Sabato 23 Novembre 2024
area riservata
ASAPS.it su
Articoli 04/02/2017

Quando muore un collega
di Lorenzo Borselli*

Quando muore un collega, i telefoni degli altri poliziotti impazziscono. Arrivano messaggi, fotografie, note di ricerca. Se la morte è un omicidio, molti di noi vanno in ufficio, accendono i terminali, chiamano chi è più informato e aspettano le novità.
Succede lo stesso quando c’è un attentato o una calamità e lo facciamo per esserci, nel caso in cui serva.
Francesco Pischedda è morto nella notte, dopo aver lottato con un delinquente che era a bordo, con due suoi complici, di un’auto rubata. È scappato, ha speronato l’auto di servizio, si è schiantato, è uscito indenne dall’impatto ed è fuggito ancora, a piedi. Si è scontrato con Francesco, che non voleva lasciarlo scappare, e insieme sono caduti nel vuoto: lui, il delinquente, se la cava, Francesco invece muore.
Si sa, nella realtà è più facile che vada a finir così.
E dire che il moldavo, se si fosse fermato e avesse consegnato i grimaldelli ai suoi inseguitori, difficilmente sarebbe stato arrestato. Più facilmente, il sottufficiale di turno avrebbe tentato di fare la telefonata al Pubblico Ministero, spiegando la cosa e proponendo un bel fermo di PG per ricettazione: al 50% un sì, al 50% un no.
Ma nel giro di un paio di giorni il moldavo, che scopriremo sicuramente essere un pluripregiudicato,  sarebbe tornato libero, libero di rubare un’altra macchina e di ricominciare le sue razzie,  in un Paese in cui l’impunità è garantita.
Nomadi, stranieri, italiani: tutti uguali di fronte alla legge. Attenuanti, riti abbreviati, indulti, amnistie, sentenze che De André avrebbe definito “un po’ originali”, parafrasando George Brassens.
Francesco sarebbe invece tornato a casa, dalla sua compagna e dalla sua piccolina di 10 mesi, avrebbe telefonato a suo babbo e a sua mamma e si sarebbe lamentato del turno in quinta, delle due lire di stipendio e del “Sistema” che aveva rimesso in libertà a tempo record quel ladro moldavo.
Invece no.
Quando muore un collega noi vorremmo avere il Paese al nostro fianco, vorremmo leggi più severe, Pubblici Ministeri più investigatori e meno avvocati e giudici più attenti. Vorremmo essere più professionali, avere pistole elettriche (altro che peperoncino, buono solo a intossicare anche noi) e più colleghi pronti a darti una mano.
Quando muore un collega, capiamo un sacco di cose.
Una su tutte è la risposta alla domanda che ti fanno gli anziani il primo giorno di servizio, il Training Day. “Ragazzo, ne vale la pena?”.
Tu ci credi e pensi di si, ma dopo ogni funerale la pensi in maniera diversa, almeno per un po’.
Grazie Francesco.

 

*Consigliere Nazionale e
Responsabile della Comunicazione ASAPS

 


La testimonianza di chi condivide in divisa il lavoro di Francesco. (ASAPS)

Sabato, 04 Febbraio 2017
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK