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News 21/01/2006

CASSAZIONE: ARRESTO INGIUSTO? NON FA REATO CHI SPINGE E FUGGE


(AGI) - Roma, 20 gen. - Non commette reato chi, ingiustamente arrestato, si ribella e fugge. La Cassazione ha cosi’ annullato definitivamente la pena a 4 mesi di reclusione di un imputato, sorvegliato di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, accusato di resistenza a pubblico ufficiale. Ammanettato ingiustamente, in attesa che le forze dell’ordine verificassero se egli avesse o meno violato gli obblighi connessi al suo status di sorvegliato speciale di Ps, il sospetto, approfittando della necessita’ di andare in bagno, aveva spinto il carabiniere che lo aveva per un attimo liberato dalla manette ed era scappato. Scrive la Cassazione: "Non puo’ esservi dubbio che nel caso in esame l’iniziativa dei carabinieri di ammanettare nell’atrio della caserma" il sospetto e "di lasciarlo in tale stato, in attesa di poter espletare gli accertamenti per stabilire se avesse o meno violato gli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale di Ps con obbligo di soggiorno, integri gli estremi dell’atto arbitrario". Per gli alti magistrati, "il sostanziale arresto, al di fuori di ogni regola, di una persona, prima ancora di accertare se la stessa avesse effettivamente contravvenuto agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, circostanza questa rivelatasi, poi, del tutto infondata, e’ certamente atto illegittimo e lesivo della dignita’ umana e non puo’ non essere avvertito come tale dalla persona che ne’ destinataria". Trova pertanto giustificazione la reazione dell’imputato che "col pretesto di voler andare in bagno, convinse i militari a liberarlo dalla manette e, approfittando della maggiore liberta’ di movimento, si divincolo’ con spintoni dai suoi sorveglianti e riusci’ a fuggire". E’ una reazione, scrivono ancora i giudici di Palazzaccio, sesta sezione penale, legata "all’arbitrio posto in essere dai pubblici ufficiali e a nulla rileva che non sia stata contestuale all’ammanettamento, ma sia intervenuta poco dopo, quando comunque lo stato di illegittima restrizione della liberta’, senza mai subire alcuna soluzione di continuita’, era ancora in atto". Affermano, nella sentenza 2263, i supremi giudici fra l’altro che "seguendo un percorso ermeneutico piu’ equilibrato e piu’ aderente ai valori di uno Stato democratico e ai principi di reciproco rispetto fra gli organi di questo e i cittadini" si deve ritenere che "l’eccesso arbitrario rileva essenzialmente nella sua oggettivita’ e non tanto nell’atteggiamento psicologico del pubblico ufficiale", difficile, per altro, da identificare da parte di un privato cittadino. Insomma, e’ al comportamento del pubblico ufficiale, considerato in modo obiettivo, che bisogna guardare innanzitutto e verificare se lo stesso venga percepito "dall’osservatore avveduto come manifestazione di un atteggiamento psicologico improntato a prepotenza, sopruso, capriccio, malanimo, si’ da giustificare, in analogia allo ’stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui’, la reazione immediata da parte di chi detto atteggiamento subisce e ne avverte la profonda ingiustizia".

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Sabato, 21 Gennaio 2006
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