Rivoluzione sharing mobility: 700 mila italiani si muovono con auto condivise a noleggio
Oggi 700 mila italiani hanno in tasca una tessera per poter guidare un’automobile condivisa a noleggio. Conti alla mano si tratta di un patentato ogni 54 ma in realtà il dato è superiore se si considera che i servizi di car sharing sono attivi in 29 città e quindi sono escluse larghe fette del Paese. Malgrado questo — secondo il primo rapporto sulla sharing mobility in Italia, diffuso oggi a Roma dall’omonimo Osservatorio nazionale— sono stati effettuati complessivamente circa 6,5 milioni di noleggi con una percorrenza complessiva di 50 milioni di chilometri. Quindi, non è azzardato affermare che ci sia in atto una rivoluzione culturale nella mentalità dei guidatori metropolitani che stanno mettendo in discussione il concetto di proprietà esclusiva del volante.
Basti pensare che il numero di veicoli condivisi globalmente in Italia tra il 2013 e il 2015 è quadruplicato mentre il numero degli iscritti e dei noleggi è cresciuto rispettivamente di 12 e 30 volte. Anche se tutte le città italiane con popolazione maggiore di 250mila abitanti hanno almeno un servizio di car sharing, la strada da fare è molta visto che mancano all’appello ben 89 capoluoghi provincia, fra cui — precisano dall’Osservatorio — anche due città metropolitane come Messina e Reggio Calabria. Senza considerare che Napoli è servita da un solo operatore e in modalità sperimentale. Un gap del Centro-Sud che appare evidente se si pensa che 21 delle 29 città in cui è attivo il servizio sono nel Settentrione e solo cinque nel Meridione.
Scendendo ancora più in dettaglio, il 34 per cento dei 5.764 veicoli condivisi — attraverso le formule di free floating (l’auto che si preleva e lascia ovunque) e station based (si preleva e lascia in appositi spazi) — si trova a Milano: la vera «capitale» anche degli iscritti (370 mila). Poi arriva Roma (il 26% dei veicoli e 220mila utenti), Torino (16% dei veicoli) e Firenze (11%). Proprio il boom del capoluogo lombardo è stato analizzato a fondo dall’Osservatorio. «Circa 60 mila milanesi dichiarano di utilizzare con frequenza i servizi di mobilità condivisa nelle varie tipologie - spiegano - e quasi sette intervistati su dieci (67,5%) hanno un’automobile (presente nel 75,6% delle famiglie) ma quasi il 30% non ne ha nessuna e la percentuale sale al 37,5 tra chi abita da solo (famiglie con unico componente).
In più, il 22,7% degli associati ai vari sistemi e il 19,4% di utenti specifici del car sharing dice di aver rinunciato completamente all’auto privata e, rispettivamente, il 36,4% e il 45,1% degli stessi si dichiara disposto a farlo a certe condizioni come per esempio un ulteriore sviluppo dei servizi di sharing». Un futuro non proprio lontano visto che sempre più multinazionali hanno deciso di investire in questo nuovo settore. Ultime in ordine di tempo sono Bmw che ha appena lanciato il suo servizio Drive Now a Milano e Toyota con Yuko a Forlì. «Le città, dove gravitano oltre i due terzi della popolazione italiana — ha spiegato il direttore della Fondazione sviluppo sostenibile, Raimondo Orsini, durante la prima conferenza nazionale sulla sharing mobility organizzata dall’omonimo Osservatorio — stanno diventando veri e propri laboratori per la rivoluzione della mobilità e i cittadini tendono sempre più a privilegiare l’utilizzo di servizi di mobilità piuttosto che la proprietà del mezzo di trasporto e ciò aiuta anche il trasporto pubblico».
Trasporto pubblico che è sempre più condiviso. Parole come bike sharing, car pooling, scooter sharing, bus sharing e park sharing sono oramai nel vocabolario di milioni di italiani grazie anche alle tecnologie e alle App che, con facilità, permettono di prenotare e acquistare i servizi. L’Italia, ad esempio, con 13.770 bici condivise in più di 200 Comuni è il Paese europeo in cui la diffusione, in termini di numero di servizi attivi, è più alta. In Francia, dove il bike sharing ha avuto pure un grande successo, è presente in 40 città. Tornando al nostro Paese, anche in questo caso, il Nord è in testa con il 64% dei servizi e l’ 81% delle bici condivise, contro il 14% del Centro e il 22% del Meridione.
Un’altra nicchia di mobilità condivisa che sta prendendo sempre più piede è il car pooling. Una sorta di autostop 2.0 che consente di condividere con altre persone uno spostamento in automobile prestabilito che è una soluzione valida anche per risparmiare sul tragitto casa-lavoro o da città a città. Non a caso oltre al leader di mercato BlaBlaCar esistono tanti altri operatori come Clacsoon, iGoOn, Easymoove, Zego, Moovely, Scooterino, Strappo, Jojob e UP2GO. Un successo che ha anche motivazioni sociologiche. In pratica questo tipo di servizio, per il consumatore di qualsiasi età sa unire l’elemento razionale di sfruttare un servizio personalmente utile personalmente all’idea «nobile» di partecipare a qualcosa di utile per la collettività.
I benefici — sempre secondo i dati del primo rapporto nazionale sulla sharing mobility — riguardano, infatti, anche l’ambiente. Ci sarebbe stata una riduzione delle percorrenze con veicoli privati tra il 16% e 20% che ha comportato una conseguente riduzione delle emissioni di CO2. «Occorre trasformare in modo radicale nei prossimi anni, il modo di muoversi delle persone e di trasportare merci, specie nelle aree urbane, e per fare questo occorre, oltre allo sforzo del Governo — ha affermato Silvia Velo, sottosegretaria all’Ambiente nel corso del suo intervento alla prima conferenza nazionale della sharing mobility — uno sforzo importante delle città, dei Comuni e delle città Metropolitane. In particolare, nell’ambito di tali strategie le città soprattutto rivestono un ruolo fondamentale per sviluppare un contesto favorevole per la mobilità a basse emissioni, considerato che il trasporto urbano, da solo, è responsabile di una parte rilevante delle emissioni di gas serra nell’Ue».
Ecco perché, l’Osservatorio oggi ha proposto a tutte le istituzioni e ai privati che ha riunito intorno a un tavolo una vera e propria road map che individua alcuni temi prioritari su cui intervenire subito: l’inserimento della sharing mobility nel nuovo Codice della strada, l’avvio di incentivi fiscali agli operatori e agli utilizzatori di sharing, la definizione di nuove forme di assicurazione ed una pianificazione urbana che consideri la sharing mobility come alleato del trasporto pubblico.
di Alessio Ribaudo
da corriere.it