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Articoli 02/12/2005

In viaggio col Taxi Costi, qualità del servizio e difficoltà.

da Il Centauro n.99 - Ottobre 2005

In viaggio col Taxi
Costi, qualità del servizio e difficoltà.

di Roberto Rocchi *


(Foto Coraggio)

Quando si parla di trasporto pubblico si pensa sempre agli autobus, ai treni e più in generale a tutti quei mezzi di trasporto collettivo gestiti dalle amministrazioni pubbliche. Ma non è sempre così.
Anche i taxi, infatti, sono considerati a pieno titolo mezzi alternativi di trasporto e di valenza sia pubblica che collettiva (anche se ovviamente con minori possibilità dato il numero ristretto di persone trasportabili).
Eppure, sono molti coloro che hanno timore ad avvicinarsi ad una di queste automobili “bianche” (colore definito per legge), perlopiù a causa dei prezzi che la massa tende a generalizzare ed a considerare eccessivi. Ma quanto c’è di vero in questo e quali sono i servizi realmente offerti dal tassista? Un’inchiesta de “Il Centauro” mette a nudo ogni aspetto e le infinite problematiche di questo particolare settore, che ogni anno si stima che fatturi nel nostro Paese oltre un milione di euro. Partiamo dall’idea maggiormente diffusa tra la gente, cioè che il servizio offerto dal taxi è a caro prezzo: la convinzione non è del tutto sbagliata, ma certamente nemmeno così allarmante se consideriamo i risultati di una recente indagine (compiuta da Ubs), che ha messo in evidenza la tariffa media di una corsa urbana di 5 chilometri in alcune importanti città del mondo.
Bruxelles è infatti risultata la più cara con un costo medio di 13,25 euro, di poco seguita da Copenhagen (13,18 euro) ed Amsterdam (13,16). Pur vero che in quelle città e più in generale nei cosiddetti Paesi Bassi, è maggiormente diffuso l’utilizzo del taxi anche per le evidenti e diverse caratteristiche degli agglomerati e degli spazi utilizzabili. Tuttavia, nemmeno a Londra si scherza, se si pensa che per 5 chilometri di tariffa urbana vengono mediamente richiesti 11 euro; cinquanta centesimi in meno, invece, a Stoccolma ed un euro in meno a Berlino.
La prima città italiana, Milano, si trova dunque al settimo posto e la tariffa media si aggira sugli 8,75 euro. Sono invece 7,75 quelli richiesti a Parigi e 7,50 gli euro da dare ad un tassista di Barcellona. In decima posizione è Roma con 7,36 euro, seguita da New York con 6,76 (nella città statunitense, l’uso del taxi è paragonabile a quello dell’autobus in Italia) ed a seguire sono poi Atene (6,57), Praga (6), Auckland (5,81), Dublino (5,50) e Lisbona (4,74).
Fino a qui, dunque, i prezzi dei taxi italiani sono in linea con l’andamento generale europeo e possono comunque variare sensibilmente da città in città, a seconda di alcune prerogative delle amministrazioni comunali o delle intese con le associazioni di categoria.
Meno bene, invece, è il dato statistico che riguarda la disponibilità e il numero complessivo dei taxi circolanti. Secondo il sito internet www.lavoce.info, la situazione italiana è fra le peggiori in assoluto.
Rapportando il numero di taxi ogni mille abitanti, questi sono i risultati: a Washington ne circolano 12, a Barcellona quasi 10, a Londra 8,3, a New York 8, a Dublino 5,2, a Stoccolma 4, mentre per arrivare alla prima città italiana bisogna attendere la dodicesima posizione, dove Roma ne “concede” soltanto 2. Fanalino di cosa è Milano con 1,6.
In questo contesto, tuttavia, pare che il nodo da sciogliere sia legato alle particolari difficoltà che debbono essere superate per ottenere la licenza, tanto che le associazioni di categoria hanno già aperto un lungo confronto con gli apparti centrali dello Stato.
Nel frattempo, qualche timido passo si sta facendo, se si considera che a Milano dovrebbero essere in arrivo entro i prossimi mesi altre 270 autorizzazioni e più di 300 a Roma entro fine anno. Ma sulle difficoltà che la categoria deve sopportare è intervenuto di recente anche l’Antitrust per la concorrenza, che il trascorso anno ha inviato una nota ufficiale al Parlamento italiano.
