"Travesto i miei studenti da sedili, per capire meglio l'auto senza pilota"
ROMA - Sembra una scena comune: c’è un semaforo rosso, auto ferme e pedoni che stanno per attraversare la strada. C’è però una sorpresa: una delle auto in prima fila è senza guidatore. Che sia una driverless? In realtà no - altro colpo di scena - il guidatore umano c’è, ma è pressoché invisibile perché camuffato da sedile. Sembra una Candid Camera, invece è un esperimento sulla percezione delle auto a guida autonoma da parte dei pedoni. Lo conduce Don Norman, ingegnere e psicologo, oggi direttore del Design Lab della University of California di San Diego e negli anni Novanta vicepresidente del gruppo di tecnologie avanzate di Apple.
Perché fate travestire i vostri ricercatori da sedili d’auto?
"Vogliamo capire come le auto driverless dovrebbero comunicare con i pedoni. Per farlo utilizziamo veicoli che sembrino a guida autonoma e senza alcun essere umano a bordo, cosa che però al momento non è permessa dalla legge. L’ispirazione? Wendy Ju, docente in interazione uomo-computer a Stanford, ha condotto il primo test del “guidatore fantasma”, ispirandosi a uno scherzo caricato su YouTube da un ragazzo che si faceva gioco così degli inservienti di un fast food. Wendy – che mi ha anche fatto provare la tuta, sono stato io stesso un “guidatore fantasma” – ha trovato che le persone sono impassibili di fronte alle auto senza pilota, a patto che le azioni del veicolo siano chiare. Anche se la fiducia rimane inferiore rispetto alle auto classiche".
E state riscontrando reazioni interessanti a San Diego?
"Con nostra sorpresa, la maggior parte delle persone non ci fa nemmeno caso. Inizialmente abbiamo fatto fermare l’auto un metro prima di un passaggio pedonale. Quasi nessun pedone cercava il contatto visivo con i guidatori e l’auto vuota passava inosservata. Abbiamo provato comportamenti più aggressivi, fermando l’auto appena sopra le strisce. I pedoni hanno iniziato a notarla e a esitare. Qualcuno ha deciso – più prudentemente - di passarle dietro".
Quindi le auto driverless dovrebbero diventare più aggressive?
"Dipende dalla situazione. Ad esempio a Milano ho visto una scena interessante: un’anziana signora attraversava lentamente sulle strisce e al verde era ancora in mezzo alla strada. Le auto sono rimaste in attesa, ma un motociclista ha fatto ruggire il motore. Ho pensato: è una buona strategia, una aggressività “sicura” che trasmette il messaggio: “Signora, potrebbe accelerare l’andatura?” senza creare una situazione di pericolo. Le auto driverless dovrebbero poter simulare motori rombanti o muoversi con impazienza avanti e indietro, come per comunicare: “Forza, liberare il passaggio!”".
Cosa pensa delle auto semi-autonome, come le Tesla?
"Il periodo più pericoloso sarà quando avremo sulle strade proprio auto non del tutto autonome. C’è chi minimizza: quando c’è un’emergenza, interverrà il guidatore. In realtà, 40 anni di studi spiegano che gli umani, se inattivi a lungo, non sono in grado di intervenire in tempo. Il problema non è passare dalla guida tutta umana di oggi alla guida tutta automatica: è la fase intermedia a essere pericolosa".
Qual è il modo giusto di pensare a un’auto driverless?
"Immaginarla come un cavallo, che si prende cura dei dettagli di basso livello, ad esempionon farti finire in un fosso o evitare un albero. E tu come cavaliere dai all’animale istruzioni di alto livello: gli fai capire dove vuoi andare e a che velocità".
E se un poliziotto fermasse una delle sue 'auto fantasma', che succederebbe?
(Ride). "Sarebbe molto interessante scoprirlo. C’è comunque una persona con le mani sul volante. Ma magari ci farebbe una multa invisibile".
di Giuliano Aluffi
da repubblica.it
L’esperimento e le reazioni. (ASAPS)
"E se un poliziotto fermasse una delle sue 'auto fantasma', che succederebbe?
(Ride). "Sarebbe molto interessante scoprirlo. C’è comunque una persona con le mani sul volante. Ma magari ci farebbe una multa invisibile".