L’ECO DI BERGAMO
Alcol, la sbornia del sabato sera
Il Sert: da bambini il primo assaggio in famiglia, da ragazzi l’emergenza
è il fine settimana con gli amici Dieci giovani ogni 100 si ubriacano
almeno due volte al mese. Sempre più numerose le donne bevitrici
«Il consumo dell’alcol in generale si sta
abbassando, e non di poco, ma aumenta costantemente nei giovani, e
giovanissimi, e nelle donne». Parte da questa riflessione Andrea Noventa,
referente dell’Unità operativa Prevenzione del Sert di Bergamo, per
illustrare il problema dell’uso e abuso dell’alcol in relazione ai giovani
nella Bergamasca: si abbassa l’età di «iniziazione», si alza il numero dei
ragazzi e delle ragazze che fanno uso di alcolici e superalcolici con una
certa frequenza.
Gli alcolisti nella Bergamasca sono circa 10 mila. «Il problema –
evidenzia Noventa – è che sono ancora pochissimi quelli che si rivolgono
alle Asl o ai gruppi di auto-mutuo-aiuto anche per una semplice
consulenza». Il motivo? «Lo stereotipo culturale dell’alcolista: uomo di
mezza età che sviluppa una malattia cronica. Sarebbe necessario fare un
passo indietro e considerare l’alcol uno stile di vita da correggere,
prima che una malattia da curare». Anche perché il 6% è formato da giovani
sotto i 30 anni.
ALCOL E GIOVANI «A partire dalla metà
degli anni ’90 – spiega Noventa – si assiste a una diminuzione del consumo
alcolico pro capite, soprattutto nei maschi adulti abituati a bere molto,
mentre vi è un incremento del consumo di bevande alcoliche particolarmente
tra i giovani, i giovanissimi e le donne. Basti pensare che l’alcol è la
prima causa di morte nella popolazione giovanile europea. Tra i ragazzi di
età compresa tra i 15 e i 29 anni un decesso su quattro è dovuto al
consumo di alcol e alle sue conseguenze: incidenti automobilistici,
avvelenamenti, suicidi, omicidi».
Non esistono dati di questo tipo riguardanti, nello specifico, la
provincia di Bergamo, ma, fa notare Noventa, «uno dei fattori più
importanti associati all’uso di alcolici nei giovani, l’età, nella
Bergamasca è particolarmente significativo. Da noi i ragazzi si avvicinano
all’alcol mediamente già a partire dagli 8 anni».
A livello nazionale la media sale a 12. «Stiamo parlando del primo
contatto con le bevande alcoliche, che avviene per lo più in famiglia. Il
consumo si stabilizza intorno ai 17 o 18 anni, quando si assiste a un
incremento notevole in termini di quantità e frequenza, il che indica una
correlazione positiva tra età e consumo». In altre parole: si beve di più
e più spesso. E lontano dal contesto familiare.
«I giovani imparano a bere in famiglia, ma successivamente fanno uso di
alcolici lontano da casa: nei luoghi di divertimento, al lavoro, a scuola.
Anche se – precisa Noventa – è in genere la famiglia che, successivamente,
individua per prima il problema». Per prima, ma troppo tardi. «Rientriamo
in un sistema che non ci permette di individuare facilmente i segnali del
problema. La famiglia non è in grado di decodificare i comportamenti,
finché non ci sono dei segnali molto forti: un incidente, una violenza».
DAL BICCHIERE QUOTIDIANO ALL’ECCESSO DEL SABATO SERA «C’è stato un
significativo cambiamento nelle modalità di assunzione delle bevande
alcoliche – specifica il referente del Sert –. Anni fa si beveva ogni
giorno in quantità moderata, a tavola e per lo più vino. Ora i giovani
bevono episodicamente, nel fine settimana, ma in quantità maggiori.
Consumano birra, vino e, nella provincia di Bergamo in particolare,
superalcolici».
Questo cambiamento si lega a una nuova ricerca dell’ebbrezza. «Prima
l’ubriacatura era un esito del bere. Ora è la finalità: bevo per
ubriacarmi». E le conseguenze? «È diversamente rischioso: il "vecchio
modo" portava più facilmente a sviluppare malattie croniche. Il bere
saltuario porta a conseguenze invece "acute": la tolleranza va a sbalzi,
si è più esposti a intossicazioni alcoliche e, quindi, aumentano gli
incidenti stradali, le violenze sessuali, le risse nei locali».
Nella fase iniziale. «Poi – prosegue l’esperto – più si procede con gli
anni e più c’è la possibilità che la "bevuta" del fine settimana si
estenda agli altri giorni, sviluppando anche una dipendenza fisica». È
difficile fornire dati reali. «A ogni modo – aggiunge Noventa – la
percentuale di giovani che ricercano l’ebbrezza con una certa frequenza,
diciamo almeno due volte al mese, va dal 4 al 10%. E il 2% sviluppa una
dipendenza fisica».
ALCOL E GUIDA «Quasi la metà degli incidenti stradali è provocato
da persone che hanno fatto abuso di alcol – osserva Noventa –. E spesso ci
sono giovani al volante». I numeri parlano di 8.000 morti sulle strade in
un solo anno in Italia (in pratica uno ogni ora, sei volte le vittime che
perdono la vita sul lavoro, tre volte quelle delle Torri gemelle), di 150
mila disabili e di 300 mila feriti per incidenti alla guida. Delle 8.000
vittime della strada, oltre 100 sono bambini, duemila i ragazzi compresi
tra i 12 e i 24 anni. «In media – spiega – un incidente su due è provocato
da persone che fanno uso, e abuso, di alcolici più che di droghe.(*)
Quando, oltre a questo, si aggiunge l’utilizzo di sostanze stupefacenti e
ci si mette al volante, le possibilità di avere un incidente con la
propria auto sono altissime. È quasi una certezza. Paradossalmente, è più
probabile causare o rimanere vittime di un incidente che arrivare a casa
sani e salvi».
Nessuna alternativa: o non si beve, o non si guida. «Dobbiamo pensare –
osserva Noventa – che con lo 0,5 di tasso alcolico, il limite massimo
previsto dalla legge, si ha già il doppio delle possibilità in più di
avere un incidente stradale, che arrivano addirittura a 25 quando
l’etilometro segna l’1,5 di tasso. Non c’è un aumento proporzionale. Si
sale a picco. Il messaggio deve arrivare chiaro: quando si guida non si
deve bere». Tanto più quando una serie di circostanze può accrescere il
pericolo. «La notte, la stanchezza, la presenza di altre persone a bordo
in condizioni diciamo critiche sono tutti fattori che influiscono a
prescindere dall’abilità dell’autista».
