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Articoli 01/03/2017

“Me ne vado, ma voi allacciate la cintura”
È questo il messaggio, l’ultimo, di DJ Fabo. Non dimentichiamolo mai

Di Lorenzo Borselli *

 

 

(ASAPS) Forlì, 1 marzo 2017 – La vita di Fabiano Antoniani è finita per sua volontà e su questo non c’è da discutere. Condannato ad una notte senza fine, inchiodato al suo letto dai ceppi dell’immobilità, Dj Fabo ha voluto fare l’ultima scelta della propria esistenza schiacciando, coi denti, il pulsante che lo avrebbe lasciato andare.
Tranquilli: non ci metteremo a dissertare su etica e morale.


Certo pensiamo, anzi ne siamo convinti, che solo una società di trogloditi possa continuare a ragionare, godendone, in un pantano di ipocrisia mentre tanti Fabo, Piergiorgio, Luca e centinaia di altre persone chiedono di essere lasciate andare, reclamando nell’icona sconvolgente della loro infermità, puntualmente contrapposta alle immagini della loro vita di una volta, un ultimo atto da persone libere.


Lo pensiamo, ma la nostra riflessione è un’altra: Fabiano è vittima di un incidente stradale e una delle ultime cose che ha voluto dire, è stato un invito a mettere le cinture.

 

 

Foto da ilgiornale.it

 

Facciamo per una volta le cose come si deve e trasformiamo la volontà di Fabiano Antoniani in un atto concreto, quotidiano, che dia un senso alla sua morte che, per la statistica e la società, non sarà mai legata all’incidente che dal 2014 aveva trasformato la sua vita in un’eterna tortura: mettiamo la cintura.
Anche Eluana Englaro, la ragazza che “visse” in un mondo di niente per 17 anni, fino a quando il papà decise di interromperle l’alimentazione, pur essendo un caso completamente diverso da quello di Fabiano, fu vittima di un incidente stradale di cui la statistica ignora l’esito.
Nessun atto che indicasse l’effettiva volontà di Eluana poteva essere portato a sostegno della battaglia del padre Beppino, mentre nel caso di Fabiano c’è la sua inequivocabile e lucida manifestazione di volontà.
I due casi, per il resto, hanno tutto in comune: entrambi sono stati “provocati” da incidenti stradali, entrambi sono stati condannati  all’infermità assoluta, entrambi hanno avuto come esito finale la loro morte. Nessuna speranza di farcela.
Eppure, in queste tremende storie, non avvertiamo nessuna eco di rombi di motori, di frenata, di schianti.
Nessuno, ad eccezione di Fabo, sembra essersene ricordato.

Tutti viviamo con l’incubo di contrarre la SLA o una qualsiasi malattia, ma nessuno di noi pensa che solo andando più piano, allacciando la cintura, indossando il casco, evitando alcol e droghe abbiamo qualche speranza in più di riportare la pelle a casa.
“Riportare la pelle a casa” non è una figura retorica scelta per suscitare un qualche effetto nel lettore: è la semplice verità.
Perché andare in giro per la strada e comportarsi bene, non è affatto garanzia che tutto vada bene: bisogna che tutti si comportino nella stessa maniera.

Ci lamentiamo se per una guida in stato di ebbrezza il giudice ci condanna, con decreto penale a 3 mesi di arresto e 750 euro di ammenda, convertendo poi la pena detentiva a 23mila euro?
Non dovremmo.
Se arrestassimo un “untore” che trasmettesse alla gente, per strada, una qualche malattia che portasse all’immobilità completa e ad una lenta morte, per lui vorremmo il patibolo.
Dimenticando tutte le nostre più etiche convinzioni. (ASAPS)

 

 

*Consigliere Nazionale e
Responsabile della Comunicazione ASAPS


Anche Eluana Englaro, la ragazza che “visse” in un mondo di niente per 17 anni, fino a quando il papà decise di interromperle l’alimentazione, pur essendo un caso completamente diverso da quello di Fabiano, fu vittima di un incidente stradale di cui la statistica ignora l’esito.
Eppure, in queste tremende storie, non avvertiamo nessuna eco di rombi di motori, di frenata, di schianti.
Nessuno, ad eccezione di Fabo, sembra essersene ricordato. (ASAPS)

 

 


 

Mercoledì, 01 Marzo 2017
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