(ASAPS) BOLOGNA – “Ergastolo” grida Marzia Biondi quando esce dall’aula della Corte d’Assise d’Appello. Spalanca il portone e trova fuori il mondo di suo fratello Stefano, ucciso il 20 aprile 2004 da una coppia di assassini che cercavano di fuggire alla Polizia Stradale e che Biondi era riuscito a bloccare in autostrada, sullo svincolo di Reggio Emilia. Uomini e donne di Modena Nord, comandante Giancarlo Alberti e vice comandante Gabriele Gibellini in testa, e poi i dirigenti della Sezione e del Compartimento, oltre a noi dell’Asaps col presidente, i parenti, gli amici: tutti parte di un mondo lasciato fuori dell’aula, dove il processo si teneva a porte chiuse, del quale Stefano Biondi era al centro, anche se lo abbiamo scoperto solo quando era troppo tardi. Le ore trascorse fuori erano state di vera angoscia, vissute con la sottile inquietudine di chi aspetta un verdetto. Sereni e fiduciosi, certo, ma anche sbalorditi che le farneticazioni di alcuni difensori – riportate da chi in aula c’era – potessero anche solo essere pensate, figurarsi ad essere poi dette e portate a difesa di quei due delinquenti. Per questo la voce di Marzia è per tutti una liberazione: il presidente della corte d’assise Paolo Angeli (giudice a latere Alberto Candi) ha confermato dopo 4 ore di camera di consiglio la sentenza di primo grado, emessa un anno fa dal Gip di Reggio Emilia Cristina Beretti nel rito abbreviato, ribadendo che Fabio Montagnino, l’autista 33enne della Porsche maledetta, deve scontare l’ergastolo, mentre il suo complice Michele D’Ambrosio, 29 anni, dovrà restare in cella per 14 anni. Nelle ore che avevano preceduto il pronunciamento della corte, la mamma Loredana, il babbo Luciano e la sorella Marzia avevano trascorso tutto il tempo con i colleghi di Stefano. Avevano parlato, si erano abbracciati, si erano confidati l’un l’altro le proprie frustrazioni, le proprie paure, i timori che la sentenza potesse ribaltarsi e che i due delinquenti potessero veder mitigata la propria condanna. Eppure nessuno ha perso la propria serenità, ed hanno atteso con rispetto e compostezza – la stessa con cui Stefano la faceva rispettare – la Legge. Nelle quattro ore di camera di consiglio, mamma Luciana (i ragazzi in divisa la chiamano così) e il papà Luciano hanno portato panini, fatti in casa da loro e bibite per tutti gli amici di quel ragazzone falciato da Montagnino e D’Ambrosio, reduci da un colpo gobbo e che cercavano di mettere quanta più strada possibile tra loro e l’organizzazione di trafficanti di droga che avevano appena rapinato. La storia, la conosciamo tutti ed evitiamo di ripeterla. Non possiamo invece glissare sul tentativo che la difesa di Montagnino ha fatto per alleggerire la colpa del proprio assistito, che secondo la versione portata in aula non era mirata ad uccidere. I particolari hanno fatto inorridire mamma Loredana e la tensione è salita alle stelle. Subito dopo la lettura del dispositivo di condanna, che prevede anche un risarcimento, alcuni dei parenti dei condannati hanno inveito contro i Biondi, augurando che il risarcimento serva loro per comprare medicine. La riportiamo, questa frase, perché deve servire a capire. A capire cosa lo lasciamo alla vostra sensibilità. Se questa è una vittoria, allora dobbiamo ringraziare chi l’ha combattuta in prima linea: il PG Rinaldo Rosini, che ha ottenuto la conferma delle condanne di primo grado, gli avvocati Cosimo Zaccaria e Massimo Donini, che hanno rappresentato la parte civile con professionalità e competenza e non ultimi coloro che all’epoca condussero le indagini, ricostruendo il mosaico di prove che inchiodano i due alle loro responsabilità. Ai difensori degli imputati non resta che attendere la lettura dei motivi della sentenza, che saranno disponibili entro i prossimi 90 giorni. Dopodichè, attenderemo la Cassazione. (ASAPS)
|