ALCOL E DONNE «Anche il bere fra le donne giovani sta cambiando –
aggiunge Noventa –. Le ragazze tendono sempre di più a bere come i
ragazzi, anche se le conseguenze fisiche per loro sono molto più pesanti.
Le donne sviluppano prima la dipendenza e sopportano meno l’alcol. Le
conseguenze di 15 anni di alcolismo per una donna sono le stesse di trent’anni
per un uomo».
Attualmente, per quanto riguarda gli alcolisti che si rivolgono al Sert,
c’è un rapporto di una donna ogni tre uomini. «Fra cinque anni,
probabilmente si arriverà alla pari. Di recente abbiamo realizzato
un’indagine in un istituto scolastico della provincia: su cento ragazzi,
solo otto si sono dichiarati astemi. La metà erano ragazze».
PREVENIRE È MEGLIO CHE CURARE Ci si rivolge alle Asl o ai gruppi si
auto-mutuo-aiuto ancora troppo tardi. «Sono pochissimi i giovani che
chiedono aiuto di loro iniziativa. Arrivano al Sert o perché spinti dalla
famiglia o perché "costretti" dalla Commissione patenti – conclude Noventa
– e solitamente ci si decide quando è troppo tardi, quando lo stile di
vita sbagliato è già diventato malattia».
Maddalena Berbenni
(*) Nota: ogni "uso" di alcol (così come di droghe illegali) prima di
guidare è già di per sè un "abuso".
Utilizzare la parola "abuso" è pericoloso, perchè potrebbe far passare il
messaggio che ci possa essere un uso corretto di alcol prima di guidare.
Il messaggio è quello riportato dopo: "o non si beve, o non si guida".
L’ECO DI BERGAMO
«Così diventavo aggressivo e litigavo con tutti»
Michele (ma in realtà non si chiama così) ha
31 anni e da cinque mesi frequenta il Club alcolisti in trattamento (Cat)
di Dalmine. «Ero arrivato a un punto che bevevo troppo». Stop. Inizia così
la sua storia, con una frase che vale un po’ per tutti quelli che cercano
di venirne fuori.
«Ho iniziato a 14, forse 15 anni – racconta –. Il vino fa buon sangue, si
dice, no? E così inizi con il primo bicchiere, innocentemente, come
avviene in quasi tutte le famiglie». Michele fa il muratore, «ma il lavoro
non c’entra. Non beve quasi nessuno dove lavoro io. Per me ha giocato
molto la timidezza. Quando si usciva con gli amici bevevo per cercare di
essere più brillante con le ragazze. Prima era una volta al mese, poi il
fine settimana e alla fine anche gli altri giorni». Lui, però, si è
fermato un passo prima. «Quando ho deciso di smettere – prosegue – non mi
sentivo ancora dipendente. Non ero ancora arrivato al punto di alzarmi la
mattina e di attaccarmi alla bottiglia, anche se ora mi rendo conto che
tante volte bevevo anche quando non ne avevo voglia».
Michele non ha più toccato una bevanda alcolica dall’agosto scorso. «Una
mattina, dopo l’ennesima sbornia, mio padre mi ha spinto a rivolgermi al
club degli alcolisti in trattamento. È difficile, anche dopo quasi sei
mesi. Insomma, quando sei in giro con gli amici e tutti bevono non è
semplice, come a Capodanno. Sono tornati i miei problemi di timidezza, ma,
d’altro canto, ho perso alcuni atteggiamenti che mi stavano portando a
perdere gli amici e le persone che mi stavano vicino. Quando bevevo
diventavo aggressivo e finivo sempre per litigare con qualcuno. La mattina
chiamavo per sapere con chi avevo discusso la sera prima, perché non
ricordavo nulla di ciò che avevo fatto».
E ora? «Ora è cambiato anche il mio rapporto con gli amici: mi sostengono.
All’inizio restavano un po’ perplessi quando non bevevo, ma lo hanno
accettato bene, anche se molti di loro non sanno che frequento il Cat».
La famiglia gioca un ruolo importante. «Dopo un paio di mesi da quando ho
iniziato a seguire il club, se non fosse stato per il sostegno, anzi per
la partecipazione della mia famiglia, con ogni probabilità non ce l’avrei
fatta. Non è un impegno da poco frequentare gli incontri, parlare dei tuoi
problemi e ascoltare quelli degli altri». Qual è il problema più grosso
legato al consumo dell’alcol da parte dei giovani? «Credo che sia la
mancanza di informazione. Se ne dovrebbe parlare di più, a partire dalle
scuole».
M. B.
VINEALIA.ORG
Il futuro del vino italiano secondo Agivi
Il 22 gennaio forum dei giovani imprenditori del vino
Mai quanto in questi ultimi tempi il mondo del vino si interroga su come
reagire in un momento in cui molti mercati stanno segnando il passo. Ma
cosa fa realmente il settore per superare le difficoltà? Quali possibilità
vi sono per rendere davvero vincente la nostra produzione enologica in uno
scenario internazionale sempre più competitivo? Per conquistare il mercato
in modo duraturo, le aziende italiane dovranno superare gli individualismi
ed iniziare a lavorare assieme per preservare e valorizzare il patrimonio
di vitigni autoctoni che costituiscono la ricchezza del nostro Paese. Una
possibile risposta potrebbe venire dalla comunicazione, che da spontanea e
"individualista" dovrà necessariamente divenire integrata, adottando anche
i moderni strumenti del marketing per promuovere il territorio. Questa è
divenuta oggi essenziale per vendere il vino, perché fare un prodotto
"BUONO NON BASTA". Proprio su questo tema si interrogherà il 22 gennaio
Agivi, Associazione giovani della Unione italiana vini, ovvero le nuove
generazioni della enologia nazionale che hanno già capito l’importanza di
"fare sistema" e di trovare una comunicazione collettiva per il vigneto
Italia. Oggi Agivi riunisce 110 giovani imprenditori tra i 18 ed i 40
anni, a capo di aziende che rappresentano ben 14mila ettari di vigneto
specializzato nelle zone più vocate d’Italia, dal Piemonte alla Sicilia.
Gli iscritti credono nel valore dell’associazione e per questo motivo, sin
dalla sua nascita, Agivi si riunisce periodicamente per riflettere su
problematiche di attualità. tema del prossimo Forum, che si svolgerà a
Cortina il 22 gennaio alle ore 15.00 presso l’Hotel Ancora, sarà appunto
"Buono non basta: quale comunicazione per il Vigneto Italia". Obiettivo
dell’incontro, evitare la retorica e offrire ai soci e all’intero settore
alcuni spunti di riflessione utili. Con spirito critico ed onestà, il
Forum chiamerà al tavolo dei relatori personaggi che hanno fatto la storia
della comunicazione in settori anche molto diversi da quello del vino, con
l’obiettivo di cercare risposte, confronto e qualche provocazione.
