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Notizie brevi 20/04/2012

PARTE IL PROCESSO DI APPELLO AGLI ASSASSINI DI STEFANO BIONDI. NOI VOGLIAMO RICORDARE QUEL TRAGICO GIORNO CHE CE LO HA PORTATO VIA.

Dalla giustizia aspettiamo solo una conferma


Ci sono due uomini, in carcere, che scontano un delitto terribile: hanno ucciso il nostro Stefano Biondi, agente della Polizia Stradale di Modena Nord. Lo hanno ucciso senza pietà, il nostro Stefano, travolgendolo come animali rabbiosi in cerca di un’insensata via di scampo.
Il loro istinto bestiale, la loro cieca furia omicida, prevalse il 20 aprile 2004, sulla fredda logica che dovrebbe muovere anche i peggiori criminali.
Invece agirono da carnefici quali sono: Fabio Montagnino e Michele D’Ambrosio, decisero che non dovevano farsi prendere, di non passare quel paio di mesi in cella che sarebbe loro toccato.
E uccisero chi li aveva catturati seguendo scrupolosamente le regole d’ingaggio che la legge prevede, della legge che avevano deciso di infrangere fino in fondo.
Solo per questo, se fossero stati uomini d’onore, avrebbero dovuto arrendersi a chi in quel momento li aveva battuti ed era sceso dall’auto di servizio per ottenere la loro resa, Stefano appunto.
Pistola in mano, il suo cuore batteva all’impazzata, come accade a tutti noi che facciamo lo stesso mestiere quando fronteggiamo l’ignoto. Le pulsazioni, rinvigorite dai potenti flussi di adrenalina, le senti nel collo e scandiscono i tuoi passi. Sembra un film, vedi solo i tuoi nemici, rinchiusi nell’abitacolo ringhioso di un’auto inferocita, che sgassa all’impazzata dopo che la trappola le aveva negato la fuga.
I suoi occhi incrociano quelli dei due “uomini” dentro l’auto, che non accettano la resa offerta. La leva del cambio ingrana furtivamente la prima e d’un tratto le ruote sgommano fumando, proiettando i carnefici verso l’aspirazione di un’improbabile e libera impunità oltre il corpo di quello sbirro che li aveva incastrati, che lì non ci doveva nemmeno essere, visto che il suo turno era pure finito.
Il corpo di Stefano è rimasto senza vita sull’asfalto che aveva tante volte calpestato, nel silenzio incredulo e irreale di una scena assurda, mentre a poche centinaia di metri spari in aria, grida concitate, ancora paura, fino alla cattura di chi lo aveva ridotto così.
Il processo d’appello comincia oggi a Bologna, a distanza di nemmeno un anno dalla condanna esemplare inflitta agli imputati il 17 febbraio 2005 al termine del processo di primo grado, accettata con liberazione e serenità dai familiari, la mamma Loredana, papà Luciano e la sorella Marzia e dagli amici di Stefano, noi fra loro.
Fu accolta invece con cattiveria e spregio da alcuni dei congiunti più stretti degli imputati.
Non ripetiamo la frase rivolta dalla mamma di uno dei due a quella di Stefano. Ci permettiamo solo di fare una considerazione: non c’è da stupirsi se il figlio sia diventato così cattivo.
“Ergastolo”, pronunciò il giudice, a Fabio Montagnino, per omicidio volontario, e “14 anni” a Michele D’Ambrosio, che condivise con lui la responsabilità morale di quell’orrendo delitto, reso ancora più crudele dall’insensatezza dei motivi che lo videro attuato, per la taratura della vittima, per quello che rappresentava Stefano Biondi per l’avamposto autostradale di Modena Nord e poi, con la bandiera sul feretro, per tutte le forze dell’ordine.
La sentenza ci ha ridato coraggio e serenità, ed ha mitigato gli animi di chi aveva conosciuto il nostro referente Asaps in prima linea e temeva che giustizia non fosse fatta, o che fosse fatta a metà.
Le tesi della difesa avevano sconcertato, per il tentativo di scagionare i due assassini dal dolo, attribuendo a Stefano la colpa di essersi messo sulla via di fuga, come se fosse lecito delinquere e ancor più lecito scappare dopo esser stati presi.
Come se i due criminali avessero agito per legittima difesa.
Oggi, lo confessiamo, un po’ di inquietudine la sentiamo.
Non per il timore di perdere una sorta di vendetta, ma per la beffa che sarebbe togliere alla memoria di Stefano la pienezza del suo gesto e la grandezza del suo coraggio, pari solo a quella del suo cuore.
Ora aspettiamo solo la conferma della Giustizia.

L’Asaps

 

Venerdì, 20 Aprile 2012
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