controversa e dibattuta riguarda la possibilità di estendere il principio di diritto espresso dalla Consulta ad ogni provvedimento di decurtazione del punteggio, emanato nei confronti del mero proprietario del veicolo. Infatti, non può essere sottovalutata l’estrema difficoltà nel superare la preclusione delle cosiddette “situazioni già consolidate”, ovvero quei rapporti i cui effetti si siano cristallizzati per decorso dei termini utili all’impugnazione dell’atto, anche in considerazione dell’oggettiva complessità nella costruzione di una solida teoria interpretativa che, invocando l’applicabilità dell’art. 30, comma 4, legge n. 87/1953, miri alla declaratoria di cessazione e cancellazione degli effetti pregiudizievoli medio tempore prodottisi nella sfera privata per effetto dell’avvenuta decurtazione. In questo senso, oltre la natura personale della sanzione, ciò che potrebbe giustificare l’applicazione incondizionata del principio di retroattività della sentenza è il connotato di afflittività progressiva che incorpora il provvedimento di decurtazione del punteggio. Una sanzione che colpisce l’individuo in uno dei più importanti diritti della personalità quale la libertà personale e di circolazione, ben può essere considerata alla stregua di una “pena”, anche perché i suoi effetti non si esauriscono in un arco temporale ben definito ma si protraggono a lungo, potendo addirittura aggravarsi in conseguenza di ulteriore sanzione comminata sulla base della medesima disposizione oggi caducata dall’ordinamento. Da una tale ricostruzione potrebbe essere sostenuto come soltanto attraverso una retroattività piena sia possibile eliminare ogni illegittimo pregiudizio arrecato dall’avvenuta decurtazione, poiché in caso contrario a fronte dell’impossibilità nell’esercizio dell’impugnativa volta all’annullamento dell’atto si vedrebbe ingiustamente protratta a tempo indeterminato una lesione di un diritto fondamentale dell’individuo, pur nella consapevolezza dell’illegittimità del precetto che ne è all’origine. All’interno di tale dibattito, è proprio la pronuncia del T.A.R Toscana che fornisce uno spunto molto importante per superare le difficoltà e gli ostacoli sopra richiamati. Se è pur vero, infatti, che nel procedimento di contestazione di violazione al Codice della Strada l’atto presupposto è rappresentato dal verbale di accertamento, tuttavia è notorio come in ipotesi di sanzioni accessorie (qual è la decurtazione dei punti) l’Amministrazione dà esecuzione alla misura mediante emanazione di ulteriore e diverso atto, che al pari del primo deve essere ritualmente notificato al destinatario. Conseguentemente, in ipotesi di decurtazione dei punti al proprietario solidalmente responsabile, ai fini della tempestiva impugnazione dell’atto non potrà farsi riferimento unicamente al verbale emesso dall’Organo accertatore, dovendo la P.A. comunicare all’interessato, con provvedimento espresso ed autonomo, l’avvenuta esecuzione della sanzione accessoria mediante variazione del punteggio, così come risultante dalla certificazione dell’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. E’ pertanto solo a far data dalla notifica di tale provvedimento che decorreranno i termini per impugnare la variazione in pejus del punteggio sulla patente, unilateralmente disposta dalla P.A. sulla base di una disposizione normativa caducata dall’ordinamento a seguito della sentenza della Corte Costituzionale. In questo senso, dunque, la dichiarazione d’illegittimità costituzionale è idonea ad avere effetto retroattivo in quanto il rapporto giuridico del quale si controverte non può dirsi esaurito per mancata impugnazione del verbale di accertamento o, addirittura, per avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria principale, dovendosi fare riferimento all’atto amministrativo con cui si comunica all’interessato l’avvenuta applicazione (quand’anche automatica ed interna alla P.A.) della diversa sanzione accessoria. Né potrebbe fondatamente essere sollevata obiezione circa la natura non sanzionatoria del richiamato provvedimento, in quanto l’atto con cui si comunica una misura personale affittiva non può che essere qualificato come pregiudizievole per il suo destinatario, con ogni logica conseguenza in merito all’obbligo di formale notificazione, conclusione del procedimento e termine per l’impugnazione. |