Agivi si è fatta conoscere per la capacità di comunicare ai consumatori
coetanei, i giovani under 40, grazie all’adozione di un linguaggio moderno
e a un approccio informale e dinamico. In occasione del forum non poteva
quindi mancare un momento di incontro con il pubblico: il 22 gennaio alle
ore 16 presso l’Hotel Ancora la città di Cortina ospiterà il wine bar del
bere giovane, dove i nuovi volti del vino italiano, ragazzi come loro, li
accompagneranno alla scoperta dei vitigni, della storia e della cultura
enologica.
L’UNIONE SARDA (Cagliari)
Si spara ma sbaglia bersaglio
Probabilmente in preda ai fumi dell’alcol,
ha tentato di togliersi la vita sparandosi alla testa un colpo di pistola
ma ha sbagliato mira e il proiettile è andato a vuoto, conficcandosi nel
muro. Bloccato dai colleghi di lavoro, è stato soccorso dai medici del
118: sul posto è anche intervenuta una pattuglia della Squadra volante.
Tutto è accaduto ieri mattina nel deposito della Ctm di viale Ciusa:
secondo la prima ricostruzione della polizia l’uomo, un operaio addetto ai
servizi di manutenzione che da tempo soffre di problemi di depressione,
mentre stava lavorando in un locale del deposito dei bus, ha estratto una
pistola e ha minacciato di uccidersi. L’ha fatto di fronte allo sguardo
stupefatto e impaurito degli autisti del Ctm, che stavano aspettando di
prendere servizio, ma non è riuscito nel suo intento: il colpo è andato a
vuoto e si è conficcato nel muro. C’è stato un attimo di tensione ma
quando i colleghi hanno capito che il proiettile non l’aveva colpito si
sono avventati sull’uomo e l’hanno immobilizzato: hanno chiamato
un’ambulanza del 118 e dopo pochi minuti sono anche arrivati gli agenti
della Squadra volante. (ale. t.)
L’ADIGE
Bevo, dunque sono
di UMBERTO FOLENA
Dimmi come fai festa, e ti dirò chi sei. A
costo di non riuscire a dire quasi nulla, alla fine, e di restare muto con
le tue domande. Dimmelo anche oggi, il dì dell´Epifania che tutte le feste
se le porta via, ma lasciandoci qualche pensiero e mal di capo.
Prendiamo la festa di noi trentini. Le cronache nude e infreddolite
riferiscono del Capodanno quanto segue. Alcune migliaia di giovani in
piazza Fiera; almeno sette su dieci con una bottiglia in mano, da scolare
a garganella in alticcia compagnia. Tanti, tantissimi: che cosa gli
passava per il capo?
nello stesso momento milleduecento trentini, tra cui una consistente quota
di giovani, scalavano il calisio dietro l´arcivescovo: pare che così tanti
non fossero mai stati, neanche nei secoli passati. d´accordo, il tempo era
benevolo, freddino ma asciutto. eppure restano tanti, tantissimi: che cosa
gli passava per il capo? sempre nello stesso tempo, una quarantina di
giovani si trovavano a sarajevo a dare una mano in orfanotrofio. pochi in
assoluto, tantissimi se si pensa alla radicalità della scelta: che cosa
gli passava per il capo?
Cose simili accadevano, e sono già accadute in passato, in tante altre
città italiane. per non dire dei giovani trentini, la maggioranza, che non
erano né in piazza fiera né sul calisio né a sarajevo ma stavano compiendo
scelte simili. i giovani sono tanti e diversi. un arcipelago, forse; certo
non un continente. alcuni fanno piccolo cabotaggio da un´isola all´altra.
non è escluso che qualche giovane con bottiglia d´ordinanza lo ritroveremo
magari a colonia la prossima estate alla giornata mondiale della gioventù,
perché invitato da un amico, perché all´inseguimento d´una ragazza, perché
incuriosito da una kermesse gigantesca con centinaia di migliaia di
giovani di tutto il mondo, perché nauseato dalla bottiglia, o anche perché
le appartenenze, nel duemila, sono cose complesse, non come negli anni
settanta quando eri o autonomo o fascista, o alternativo o figlio di papà,
senza vie di mezzo, e il travaso era un trauma epocale. così le isole
comunicano, a volte. altre volte no, gruppi di giovani diversi
difficilmente comprendono i linguaggi reciproci, e preferiscono - o sono
condannati a - ignorarsi.
per questo è impossibile esordire come fanno certi deejay o cantanti
supponenti: «i giovani dicono... i giovani pensano...». che cavolo ne
sanno? credono di conoscerne i più intimi tormenti e le più segrete
aspirazioni solo perché li fanno ballare e sballare in discoteca, o perché
li vedono cantare in coro una loro canzone. i giovani restano un mistero a
loro stessi. anche nei loro modi così dissimili di fare festa.
ci vorrebbe un semiologo. forse ci suggerirebbe che la bottiglia brandita
in mano, ciascuno la sua, è come la lattina di birra esibita fuori del pub
in occasione dell´happy hour, che spesso si sfarina in crazy night. la
bottiglia va tenuta in mano ma ben sollevata, quasi brandita. va esibita,
non nascosta. assume così una funzione totemica, è cioè un oggetto al
quale viene attribuito un significato simbolico nel quale il gruppo si
riconosce e nel quale ripone, almeno in parte, la propria identità. è un
po´ come una bandiera o un distintivo, il cappello degli alpini o il
giubbotto di cuoio nero dei motociclisti o la sciarpa dei tifosi. non
bevono per gioia e con raziocinio? no, bevono perché il rito prevede che
il totem vada scolato. odore e sapore sono del tutto secondari. l´esigenza
profonda, raramente consapevole, è l´identità. è la risposta alla domanda:
chi sono io?
e i giovani sul calisio o a sarajevo? le loro motivazioni hanno infinite
sfumature, ma in generale non sono diversi da quanti, dieci venti trent´anni
fa, avvertivano un vuoto da riempire e cercavano significati forti: in una
fede, in un´idea, in un´amicizia non banale, in qualcosa di durevole e non
transitorio. danno diverse risposte alla stessa domanda d´identità: chi
sono io? ma incasellare questi, e quegli altri, è impossibile. e sciocco
sarebbe stilare classifiche, con i buoni e i cattivi, gli educati e i
maleducati. tutti noi abbiamo le nostre simpatie, perché negarlo? ma non
ci devono impedire di affermare l´evidenza: tutti, assolutamente tutti,
sono giovani trentini, figli nostri. e tutti assieme vanno presi, senza
esclusioni. e accanto a tutti viviamo e facciamo società.
LA SICILIA (Siracusa)
BARBONI E UBRIACHI. Le istituzioni fanno poco per eliminare il «disagio».
