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Multe: accertamento della violazione e “compartecipazione” degli agenti al gettito

da Altalex

Multe: accertamento della violazione e “compartecipazione” degli agenti al gettito
Articolo di Francesco Pittaluga 05.12.2005

 

Accertamento delle violazione C.d.S. e “compartecipazione” degli Agenti di P.M. e P.P. al gettito: conseguenze sulla validità dell’atto
di Francesco Pittaluga


Chi di voi non ha mai preso una “multa”? Probabilmente tutti, prima o poi, commettiamo qualche violazione delle disposizioni del C.d.S.: se abbiamo fortuna, nessuno se ne accorge; quando, invece, la fortuna non ci arride, un solerte funzionario annota il numero della nostra targa e ci contesta – o, più sovente, ci notifica presso la residenza risultante dal libretto di circolazione – la violazione.

Ma… ci siamo mai chiesti dove vanno a finire i proventi delle violazioni del C.d.S., specie per quanto concerne quelle rilevate dalla Polizia Municipale e dalla Polizia Provinciale?

La disciplina in materia è quella dettata dall’art. 208 C.d.S., per il quale:

“1. I proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal presente codice sono devoluti allo Stato, quando le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti dello Stato, nonché da funzionari ed agenti delle Ferrovie dello Stato o delle ferrovie e tranvie in concessione. I proventi stessi sono devoluti alle regioni, province e comuni, quando le violazioni siano accertate da funzionari, ufficiali ed agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni.
2. I proventi di cui al comma 1, spettanti allo Stato, sono destinati: a) fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 4, della legge 17 maggio 1999, n. 144, per il finanziamento delle attività connesse all’attuazione del Piano nazionale della sicurezza stradale, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, nella misura dell’80 per cento del totale annuo, definito a norma dell’articolo 2, lettera x), della legge 13 giugno 1991, n. 190, per studi, ricerche e propaganda ai fini della sicurezza stradale, attuata anche attraverso il Centro di coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e sulla sicurezza stradale (CCISS), istituito con legge 30 dicembre 1988, n. 556, per finalità di educazione stradale, sentito, occorrendo, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e per l’assistenza e previdenza del personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza e per iniziative ed attività di promozione della sicurezza della circolazione; b) al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Dipartimento per i trasporti terrestri, nella misura del 20 per cento del totale annuo sopra richiamato, per studi, ricerche e propaganda sulla sicurezza del veicolo; c) al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca - Dipartimento per i servizi per il territorio, nella misura del 7,5 per cento del totale annuo, al fine di favorire l’impegno della scuola pubblica e privata nell’insegnamento dell’educazione stradale e per l’organizzazione dei corsi per conseguire il certificato di idoneità alla conduzione dei ciclomotori.
3. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’istruzione, dell’università e della ricerca, determina annualmente le quote dei proventi da destinarsi alle suindicate finalità. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad adottare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio, nel rispetto delle quote come annualmente determinate.
4. Una quota pari al 50 per cento dei proventi spettanti agli altri enti indicati nel comma 1 è devoluta alle finalità di cui al comma 2, nonché al miglioramento della circolazione sulle strade, al potenziamento ed al miglioramento della segnaletica stradale e alla redazione dei piani di cui all’articolo 36, alla fornitura di mezzi tecnici necessari per i servizi di polizia stradale di loro competenza e alla realizzazione di interventi a favore della mobilità ciclistica nonché, in misura non inferiore al 10 per cento della predetta quota, ad interventi per la sicurezza stradale in particolare a tutela degli utenti deboli: bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti. Gli stessi enti determinano annualmente, con delibera della giunta, le quote da destinare alle predette finalità. Le determinazioni sono comunicate al Ministro dei lavori pubblici. Per i comuni la comunicazione è dovuta solo da parte di quelli con popolazione superiore a diecimila abitanti (2).5. Il Ministro del tesoro è autorizzato a introdurre con propri decreti le occorrenti variazioni nello stato di previsione dell’entrata e nello stato di previsione della spesa del Ministero dei lavori pubblici”.

Come si nota dalla disposizione appena citata, i proventi delle violazioni del C.d.S. costituiscono, in parte, entrata c.d. “vincolata” per gli enti locali i quali possono sì disporne, ma unicamente per i fini di cui all’art. 208 c. 4 C.d.S. che, a sua volta, richiamando il c. 2 del medesimo articolo, prevede che una quota pari al 50% del totale debba essere destinata:
a) nella misura del 90%, per:
*
il miglioramento della sicurezza stradale, anche attraverso l’effettuazione di studi e ricerche;
*
il miglioramento della segnaleticastradale;
*
la redazione dei piani di cui all’art. 36 C.d.S.;
*
la fornitura dei mezzi tecnici necessari all’attività della Polizia Municipale e Provinciale;
*
la realizzazione di interventi a favore della mobilità urbana;
*
l’assistenza e previdenza integrativa degli appartenenti alla Polizia Municipale e Provinciale1;
2.
nella misura del 10%, ad interventi di sicurezza stradale, in particolare a tutela degli utenti deboli (bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti).

