LA VIDEOINCHIESTA
Sulla Valassina con la stradale: tutti ci superano
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Incidenti a raffica|Video
«Attenzione: c’è un Monza 603». Alla Polstrada di Lecco conoscono bene il codice di un incidente mortale. Lungo la SS 36, la Monza-Lecco-Colico, le pattuglie di servizio lo hanno usato per 21 volte in quattro anni. Dunque 21 morti, purtroppo, e oltre 2000 feriti in più di 2500 incidenti registrati dal 2012 - secondo i report ufficiali - sui 90 chilometri attraversati ogni giorno da oltre 80mila veicoli, una delle più trafficate d’Italia, una superstrada vitale tra Milano e l’Europa. Ma anche un’arteria tra le più infide. Inganna - con i suoi lunghi e ampi rettilinei - i meno esperti e gli automobilisti col piede facile sull’acceleratore. Tradisce lungo le curve e le immissioni, se la si percorre senza rispettare i limiti o con una distrazione di troppo. Nonostante questi dati, la Valassina - come è più nota - non ha neanche un autovelox. O meglio, i due unici impianti sono pronti ma si trovano da mesi impolverati nei box dell’Anas a Bellano in attesa degli ultimi timbri per l’installazione.
>VIDEO- Percorriamo la Valassina rispettando i limiti di velocità: tutti ci superano
«Tanti utenti sottovalutano la pericolosità di alcuni tratti - conferma il comandante della Polstrada di Lecco Mauro Livolsi - ma le nostre telecamere raccontano anche di automobilisti che ad un certo punto, inspiegabilmente, da soli perdono il controllo dei veicoli e si schiantano, mettendo spesso a rischio anche le vite altrui». Per mandare in tilt la superstrada a volte basta un cantiere o un tamponamento. In molti tratti, dalle porte di Lecco a Nord, in entrambe le carreggiate, mancano le corsie di emergenza. «E anche un semplice soccorso - evidenzia Livolsi - diventa un’attività rischiosa sia per gli utenti che per gli operatori».
>VIDEO - Auto e tir in galleria, la spaventosa sequenza degli incidenti sulla Statale 36
La SS36 Valassina non ha neanche un autovelox. O meglio, i due unici impianti sono pronti ma si trovano da mesi impolverati nei box dell’Anas a Bellano in attesa degli ultimi timbri per l’installazione (foto Roldano Radaelli) |
Che cosa si sta facendo intanto per rendere più sicura la Superstrada? «Grazie al supporto di Anas abbiamo decine di telecamere posizionate in tutte le gallerie e che registrano tutto, anche se non sono in grado di rilevare le velocità. Sono utilissime per ricostruire le dinamiche degli incidenti. Oltre alla nostra pattuglia operativa sulle 24 ore sul tratto provinciale di competenza - spiega ancora il dirigente della Polstrada lecchese - ci sono i controlli periodici su strada con le nostre postazioni, dai quali purtroppo non torniamo mai a mani vuote. Tanti non rispettano i limiti e questo rappresenta sempre un elemento di pericolo. Serve però uno scatto sulla cultura della prevenzione da parte degli automobilisti».
La SS36 percorre la regione con la più alta densità di imprese in Italia: il traffico dei lavoratori si somma a quello dei turisti. Una marea di automobilisti che - ognuno per le proprie ragioni - non vuol sentire parlare di velocità ridotte e protesta vivacemente all’introduzione di ogni limite, trovando sponda nella politica e nelle organizzazioni di artigiani e industriali. «Eppure, a conti fatti - rileva Livolsi - la differenza tra un viaggio nei limiti e uno oltre si conta in quattro, cinque di minuti in più, senza contare tutti i rischi che si corrono per sé e per gli altri».
L’altro aspetto riguarda la foresta di cartelli di limite di velocità che si susseguono lungo la SS36. Da Monza a Giussano/Verano, in direzione nord, vale il limite dei 110 km/h. Oltre questo tratto la velocità non può superare i 90; intorno al tunnel di Lecco si scende fino a 50, poi all’interno delle gallerie si risale ma solo fino a 70. Infine, nel tratto oltre Abbadia, si torna ai 90. Pur essendo tutti i limiti adeguatamente segnalati con i cartelli, un viaggio con queste diverse prescrizioni mette alla prova l’attenzione di tutti gli automobilisti. «Con la bella stagione, specie in concomitanza con i ponti festivi - conclude Livolsi - sale la preoccupazione. Abbiamo rilevato che questo è uno dei momenti in cui sale il numero di incidenti, specie per i motociclisti impegnati nelle tradizionali gite a due ruote lungo il Lago».
Eppure gli interventi sulla SS36 negli ultimi vent’anni sono stati rilevanti, con le gallerie di Lecco e il traforo del Monte Barro inaugurati nell’ottobre 1999, costo 300 milioni di euro (primo progetto del 1966), e il tunnel urbano di Monza, il più lungo d’Italia con i suoi 1800 metri, aperto nell’aprile 2013 e che ha richiesto oltre 260 milioni di euro di investimenti. Dalla loro apertura il viaggio è diventato più rapido ma con nuovi rischi, con centinaia di tamponamenti specie sul Ponte Manzoni e nel tunnel di Lecco. È stata completata pochi mesi fa la seconda risistemazione della curva a gomito e dello svincolo di Briosco (Mb), teatro di decine di incidenti e ribaltamenti, mentre è sostanzialmente ferma da 7 anni - tra fallimenti, progetti sbagliati e burocrazia - la realizzazione della pista ciclopedonale Lecco-Abbadia sotto la carreggiata della superstrada, che prevede anche la realizzazione di uno spazio adeguato per il passaggio dei mezzi di soccorso: nel tratto di SS36 che oggi collega i due Comuni non c’è marciapiede, ed è vietato a bici e pedoni.
di Roldano Radaelli
da milano.corriere.it
I controlli sulla velocità che non si vogliono. Tanti gli incidenti. Un’inchiesta dai risultati imbarazzanti. (ASAPS)
La SS36 percorre la regione con la più alta densità di imprese in Italia: il traffico dei lavoratori si somma a quello dei turisti. Una marea di automobilisti che - ognuno per le proprie ragioni - non vuol sentire parlare di velocità ridotte e protesta vivacemente all’introduzione di ogni limite, trovando sponda nella politica e nelle organizzazioni di artigiani e industriali. «Eppure, a conti fatti - rileva Livolsi - la differenza tra un viaggio nei limiti e uno oltre si conta in quattro, cinque di minuti in più, senza contare tutti i rischi che si corrono per sé e per gli altri». (ASAPS)