L’impegno di Msf
Soli e al freddo ai Villini
veronica tomassini
Sono lo spot amaro di una nuova povertà.
Sono una ventina, o molti di più, non è facile quantificare, i
protagonisti di questa storia di inizio anno (ma nota, altroché, da tempo
immemorabile), che non sono solo stranieri, se il dato può interessare. La
location è sempre la stessa, i Villini, il parco pubblico in via Foro
Siracusano. In passato balzato agli onori della cronaca per fatti di
violenza, come ricettacolo di balordi, quale verificabile e misteriosa
tana del lupo. Tre accezioni che hanno demarcato il confine e la
prerogativa di abbandono. Di questa area verde, senza luce la sera,
impraticabile, ne parliamo, una volta di più, utilizzando gli ultimi
riferimenti, in ordine temporale: un paio di casi, segnalati dall’equipe
di Medici senza frontiere che opera nel poliambulatorio di via Brenta.
Il primo riguarda un uomo malato di cancro, in fase terminale, costretto
ad un ciclo di cure invasive che non ha mai potuto seguire. E’ un
outsider, dorme per strada. E’ un barbone. Difficile pretendere costanza
ed igiene dal paziente che infine è sparito. Un secondo caso si affida
all’anamnesi complessa di un alcoolista, con una incipiente dermatite,
ovviamente trascurata. Stesse difficoltà d’approccio. L’uomo è
ingestibile, non ha dimora, ed è perennemente ubriaco. Dunque è alla
deriva, malgrado l’impegno, la pazienza tenace del gruppo di operatori di
Medici Senza Frontiere. «Le tearpie risultano assolutamente inutili -
afferma Cecilia Cantalice, sociologa dell’organizzazione internazionale
umanitaria, che si è insediata nel capoluogo circa un anno fa - giacché
sono incompatibili con le condizioni di vita di questa gente. Per noi è
abbastanza frustrante».
E’ necessario agire con un pronto intervento che innanzitutto, prima di
pensare al reinserimento (auspicabile per carità), si occupi di recuperare
un tetto, utile a riparare dal freddo i protagonisti dicevamo di questa
nuova povertà. Come? Realizzando un centro di accoglienza notturna di cui
a Siracusa, città multietnica e per aspirazioni molto vicina ad una
metropoli, non c’è la benché minima traccia. «Dov’è il comune? Dove sono
le istituzioni? - replica Agata Ruscica, responsabile dei Cods -. Non può
bastare all’amministrazione comunale una buona illuminazione natalizia e
un trionfo di rotonde per dormire sonni tranquilli». Il Banco Alimentare,
la catena di solidarietà che attraversa la chiesa e mette in gioco la
coscienza privata non è sufficiente a coordinare un fenomeno di tale
gravità, causa peraltro di quel teppismo sociale di cui tutti abbiamo
legittimamente timore.
Si parla con cognizione di causa, tutte le volte che si è trattato di
salvare la vita ad uno di questi poveracci la sinergia ha avuto di solito
una sola risposta: quella di padre Carlo D’Antoni. Il prete di frontiera
della parrocchia di Bosco Minniti. E’ lui che apre le porte e accoglie chi
può. Ma è un uomo, semplicemente, e da solo certo non può risolvere le
grandi cause del mondo. E poi Padre Carlo non avrebbe più letti da
offrire. Intanto dall’assessorato comunale alle Politiche Sociali si
annuncia un investimento di 335 mila Euro per la rubrica, guarda caso,
povertà ed emarginazione. In futuro potrebbe sorgere (lo si dà per certo)
un’agenzia di inclusione sociale per avviamento abitativo, formativo e
avvicinamento al lavoro, con mediatori culturali, disponibili
all’occorrenza. Non ci saranno più interventi di settore, ma azioni di
sistema, dichiara l’assessore al ramo, Alberto Chiapparino.
CORRIERE ROMAGNA
Sequestrati dieci fucili e due pistole
FORLI’ - Dopo essersi barricato in casa, minaccia di fare una strage di
poliziotti. Gli agenti sono stati costretti a scavalcare il recinto della
villetta per bloccare l’uomo, un 49enne forlivese che poco prima, ubriaco
fradicio, era sfuggito a un posto di controllo dei Vigili Urbani sul viale
dell’Appennino a Forlì. Nella sua abitazione c’erano dieci fucili e due
pistole, armi queste, che sono state sequestrate nonostante fossero
regolarmente detenute. Alla fine il 49enne forlivese è stato denunciato
per resistenza a pubblico ufficiale e omessa custodia di armi in quanto
fucili e pistole non erano stati adeguatamente sistemati in armadi chiusi
come vuole la legge che regolamenta il delicato settore. Il 49enne poi è
stato anche denunciato per guida in stato di ebbrezza. Questo perchè tutto
era iniziato, l’altro pomeriggio, proprio sulla strada quando una
pattuglia della Polizia municipale durante un posto di controllo aveva
notato un’auto zigzagare pericolosamente. Dopo l’alt intimato,
l’automobilista si era fermato e consegnato i documenti, ma poi
improvvisamente, quando aveva capito che lo avrebbero denunciato per guida
in stato di ebbrezza, era fuggito a tutta velocità continuando la sua
squilibrata corsa. I Vigili urbani con in mano i documenti dell’ubriaco si
sono messi all’inseguimento dell’automobilista che però è riuscito a
scappare proprio per le folli manovre in mezzo al traffico. Manovre che la
Polizia municipale non poteva certo eseguire per non mettere a rischio
l’incolumità delle persone. L’automobilista ha poi fatto perdere le tracce
tra il traffico di San Martino in Strada, ma in mano alla pattuglia dei
Vigili erano rimasti tutti i dati anagrafici. In pochi minuti,
interrogando il terminale sono riusciti a sapere che quell’uomo era un
collezionista di armi, quindi, si è pensato che era meglio affrontarlo con
le dovute cautele. I Vigili urbani fanno così intervenire anche le Volanti
della Polizia. In poco tempo una villetta sulle collinette della zona di
Rocca delle Caminate viene circondata da poliziotti che insistentemente
suonano alla porta senza avere nessuna risposta. Gli agenti scavalcano la
recinzione e solo a quel punto viene aperta la porta di casa una
famigliare, figlia del 49enne, che chiede spiegazioni dicendo di non
sapere nulla di quanto accaduto. Il padre era steso in un divano e si
capiva benissimo che aveva alzato il gomito. Alla vista dei poliziotti ha
dato in escandescenze minacciando persino di fare una strage con le armi
che aveva in casa. Alla fine i poliziotti sono riusciti a calmare l’uomo,
ma tutti i fucili e e le pistole sono stati portati via. Il sequestro si è
reso necessario per evitare che il 49enne, viste le condizioni in cui si
trovava, potesse in qualche modo usare quelle armi
QN QUOTIDIANO NAZIONALE
Ubriaco minaccia di far saltare in aria il bar
Terni, 6 gennaio - Si è identificato ai carabinieri di Terni come iracheno
dopo essere entrato all’interno di un bar e aver minacciato i presenti di
far saltare in aria il locale, ma in realtà era soltanto ubriaco. A
chiamare i militari del nucleo operativo e radiomobile è stato lo stesso
proprietario del negozio.