Secondo il Garante, infatti, il servizio offerto all’utenza “si caratterizza da una insufficiente apertura alla concorrenza, che si manifesta con una domanda dei consumatori non pienamente soddisfatta dall’offerta”.
Sempre secondo l’Autority, il principale ostacolo deriva da “una inadeguata densità di taxi in relazione alla popolazione residente e questo si traduce in lunghi tempi d’attesa nella stragrande maggioranza dei Comuni italiani.”
Insomma, un vero e proprio atto d’accusa più che una segnalazione, ma che contiene un’altra importante verità: in Italia, oltre a trovare pochi taxi immediatamente disponibili, occorre attendere parecchio prima di poterne fare uso. A Roma, secondo un monitoraggio svolto dall’amministrazione comunale, ogni giorno 20 potenziali clienti su 100 non riescono a trovare un taxi, una percentuale che sale a 40 nelle ore di punta. I tempi di attesa sono poi ancora più preoccupanti: chi ha la fortuna di riuscire a parlare con gli operatori dei radiotaxi attende da un minimo di 5 ad un massimo di 10 minuti, ma chi deve cercare un taxi nelle piazzole di sosta riservate (nei pressi di ospedali, stazioni o monumenti) può arrivare ad attendere fino a 45 minuti ed anche più.
La situazione non migliora a Milano, dove alla stazione centrale e nei momenti di arrivo di treni quali Intercity o Eurostar, le code di persone intenzionate a prendere il taxi superano anche i cento metri. Un vero record..!
Non è un caso se le associazioni di categoria, già da parecchio tempo, abbiano aperto accesi confronti con le amministrazioni locali e si parla con insistenza di “turni morti dove non si raccoglie un solo euro a fronte di un servizio pubblico inesistente”.
Insomma, secondo questa versione una maggiore gestione di tutto l’apparato del trasporto pubblico (sia privatistico che di Stato), potrebbe dare maggiori risultati e soddisfare al meglio l’utenza. Nel contempo, però, anche i benefici a suo tempo promessi e che prevedevano incentivi per coloro che utilizzano i taxi, sono rimasti nel dimenticatoio e la categoria lamenta la scarsità di aiuti soprattutto nei periodi meno intensi dell’anno.
Ad aggravare la situazione, anche il fatto che sempre più amministrazioni comunali suggeriscono agli automobilisti di usare la propria auto in compagnia di colleghi per andare al lavoro e diminuire così l’entità del traffico cittadino, ma raramente stipulano convenzioni (pure queste previste ma mai attuate) proprio con i tassisti. D’altro canto, un’eccessiva liberalizzazione del mercato non trova nemmeno d’accordo i tassisti, preoccupati di dover assottigliare i già magri guadagni: un tassista che svolge servizio in una grossa città riesce infatti a guadagnare attorno ai 2.000-2.200 euro al mese, ma deve per questo lavorare almeno 12/14 ore al giorno, compresi i festivi ed i turni di notte. Anche le associazioni fra tassisti (cioè i cosiddetti radiotaxi) non hanno portato grossi vantaggi: pur razionalizzando gli interventi e distribuendoli sugli associati in maniera equa, gravano sul bilancio gli stipendi dei dipendenti (cioè dei centralinisti che a volte sono sostituiti dagli stessi tassisti) e le spese di ragioneria generalmente affidate a studi commerciali. Così la categoria deve arrangiarsi in mille modi ed ogni tassista cerca di fidelizzare i clienti, giungendo a tariffe standard quando si tratti di lunghi percorsi o pur di vedere salire un cliente dopo ore di attesa a vuoto.
Per lo stesso motivo, occorre augurarsi che d’ora in poi chi dovrà utilizzare un taxi sia consapevole che il servizio che dovrà pagare non è di certo la manna caduta dal cielo per chi sta guidando, ma il frutto di un’attività che comporta sacrifici, ore di lavoro ed una serie di problematiche che riguardano anche altri aspetti quali il traffico caotico delle grandi città e le turnazioni in giorni e luoghi che a fine giornata concedono poche soddisfazioni. Economicamente e non solo.


