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In
libreria l’ultima fatica di Barbara Bonanni, poliziotta scrittrice.
Racconta con semplicità, i suoi anni da testimone della
strage stradale.
C’è stata un’edizione del celebre Premio Tenco,
a Sanremo, in cui il cantante Francesco Guccini si trovò
a dover interpretare la celebre “luci a San Siro” di
Roberto Vecchioni.
E prima di cominciare disse, “maledizione, perché
non l’ho scritta io?”.
Ecco, il libro di Barbara Bonanni, giovane sovrintendente della
Polizia Stradale di Pisa, suscita proprio questo sentimento in
chi fa il suo stesso lavoro, con la sua stessa passione.
La prefazione di Giovanni Galli, celebre portierone nazionale
e padre di Niccolò, scomparso in un terribile incidente,
introduce ad una serie di racconti, scritti semplici, stringati.
Oseremmo dire, nudi e crudi, senza vezzi di retorica o fronzoli
di ipocrisia. È, del resto, lo stile di Barbara, che noi
ormai conosciamo bene, e che verbalizza, con semplicità,
ma con straordinaria efficacia, il suo archivio di esperienze.
Ci sono vite spezzate da quell’istante fatale, sguardi persi
di fidanzati in attesa nel distaccamento, verità forse
anche inattese, ma comunque giuste a dirsi, perché tali.
Da leggere, senz’altro, anche tutto d‚un fiato, perché
di sicuro resterà a lungo nei nostri pensieri.
Molto di più di tante scuse che ci vengono rifilate ogni
giorno, mentre facciamo il nostro lavoro.
Barbara ha voluto dedicare il suo libro alle prime due donne della
Polizia Stradale cadute in servizio: Sabrina Pagliarani e Ilaria
Maria Leandri.
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