Il malvivente, che in seguito agli accertamenti fatti dai carabinieri
risulta essere un rumeno di 23 anni con svariati precedenti penali, è
entrato nel bar ed ha iniziato ad infastidire i clienti presenti fino ad
arrivare a dire di possedere dell’esplosivo con il quale avrebbe fatto
saltare in aria il locale. L’uomo, bloccato dai carabinieri, è stato
arrestato per precedenti condanne ed è stato denunciato per ubriachezza
molesta.
IL GIORNALE DI VICENZA
Si ubriaca perché vuole perdere il feto Ma viene salvata, non dovrà
abortire
È stata salvata grazie al pronto intervento di alcuni conoscenti che si
sono accorti del pericolo che stava correndo. Hanno chiesto aiuto al 118 e
la donna è stata accompagnata in ospedale: i medici l’hanno salvata. Nina
E., 32 anni, di origine moldava ma residente regolarmente in città,
qualche sera fa ha tentato di abortire. È incinta di qualche mese e - in
base a quello che ha riferito - per lei avere un bambino sarebbe stata una
tragedia. Per questo avrebbe tentato di abortire in maniera assolutamente
rischiosa, bevendo quanto più alcol riusciva e prendendo assieme dei
farmaci. Un mix che avrebbe potuto esserle fatale. Quando ormai stava
perdendo i sensi, la donna è stata soccorsa da alcuni conoscenti che hanno
chiesto aiuto.
In ospedale è stata visitata e ha subito alcuni trattamenti. Nel giro di
qualche ora si è ripresa e si è salvata. Ora starà a lei decidere se
continuare la gravidanza.
DENARO.IT
Inghilterra: alcolismo, scatta l’emergenza
L’emergenza alcolismo torna a minacciare il
Regno Unito, dove le esplosioni di violenza e le malattie direttamente
riconducibili all’eccessivo consumo di alcol sono in preoccupante aumento.
E’ quanto sostiene il Royal College of Physicians, che si è pronunciato
apertamente contro la decisione del governo di estendere, a partire da
novembre di quest’anno, l’orario di chiusura dei pub. Così, come aveva già
fatto nei giorni scorsi il capo della polizia Sir John Stevens, anche il
presidente della prestigiosa istituzione medica, il professor Ian
Gilmoreprol, sottolinea i gravi rischi per la salute pubblica qualora gli
alcolici fossero accessibili liberamente, a qualsiasi ora del giorno, e
non ristretti - come accade oggi - ad una certa fascia oraria (e comunque
non dopo le 23:00). Immaginare che i sudditi di Sua Maestà possano
d’improvviso moderare la loro attrazione per la birra - sostiene Gilmore -
è un’utopia, rischiosa soprattutto per l’inevitabile aumento di violenza
per le strade britanniche. “Rischiamo un’epidemia di problemi
riconducibili al consumo di alcol”, ha dichiarato il professore,
sostenendo che “prolungare l’orario di apertura dei pub e’ contro il buon
senso”. Il governo, secondo Gilmore, non solo dovrebbe mantenere le
attuali restrizioni di orario, ma dovrebbe rendere più difficile l’accesso
all’alcol, aumentandone il prezzo (già molto elevato). Contro la
liberalizzazione degli orari di chiusura dei pub, nei giorni giorni si era
espresso anche il capo di Scotland Yard, il quale aveva suggerito un
rilassamento delle norme graduale. Preoccupazioni condivise anche da un
consigliere del governo, Colin Drummond, docente di psichiatria al St
George’s Medical School di Londra: “Più una nazione beve e maggiori sono i
problemi. Tutto indica che per ridurre il danno, si deve limitare
l’accesso all’alcol, aumentandone il prezzo”. Ma il governo laburista per
ora sembra intenzionato a consentire una maggiore flessibilità degli
orari, nella convinzione - ha spiegato nelle scorse settimane Richard
Caborn, sottosegretario alla Cultura - che si debba intervenire sulle
cause e non sui sintomi, anche attraverso una vasta campagna di
educazione.
LA PROVINCIA DI LECCO
I dati della polizia stradale del 2004 indicano che è lo stato di ebbrezza
soprattutto tra i giovanissmi la prima causa di infrazione alla guida
Tolti settemila punti dalle patenti: colpa dell’alcol e dell’alta velocità
Oltre settemila punti sono stati tolti dalle patenti di chi ha commesso
infrazioni sul territorio provinciale da agosto del 2003 agli ultimi mesi
del 2004. Tante le patenti ritirate e parecchi punti decurtati in
particolare a causa della guida in stato d’ebbrezza, che resta una delle
maggiori cause d’incidente. 7.606 punti tolti, destinati a crescere. E se
la guida in stato d’ebbrezza è una delle prima cause di perdita di punti,
ben dieci, al secondo posto ci sono le cinture di sicurezza, ancor oggi
nonostante la continua propaganda molti non le allacciano, perché si
dimenticano o sperano di farla franca. L’alta velocità, spesso oltre i 40
chilometri orari sul limite massimo incide sui numerosi verbali stilati
dalle forze dell’ordine, in prevalenza pattugliamenti della polizia
locale, nelle ore serali ma anche di giorno lungo le strade di maggior
percorrenza. Accanto alla guida in stato d’ebbrezza sono stati rilevati
anche casi di guida sotto gli effetti di sostanze stupefacenti, che
rallentano i riflessi e creano stati confusionali, con molteplici rischi.
All’ultimo posto le infrazioni dovute all’uso del telefonino in auto,
l’auricolare e il viva voce si sono particolarmente diffusi tra gli
automobilisti. Altro dato su cui porre l’attenzione è quello dell’età.