 

Il parere del “Tassinaro”


La figura tipica del “tassinaro” è stata ben rappresentata dal notissimo film di Alberto Sordi, che ha messo in luce vizi e virtù di una categoria che deve saper fare e soprattutto deve saper parlare di tutto. Sul taxi salgono persone di ogni ceto sociale e che svolgono i mestieri più disparati, così bisogna essere in grado di “sopportare” il cliente eccessivamente pignolo, troppo sospettoso o più semplicemente chiacchierone.
Ma cosa c’è di vero in tutto questo? Lo abbiamo chiesto a tre tassisti che svolgono servizio in altrettante e diverse città italiane. Mario ha 56 anni e da oltre venticinque svolge l’attività a Roma.
Chissà quante ne ha viste in tutti questi anni?
“Se le dovessi raccontare tutto quello che mi è successo non basterebbe una giornata. Il nostro è un mestiere che ti costringe a stare in contattato con decine di persone al giorno e di ogni genere e per questo motivo si vivono mille situazioni diverse.”
Può raccontarci un episodio che le è rimasto particolarmente impresso?
“Sono tanti, ma ne ricordo sempre uno con piacere. Salì a bordo del mio taxi, posteggiato alla stazione Termini, un distinto signore con accento siciliano. Prima di accompagnarlo, mi chiese di portarlo a mangiare qualcosa visto che era già mezzogiorno e poiché era solo volle che gli feci compagnia e mi offri persino il pranzo. Al termine lo accompagnai in un albergo nei pressi di palazzo Chigi. Pochi giorni dopo vidi la sua foto sul giornale poiché era stato nominato ministro. Non vi nascondo la mia grande sorpresa e insieme soddisfazione.”
Quali sono i problemi che più deve affrontare durante la giornata?
“Essenzialmente due: il traffico di questa città che paralizza anche noi e che rimane incurante delle corsie riservate ai mezzi pubblici e le lungaggini burocratiche cui siamo esposti per poter lavorare.”
E il rapporto con gli altri “colleghi”?
“Sereno con i più anziani, mentre con i giovani si fatica talvolta a trovare un’intesa. Vogliono tutto e subito e questo non sempre è possibile.”
Alberto, invece, di anni ne ha soli 30 e da un paio svolge servizio a Milano.
Perché la scelta di fare il tassista?
“Non c’è un motivo particolare, si è presentata l’occasione ed ho voluto provare e non mi pento della scelta che ho fatto.”
Però, chissà quanti sacrifici…
“Molti per la verità, a cominciare dal costo della licenza che qui a Milano è davvero esorbitante. Eppoi i turni di notte e nei festivi, dove anche nelle città grandi come Milano si crea un immenso deserto ed a fine giornata il guadagno è ridotto al minimo.”
E sul fronte della sicurezza?
“Ci stiamo ingegnando al meglio. Molti di noi hanno posto un divisore che ci separa dal passeggero, altri invece hanno montato una piccola telecamera per scoraggiare i malintenzionati. Ogni tanto, però, tutto questo non serve e le cronache ci hanno raccontato anche di fatti conclusi in maniera tragica per lo stesso tassista.”
Carmen ha 39 anni ed è di Firenze. Sorride spesso e pare contenta del mestiere che ha scelto.
Cosa porta una donna a fare la ”tassinara”?
“Credo che il motivo sia più o meno uguale per tutti: la voglia di creare qualcosa di proprio nella speranza di ottenere qualche soddisfazione di più.”
Si è mai sentita “inferiore” ai colleghi maschi?
“Diciamo che all’inizio mi è stato fatto pesare il fatto che io fossi donna e qualcuno diceva che questo mestiere non faceva per me. Poi, nel giro di pochi mesi, hanno cominciato ad apprezzarmi ed ora sono tassista a pieno titolo.”
E la famiglia…?
“E’ il punto dolente e si debbono sostenere molti sacrifici per riuscire ad avere le stesse possibilità di una famiglia normale e soprattutto curare al meglio i figli. Fortunatamente mio marito mi aiuta moltissimo e sappiamo sostenerci a vicenda.”
Visto che lei lavora a turni, immagino i sacrifici di suo marito. Che mestiere fa?
“Il tassista.”
A tutto c’è sempre un motivo!



di Roberto Rocchi

da Il Centauro n.99 - Ottobre 2005
Venerdì, 02 Dicembre 2005
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