La restante quota del 50%, invece, può essere utilizzata dall’ente locale come meglio crede, costituendo entrata c.d. libera.

Ebbene, da un po’ di tempo a questa parte, molti enti locali utilizzano parte delle entrate derivanti dal C.d.S. per rimpinguare l’ammontare di risorse necessarie per il pagamento dello straordinario ovvero delle altre poste di trattamento accessorio (produttività, indennità di turno, indennità di posizione, indennità di disagio ed altre ancora) del personale della Polizia Municipale o Provinciale.

Tale comportamento contrasta radicalmente con le finalità della disposizione e, soprattutto, con quanto previsto dai vigenti c.c.n.l. del Comparto Regioni – Autonomie Locali.

Infatti, secondo tali strumenti negoziali, lo straordinario può essere retribuito solo nel limite delle risorse presenti in un apposito “fondo” (il F.L.S.) la cui quantificazione non è suscettibile di aumento se non con le modalità espressamente previste dal c.c.n.l. stesso; uguale discorso deve essere fatto per il trattamento accessorio di altro genere, anche questo “spesato” nei limiti di un ammontare predeterminato di risorse (il F.U.A.), composto secondo le modalità previste dal c.c.n.l..

Ebbene, non esiste alcuna disposizione dei c.c.n.l. del Comparto Regioni – Autonomie Locali che consenta l’incremento del F.L.S. o del F.U.A. mediante impiego delle risorse, anche di quelle “libere”, derivanti dalle sanzioni C.d.S..

L’A.R.A.N., che come tutti sappiamo è l’Agenzia preposta alla contrattazione per le Pubbliche Amministrazione (i cui pareri, seppur non costituenti interpretazione autentica delle disposizioni contrattuali, sono comunque estremamente autorevoli), ha più volte affermato che (pareri reperibili su www.aranagenzia.it), che:

“E’ da escludersi la possibilità di incrementare il fondo previsto dall’art. 15 del CCNL dell’1.4.1999 con i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie. Tali somme sono infatti destinate ad iniziative per la realizzazione di opere e strutture intese a migliorare la circolazione stradale nonché a studi, ricerche, aggiornamenti professionali e simili pure intesi a rendere più efficiente il servizio.Sul punto ha già avuto modo di pronunciarsi il Dipartimento per la Funzione Pubblica con nota n. 2985/11.3 del 28.4.1998”.
“Riteniamo che i maggiori oneri derivanti dalla istituzione del nuovo servizio delle "pattuglie serali della polizia municipale" non possano essere sostenuti attraverso l’utilizzo dei proventi di cui all’art. 208 del C.d.S.; tale disciplina, infatti, non consente di destinare le relative risorse a forme di incentivazione del personale.Suggeriamo, invece, di valutare con particolare interesse la disciplina dell’art. 15, comma 5, del CCNL dell’1.4.1999, che consente ad ogni ente di integrare le risorse dello stesso art. 15, in presenza di interventi di ampliamento della quantità e della qualità dei servizi resi agli utenti”


Come noto, la previsione, in sede di contrattazione decentrata, di una disposizione contrastante con il c.c.n.l. di Comparto, specie laddove implichi una maggiore spesa per l’Amministrazione, comporta la nullità della disposizione stessa e l’insorgere di responsabilità amministrativa per coloro i quali avessero dovuto darvi attuazione.

Questo sul piano civilistico. Ma, ci siamo mai chiesti quali possano essere le conseguenze sul piano amministrativo, ossia sul piano della validità degli atti posti in essere dagli appartenenti alla Polizia Municipale e Provinciale ed, in particolare, degli atti costituenti accertamento di violazioni del C.d.S., sui proventi dei quali hanno una “cointeressenza”?

La soluzione a tale problema non può essere data se non previo esame del “codice di comportamento” dei pubblici dipendenti (codice che, dopo la “privatizzazione” del pubblico impiego, ha valenza negoziale), laddove prevede l’obbligo di astensione del pubblico impiegato allorché debba trattare procedimenti nei quali abbia un interesse privato diretto proprio o del coniuge ovvero di propri parenti.