Nell’ampia casistica dei punti decurtati il triste primato va ai giovani,
uomini tra i 20 e i 30 anni, che il più delle volte non rispettano la
velocità e guidano con un tasso alcolico elevato.(*) Un buon 70% dei punti
tolti riguardano i lecchesi, e un 30% di persone con residenza fuori dalla
provincia. A oltre un anno dall’introduzione della patente a punti resta
ancora molto da fare sul campo della prevenzione, al di là dei controlli
da parte delle forze dell’ordine, si stanno diffondendo le iniziative
fuori dalle discoteche con tanto di etilometro e camper per misurare
l’alcool nel sangue. La strada è ancora lunga, lo dimostrano i tanti
verbali siglati nel corso dei mesi. Per chi vuole sapere quanti punti ha
ancora a disposizione sulla patente di guida, non deve necessariamente
andare dai vigili urbani . Basta telefonare al numero 848.782.782 da un
telefono di rete fissa. Risponde un messaggio registrato del Servizio
informazioni patente a punti. Per conoscere il saldo punti è sufficiente
seguire le istruzioni indicate dal messaggio vocale: digitare sulla
tastiera del telefono la data di nascita e il numero del documento di
guida (solo il numero senza lettere) e poi il tasto del cancelletto. Pochi
istanti dopo seguirà un messaggio registrato che risponde. Questo
servizio, attivato dal Ministero delle infrastrutture, ha il costo di una
telefonata urbana e prevede una risposta vocale interattiva con la
distribuzione delle chiamate a uno dei trenta operatori telefonici a
disposizione. Paola Sandionigi
(*) Nota: probabilmente questo dipende dal fatto che i controlli dell’alcolemia
si effettuano soprattutto di notte.
Se ne facessero di più anche, per fare un esempio, a ora di cena, si
troverebbero tante più persone ultratrentenni ebbre al volante.
LA PROVINCIA DI LECCO
Il comandante dei «ghisa» Marco Baffa: «Però manca ancora una vera cultura
della sicurezza»
(p. san.) «Nel corso del 2004 il numero degli incidenti stradali in città
è diminuito. Si sono verificati dodici sinistri in meno- spiega il
comandante della polizia locale Marco Baffa -. Con l’introduzione della
patente a punti qualche risultato positivo si è ottenuto, anche se c’è
ancora molto da fare. Ciò che manca è la cultura della sicurezza,
l’adottare determinati comportamenti per evitare incidenti e non solo
perché altrimenti si perdono punti o si prende la multa. È carente l’etica
della sicurezza. Si utilizzano le cinture non perché così si evitano
incidenti ma perché altrimenti il vigile fa la contravvenzione. Sia
chiaro, che già il rispetto delle norme è importante». Spesso a
trasgredire sono i giovani che guidano dopo aver bevuto troppo. «Dalla
casistica emerge con maggior frequenza il verbale elevato a giovani, più
maschi che femmine, che guidano in stato d’ebbrezza o sotto gli effetti di
stupefacenti, o che supera la velocità consentita di parecchio - continua
Baffa -. Per quanto riguarda le cinture non c’è un trasgressore tipo:
Spesso si tratta di un recidivo che proprio non vuole capire il rischio
che corre: perde punti dalla patente, deve pagare una multa e soprattutto
rischia la sua incolumità». Ci sono anche automobilisti che non rispettano
le norme per il trasporto dei bambini piccoli, lasciandoli sul sedile
senza il seggiolino regolamentare. «Ultimamente l’utilizzo dei seggiolini
omologati e dunque regolari è aumentato, fortunatamente c’è maggiore
attenzione, anche perché perdono cinque punti dalla patente». Il
comandante Baffa, nonostante le tante trasgressioni al codice stradale,
spiega ancora: «Quanto ai corsi di guida per il recupero dei punti patenti
persi, l’Aci si sta organizzando, mentre come Polizia Urbana, valuteremo
la situazione. Attualmente però sarebbe difficile sotto il profilo delle
risorse umane». Baffa sottolinea come la prevenzione sia fondamentale, per
diminuire il numero dei sinistri.
LUNGOPARMA
Ubriaco al volante tampona auto e scooter parcheggiati
05/01/2005 - Era talmente ubriaco che ieri mattina, di buon ora (ore 7),
al volante di una Seat Cordoba, ha deciso di mettersi a guidare con
risultati "devastanti". L’uomo, un parmigiano di 35 anni, in evidente
stato di ebrezza, nel giro di pochi metri e nell’arco di pochi secondi, in
via Emilia Est, all’altezza dell’Arco San Lazzaro, ha centrato quattro
auto in sosta, due scooter ed un autocarro.
Sul posto è intervenuta una volante della Polizia che ha immediatamente
fermato l’uomo, il quale aveva una piccola ferita sotto il mento. Ritiro
della patente e sequestro del veicolo, le sanzioni applicate al
parmigiano.
BRESCIA OGGI
La statistica dell’Associazione italiana familiari vittime della strada
rilancia il problema: decessi in calo, ma sempre numerosi
Incidenti, prevenzione a più facce
Parolini: «Bene rotatorie e patente a punti». Brunelli: «Serve più
prudenza»
di Mimmo Varone
Patente a punti e rotatorie hanno salvato 21 vite umane, ma le strade di
città e provincia diventano sempre più pericolose per gli utenti deboli. I
dati diffusi dall’Associazione italiana familiari vittime della strada
dicono che nel 2004 i morti sulle strade bresciane sono scesi a 162.
L’anno prima erano stati 183, e 230 nel 2001. Ma dicono pure che quasi il
60 per cento di essi (ben 88) avevano meno di 35 anni, che 14 delle
vittime erano pedoni, 15 andavano in bici e 41 in moto o in scooter.
Negli ultimi giorni un’ucraina ha perso la vita sulle strisce pedonali in
via Fratelli Ugoni, e una donna bresciana mentre attraversava via
Orzinuovi, sempre sulle strisce. Un ciclista di 61 anni è stato
schiacciato da un Tir dalle parti del Palatenda, una signora urtata da
un’auto in via Rotonda Montiglio ha lottato per settimane tra la vita e la
morte, e alla fine non ce l’ha fatta. Anche gli ultimi incidenti
cittadini, insomma, confermano il maggior rischio per chi va a piedi o in
bici.
Per il resto, le cifre confermano quanto già si sa. La maggior parte degli
scontri mortali si concentra nel fine settimana. Ventiquattro hanno
insanguinato le strade di venerdì notte, 28 di sabato e 25 di domenica. E
spesso ciascuno di essi ha spezzato la vita di più persone. Negli altri
giorni si va dai 16 incidenti del giovedì ai 19 del mercoledì, con una
punta minima di 8 al martedì.
E un dato preoccupante viene pure dalle ore a maggio rischio. Ben 49
sinistri con morti si sono verificati nella fascia da mezzogiorno alle 18,
e altrettanti sono accaduti dalle 23 alle 6 del mattino. «E’ un dato che
lascia pensare - dice il responsabile provinciale dell’Associazione
Roberto Merli -, vuol dire che di notte si verificano gli stessi incidenti
delle ore diurne, sebbene le auto in circolazione siano meno di un
quarto».
