L’ADDIO
«Mio zio Giovanni, l’operaio ucciso sulla A10»
Mio zio è morto domenica mattina mentre svolgeva il suo lavoro sul tratto autostradale A10. Stiamo vivendo ore indefinite e indefinibili. Uniti da ricordi e da profonda amarezza. La rabbia si alterna a tenerezza per quell’ uomo che non farà più parte delle nostre vite terrene. Nostalgici di ogni suo gesto e di ogni suo errore. Starei qui a scrivere pagine e pagine per raccontare chi fosse Giovanni Casaburi. Per rendervi partecipi del nostro dolore, per rendere meno anonimo il volto di un operaio morto sul lavoro, uno dei tanti in un Paese che al lavoro non riesce a dare la giusta dignità. Vorrei provare a suscitare compassione e scuotere al punto tale da condividere con tutti il nostro vuoto incolmabile. Nessuno potrà riportarlo nelle nostre vite, questo lo sappiamo, come pure sappiamo che nessun altro dovrebbe piangere la perdita di una persona cara, colpevole solo di trovarsi sul posto di lavoro. Non cerchiamo vendetta, non vogliamo che la vita di altri venga travolta, soffriremo stringendoci l’ uno all’ altro, ma non in silenzio. Sarà lungo il percorso verso la verità, ma vogliamo sapere, vogliamo che qualcuno ci convinca che questa tragedia è stata una fatalità. E se non dovesse essere così, pretendiamo che sia fatta chiarezza. Perché Giovanni Casaburi è un figlio, un padre, un fratello, un compagno di vita, uno zio. Perché Giovanni Casaburi è un uomo che stava lavorando e tacere renderebbe la sua assenza ancora più dolorosa.
Micaela Migliore
Il tenero ma fermo ricordo del nipote di uno dei due operai morti nel tragico incidente della A10. (ASAPS)