Nei casi di specie, questo interesse privato diretto è ben ravvisabile dal fatto che, per ciascuna violazione contestata e per ciascuna sanzione irrogata e riscossa dall’ente, l’appartenente alla Polizia Municipale o Provinciale ottiene un (seppur minimo) aumento stipendiale indiretto, nel senso che delle risorse così reperite, confluendo queste nel F.L.S. o nel F.U.A., lui stesso può beneficiarne (ovvero di fatto ne beneficia) sotto forma di maggiore trattamento accessorio.

Questa, a mio personale avviso, è la ragione – seppur probabilmente inconscia – di un certo “lassismo” nell’applicare le disposizioni in materia di contestazione immediata della violazione, specie allorché quest’ultima consista in un eccesso di velocità rilevato mediante autovelox.

Vi siete mai chiesti per quale ragione quasi mai il personale di polizia procede a fermare il trasgressore e si appella, invece, a quanto previsto dall’art. 201 C.d.S. (che, per inciso, non elimina l’obbligo di contestazione immediata ma semplicemente conferisce la facoltà di non procedervi agli organi accertatori motivando compiutamente sulla ragione per cui ne hanno fatto esercizio)? Vi siete mai chiesti per quale motivo normalmente fanno appello al fatto di non avere a disposizione una seconda pattuglia quando, invece, sarebbe possibile procedere a contestazione immediata anche con una sola pattuglia (basta “scaricare” l’agente con l’autovelox qualche centinaio di metri prima di dove si ferma il collega con l’auto di pattuglia … il collegamento fra i due agenti può ben essere assicurato con la radiolina di servizio)?

Sono sicuro che la ragione per cui, in tali casi, non viene effettuata la contestazione immediata non è quella meramente “monetaria” oggetto del presente articolo, ma sono altrettanto convinto del fatto che, avendo previsto molti enti locali tale forma di intentivazione, tutte le violazioni alle disposizioni del C.d.S. accertate dagli appartenenti le rispettive polizie municipali o provinciali – ovvero, in via di subordine, le vilazioni che comportino esercizio di discrezionalità amministrativa (ad esempio nei casi dove è data facoltà di procedere alla contestazione differita, come previsto dall’art. 201 C.d.S.) – siano annullabili per eccesso di potere.

L’atto di accertamento, infatti, è un atto amministrativo a tutti gli effetti. Avendo l’autorità promanante, in questo caso, un palese interesse personale e diretto confliggente non tanto con l’autorità cui vengono versate le sanzioni (che, anzi, è ben felice del fatto di avere tale cospicua entrata para-fiscale), quanto con il destinatario della sanzione, risultano essere realizzati tutti i presupposti dell’eccesso di potere per sviamento della causa tipica come ricostruiti in circa un secolo e mezzo di giurisprudenza amministrativa.

Ne deriva che il giudice, chiamato a conoscere della legittimità della sanzione, deve procedere, per ovvie ragioni di giustizia sostanziale, all’annullamento dell’atto di contestazione della violazione.

Proprio per tale ragione, a mio avviso, è necessario arrivare “preparati” al ricorso. Come? Semplice, richiedendo all’ente territoriale cui appartiene l’organo acceratore la seguente documentazione (ovvero richiedendo al giudice l’emissione dell’ordinanza di esibizione documentale ex art. 210 c.p.c.):

*
contratti collettivi decentrati del personale dipendente, limitatamente alla parte relativa al trattamento economnico accessorio dello stesso ed, in particolare, del personale di polizia locale;

*
deliberazioni di Giunta Comunale relative alla quantificazione del “Fondo per il trattamento economico accessorio” (il F.U.A.) degli ultimi anni;

*
dichiarazione del ragioniere capo relativa alle modalità di destinazione delle risorse presenti nel F.U.A..

_________________________________
1 È legittima l’attivazione di previdenza integrativa in favore del personale della polizia municipale utilizzando parte dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti a violazioni del c. strad. Infatti, come ha riconosciuto la Corte cost., l’art. 208 d.lg. n. 285 del 1992 come modificato dal d.lg. n. 360 del 1993 non contrasta con gli art. 3 e 97 cost., nella parte (comma 4) in cui prevede che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni previste dal c. strad. spettanti ai comuni sono destinati anche alle finalità di cui al comma 2, fra le quali rientra l’assistenza e la previdenza del personale del corpo di polizia municipale (T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 19 giugno 2001, n. 510 - Riv. personale ente locale 2001, 902 - s.m.).

 




 


Articolo di Francesco Pittaluga

Mercoledì, 07 Dicembre 2005
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