Di notte «si corre di più e più di frequente si guida in stato di
ebbrezza», osserva Merli. In modo più esplicito, «non sono le strade ad
essere pericolose, ma è il comportamento degli automobilisti a renderle
tali», aggiunge l’assessore all’Ambiente in Loggia Ettore Brunelli. «Le
strade pericolose esistono in quanto gli automobilisti non rispettano le
regole del Codice della strada - precisa -, e in città i 50 all’ora sono
un optional».
A chi mette sotto accusa la pericolosità delle piste ciclabili «disegnate»
sull’asfalto o sui marciapiedi, risponde che «per i ciclisti i problemi si
creano agli incroci e ai semafori, dove tutte le piste, anche quelle in
sede propria come in via Marconi, si interrompono. Chi va in bici rischia
la vita agli attraversamenti e non sui tratti dritti, anche se sono
soltanto disegnati».
Brunelli ricorda gli sforzi del Comune per mettere in sicurezza le strade,
con i restringimenti delle carreggiate, i passaggi pedonali più protetti,
e via dicendo. Tuttavia, «non esistono strade non pericolose - ripete - se
gli automobilisti non rispettano le regole, correre su vie strette è
altrettanto rischioso che correre su strade larghe come via Orzinuovi. La
verità è che se si rispettassero i segnali, i morti si ridurrebbero della
metà».
E allo stesso modo l’assessore ai Lavori pubblici in Provincia Mauro
Parolini sottolinea che nonostante gli interventi costanti di
miglioramento della viabilità, «decisivo rimane il comportamento degli
automobilisti». Negli ultimi 4 anni il trend è positivo, e si è passati
dai 230 morti del 2001 ai 162 attuali, con l’obiettivo di «ridurli a 100
nel 2010». Parolini mette i campo l’illuminazione degli attraversamenti
pedonali, e la separazione dei flussi di traffico «con le molte piste
ciclabili in sede propria dai centri abitati alle zone industriali o
artigianali».
Dal suo osservatorio, in ogni caso, trova che la mortalità diminuisca per
due motivi, che stanno nell’uso delle cinture di sicurezza indotto dalla
patente a punti, e nella diffusione delle rotatorie che «hanno ridotto a
zero gli incidenti in molti punti neri». Ma sono ancora tanti «quelli che
si uccidono da soli per eccesso di velocità». Perciò pensa ad interventi
più selettivi. «Dovremo intervenire sugli extracomunitari, coinvolti in
incidenti gravi in percentuale molto superiore alla loro presenza - dice
-, e sugli automobilisti delle notti dei fine settimana». I morti sono in
diminuzione, è vero, «ma restano sempre troppi».
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Calcio e Primitivo, si può fare
Calcio e vino. Il Taranto dell’imprenditore manduriano Gigi Blasi. E il
«Primitivo del Tarantino» dell’azienda agricola «La Fabriche» della
manduriana Alessia Perrucci. Connubio quasi inevitabile, dopo l’attesa
svolta del pallone rossoblù. Lo scorso 19 dicembre, in occasione della
partita con il Manfredonia, una bottiglia formato magnum, contenente 35
litri del prezioso nettare, è stata donata a Blasi (e simbolicamente a
tutti gli sportivi tarantini). Accattivante l’etichetta: un grappolo d’uva
con acini rossi e blu. «Risollevare il calcio tarantino: Blasi ha raccolto
la sfida. A me piacciano le sfide», dice Alessia Perrucci, 37 anni,
titolare dell’azienda agricola «Le Fabriche». «Con una b, mi raccomando. È
il nome della masseria che si trova all’interno della nostra tenuta.
Produciamo vino di qualità, coprendo l’intero ciclo: dal vigneto
all’imbottigliamento». Cinquantamila bottiglie l’anno sul mercato italiano
ed estero, soprattutto primitivo in purezza e Puglia rosso, un blend
ottenuto fondendo uve raccolte da vitigni diversi: negramaro, malvasia e
primitivo. «La nostra è un’azienda al femminile. Sono le donne ad ispirare
le strategie da perseguire sul mercato». Calcio e vino: un binomio
rinnovabile? «Può darsi. Il calcio può diventare uno straordinario veicolo
promozionale. Spero ci sia un’altra occasione per dimostrare il nostro
attaccamento al Taranto di Blasi. Lo ripeto: a me piacciono le sfide.
Quella di produrre un vino di qualità è una sfida vinta».
IL GAZZETTINO (Belluno)
ZOLDO ALTO Li hanno trovati ieri mattina all’interno della propria auto a
lato della strada tra Brusadaz e Coi. Avevano sorbito un cocktail di
sonniferi mescolati ad alcol
Stanchi di vivere tentano il suicidio in coppia
La donna è ricoverata nel reparto rianimazione dell’ospedale di Belluno,
il marito in psichiatria. Dietro al dramma il fallimento di un’attività
Zoldo Alto
Dalla Germania a Zoldo Alto, dopo un lungo peregrinare per l’Europa, con
l’intento di farla finita. A provarci, senza riuscirci, è stata una coppia
di coniugi di Neunkirchen (nella Saar). H.N., 62 anni, e la moglie M.N. di
59, chiusi nella loro auto, hanno sorbito un cocktail di tranquillanti e
alcol. Lui se l’è cavata. Lei è ricoverata nel reparto Rianimazione
dell’ospedale di Belluno.
La Ford Mondeo Station Wagon grigia con targa tedesca, parcheggiata su un
tratto della strada che collega Brusadaz a Coi denominato Costa bianca, in
Comune di Zoldo Alto, a trecento metri dall’abitato, era stata notata da
più di una persona. C’è chi dice stazionasse là da un paio di giorni.
Ieri mattina un agente della polizia municipale si è accorto che qualche
cosa là dentro non andava ed ha provveduto ad avvertire il medico di base
di Zoldo Alto. Questi si è subito recato sul posto. Constatata situazione
e recato il primo soccorso, ha chiesto l’intervento della locale Croce
Verde. Una donna, che risiede poco lontano, ha seguito tutto. Ha detto di
aver visto caricare sull’ambulanza il corpo di una persona. Era quello di
M.N., priva di sensi e mezzo congelata. Migliori le condizioni del
consorte. Entrambi sono stati trasportati all’ospedale di Belluno.
Difficile capire che cosa fosse accaduto. L’uomo, del resto, appariva in
stato confusionale e parlava solo nella sua lingua. Un particolare ha però
subito colpito i carabinieri, di seguito sopraggiunti. Accanto all’auto
residuavano infatti frammenti di carta bruciacchiati. Si è così venuti a
conoscenza del tentativo della coppia di distruggere i propri documenti,
prima di mettere in atto il proposito suicida. Lentamente si sono
delineati i contorni della vicenda. Pare che i due, con alle spalle il
fallimento di un’ attività nel proprio Paese, abbiano girovagato per un
mese e mezzo attraverso l’Europa. Finiti i soldi, ed esaurita la voglia di
vivere, si sono ritrovati da quelle parti. Lì hanno fermato la macchina
per un paio di giorni. Dopodiché di sono risolti al suicidio. Ma le dosi
di sonnifero mescolate all’alcol non sono riuscite letali. E il
provvidenziale soccorso è arrivato in tempo.
