Associazione Lorenzo Guarnieri: "Sicurezza stradale, numeri sbagliati"
Anche quest’anno la presentazione dei dati Istat-ACI sul 2015 ha mostrato i suoi limiti di sostanziale “sotto-rappresentazione” del fenomeno della violenza stradale, nonostante qualche passo avanti -da apprezzare- sul tema dei feriti gravi e degli scontri alcol correlati.
Che l’indagine non sia affidabile nell’analisi delle cause degli scontri è la stessa Istat ad ammetterlo, ma già da tempo molti degli addetti ai lavori sanno che anche la contabilizzazione del fenomeno non è veritiera: per eludere questo problema si concentrano sul dato tendenziale (aumento o diminuzione rispetto all’anno precedente), come se conoscere il valore assoluto dei morti, dei feriti gravi, dei feriti leggeri, la loro frequenza in proporzione ai veicoli circolanti e le loro differenze geografiche normalizzate non fosse importante.
Sicuramente la sottostima del numero dei morti è nota all’Istat almeno dal 2012, quando feci rilevare che nel dato della Toscana relativo all’anno 2010 mancavano 24 morti, fra cui mio figlio: il dato fu corretto dopo due anni ma poi non più verificato anche in tutte le altre regioni.
Da tempo è anche noto che la popolazione totale di feriti e morti riportata dalle assicurazioni (fonte ANIA) è più del doppio di quella indicata dall’ISTAT: 577.058 contro 251.530 nel 2014 (neanche nella seconda guerra mondiale i feriti sono stati stimati con un’approssimazione superiore al 100% a livello nazionale).
Ma ciò che più salta all’occhio -anche negli ultimi dati 2015- è la differenza di “pericolosità stradale” fra regioni e province italiane: e salta all’occhio per la sua “contro-intuitività”!
Assumiamo come indicatori di pericolosità stradale il numero dei morti e quello dei feriti rispetto alla popolazione riportati dall’Istat.
Nella regione italiana più “sicura” muoiono 4 persone, mentre in quella più “pericolosa” ne muoiono 7,3 ogni 100.000 abitanti ogni anno.
Lo stesso accade se consideriamo i feriti: nella regione d’Italia “sicura”, a parità di abitanti ho il 56% dei feriti in meno per scontri stradali rispetto alla regione “pericolosa”.
Ci si aspetterebbe allora che questo avesse un impatto sui premi assicurativi, che dipendono dall’entità dei rimborsi che ogni anno le assicurazioni devono sostenere (nel 2015 i due terzi dei rimborsi delle assicurazioni è stato per danni alle persone). Chi vive nella regione “sicura” dovrebbe avere il beneficio di pagare un premio assicurativo più basso rispetto a chi vive nella regione “pericolosa”. Ma non è affatto così: gli abitanti della regione “sicura” pagano nel 2015 un premio assicurativo medio molto più alto rispetto alla regione “pericolosa” (798 € contro 475 € per la regione pericolosa e una media Italia di 506,4 € - fonte osservatorio assicurazione.it)
Cerchiamo di capire meglio e scendiamo a livello di provincia. E qui la differenza viene addirittura esaltata. La provincia capoluogo della regione “sicura” con 2,8 morti sulle strade ogni 100.000 abitanti si pone a livello di Svezia e Regno Unito, migliori in Europa e nel mondo!
Nella provincia capoluogo della regione “pericolosa”, si muore più del doppio (2,3) di volte in più rispetto al capoluogo di provincia della regione “sicura”.
Sorge un dubbio. Dipenderà da un comportamento virtuoso dei cittadini che nella provincia della regione “sicura” usano i mezzi pubblici per muoversi e hanno meno traffico rispetto al capoluogo della regione “pericolosa”? Normalizziamo allora i dati per numero di veicoli nelle due province, ma il risultato non cambia. Così come risulta confermato che i cittadini più “spericolati” pagano il 40% in meno di quelli “prudenti”. Le assicurazioni devono essere impazzite se fanno pagare premi più alti dove l’incidentalità è più bassa.
E’ bene svelare a questo punto che per l’ISTAT-ACI la regione italiana più “sicura” è la Campania e la provincia “prudente” è Napoli ,con livelli di mortalità e feriti comparabili ai primi posti nel mondo, a fianco di Svezia e Regno Unito, due paesi notoriamente molto attenti alla sicurezza stradale. La regione più “pericolosa” è invece l’Emilia Romagna e la provincia “spericolata” è Bologna.
E’ evidente che Istat e Aci non hanno la responsabilità diretta nella raccolta di questi dati da parte di tutti i comuni italiani, ma è difficile comprendere perché non rilevino la stranezza di questi dati e non segnalino chiaramente la loro inaffidabilità, studiando e proponendo al contempo un meccanismo diverso di raccolta e di trasferimento dei dati dalla periferia al centro, visto che quello attuale è fuor di dubbio che non funzioni.
Insomma i dati ISTAT-ACI in valore assoluto non rappresentano cosa accade nelle strade del nostro paese. La violenza stradale è significativamente sottostimata soprattutto, ma non solo, al sud. Continuiamo a non rappresentare bene il fenomeno che costituisce la prima causa di morte della popolazione italiana sotto i 40 anni. Anche questo è un segno di mancata civiltà! E un paese che non sa dove e come muoiono i suoi giovani, e di conseguenza non sa impostare politiche adeguate di contrasto, ne ha ancora tanta di strada da fare.
* Stefano Guarnieri, fondatore Associazione Lorenzo Guarnieri
Stefano Guarnieri rimette in discussione i dati Aci-Istat sugli incidenti stradali del 2015 in quanto sottostimati e lo fa con argomenti calzanti (e incalzanti) che ASAPS condivide.