All’ospedale San Martino le condizioni della donna sono apparse
particolarmente critiche, come aveva accertato inizialmente il medico di
Zoldo Alto. La paziente è stata ricoverata in rianimazione in prognosi
riservata. Ma già nella serata di ieri si riscontrava un leggero
miglioramento. Quanto al marito, in considerazione del suo stato, se ne è
disposto per il momento il ricovero nel reparto psichiatria.
Bruno De Donà
REUTERS ITALIA
Senzatetto danesi raccolgono denaro per vittime dello tsunami
di Per Bech Thomsen
COPENAGHEN (Reuters) - In Danimarca, senzatetto alcolizzati si stanno
dando da fare per aiutare chi sta peggio di loro: le vittime dello tsunami
in Asia.
"So com’è essere senza casa e perdere i parenti", ha detto Kim Larsen, 51
anni, in un centro per alcolisti nella capitale danese.
Lui e altre persone che vivono in centri della Croce Blu in Danimarca
hanno raccolto quasi 19.000 corone (3.381 dollari) in segno di protesta
contro la "ingenerosa" donazione iniziale da parte del governo di 10
milioni di corone.
"L’obiettivo era mandare un segnale al governo e agli altri che se i
nostri senzatetto, che stanno al gradino più basso del nostro welfare,
possono donare denaro, altri dovrebbero essere in grado di farlo", ha
detto Henrik Esbensen, numero due di un centro alla periferia di
Copenaghen.
"Abbiamo un tetto sulle nostre teste e riceviamo cibo ogni giorno. Loro
(le vittime dello tsunami) stanno peggio", ha detto Larsen.
GIORNALE DI BRESCIA
Curiosità e caratteristiche
Bere cocktail mangiare fingerfood
L’happy hour rappresenta oggi la «moda» di trovarsi con gli amici per un
aperitivo nelle ore subito dopo il lavoro. Un’occasione per incontrarsi,
parlare, rivedersi, rilassarsi. L’happy hour prevede due elementi di base
che corrispondono alle sezioni di questo libro: il cocktail e lo
stuzzichino, che può, a seconda degli ingredienti e della fantasia di chi
lo prepara, trasformarsi in una cena leggera e veloce o in un appetitoso
pre-antipasto. I cocktail I cocktail si dividono in due grandi gruppi:
long drink e short drink. Di solito la quantità della bevanda è
inversamente proporzionale al tasso alcoolico: più il cocktail è alcolico,
meno ne viene servito. Per questo motivo uno short drink è spesso più
alcolico della maggior parte dei long drink: questi ultimi sono spesso a
bassa gradazione alcolica o analcolici, molto dissetanti, a base di succhi
di frutta. Nella creazione dei cocktail è utile rispettare il giusto
dosaggio degli ingredienti, pensato per mantenere un particolare e
collaudato equilibrio di colori e sapori. Le sperimentazioni sono tutt’altro
che vietate, ma sono a «rischio e pericolo» di chi vi si cimenta. La
preparazione Durante la preparazione dei cocktail si parla spesso di
misura: essa corrisponde a 4 cl (quindi 2 misure equivalgono a 8 cl,
ecc...). Quando invece si parla di una spruzzata di un determinato liquore
o ingrediente, non esistono parametri precisi. Si intende una quantità
limitata, che però verrà decisa dalle preferenze di chi prepara, o dal
gusto degli ospiti ai quali il cocktail sarà servito. Lo shaker è
fondamentale per agitare. È un contenitore metallico o in vetro. Gli
shaker più comuni sono tre: a 3 elementi, cioè composto da coperchio,
tappo e recipiente; a 2 elementi, con recipienti che si chiudono unendosi;
a 1 elemento, con un unico recipiente che si adatta al bicchiere. Gli
stuzzichini Pizzette, crostini e bruschette fanno da contrappunto al
cocktail. L’offerta di un aperitivo leggero e ben realizzato sarà
maggiormente apprezzata se al drink si accompagnerà un piatto di
stuzzichini ben assortito. C’è chi li chiama «appetizer», chi «tapas», chi
«fingerfood», che si traduce, all’incirca, come «cibo da prendersi con le
dita». In ogni caso il concetto rimanda a degli assaggini, sotto forma di
tartine e pizzette, che completano un buffet leggero o accompagnano un
cocktail prima di cena.
CORRIERE ADRIATICO
Botte da orbi per una fotografia. Interviene un vigilante della
Fedelissima
Rissa all’Arco, due fermati
Botte da orbi ieri sera intorno alle 20.45 nei pressi dell’Arco di
Augusto. Alla fine della “battaglia” la desolazione dei vetri rotti,
cartoni di vino e macchie di sangue.
Quattro persone si sono picchiate brutalmente in seguito ad una
discussione scoppiata per futili motivi. Due extracomunitari di origine
magrebina e due fanesi sono venuti alle mani. Uno degli stranieri ha
impugnato una bottiglia di grappa e ha iniziato a picchiare con quella.
Momenti di terrore e grida che non sono sfuggiti ad una ragazza di
passaggio, che ha avuto la prontezza di chiamare un vigilante della
Fedelissima che era in quella zona.
«Sono corso verso l’Arco - ha raccontato Ivano Manoni, guardia giurata
della nota agenzia di sicurezza - e ho visto i quattro avvinghiati,
picchiarsi con violenza. Quando mi sono avvicinato ho visto che avevano le
mani sporche di sangue. Ho tentato di separarli, ma mi sono preso un pugno
in un occhio e mi sono reso conto che qualcuno stava tentando di sfilarmi
la pistola. Mi sono difeso: comunque, fortunatamente, prima di avvicinarmi
ai quattro che si picchiavano, ho chiamato carabinieri e polizia che sono
arrivati subito».
Quando i carabinieri della Compagnia di Fano e gli agenti della Squadra
mobile di Pesaro sono arrivati sul posto, i due stranieri hanno tentato di
fuggire verso la rotatoria tra via Roma e via Gramsci: sono stati
perentoriamente bloccati. In via Gramsci anche un’autoambulanza della
Potes ma nessuno dei contendenti ha voluto salirci. Secondo le
testimonianze di alcuni presenti, i due extracomunitari sarebbero stati
accompagnati in caserma. Alla base della discussione una fotografia.
Nell’intento di immortalare l’Arco di A
Venerdì, 07 Gennaio 2005
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