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Notizie brevi 12/12/2003

Il rapporto tra sicurezza e immagine del trasporto

Da "Uomini e trasporti" - Anno XXII n. 193 dicembre 2003

Il rapporto tra sicurezza e immagine del trasporto

di Mario Besi
Come migliorare la sicurezza sulle strade? Le risposte possono essere tante. Qualcuno vorrebbe affidarsi al nuovo codice, e in effetti i risultati, lungo questa strada, potrebbero essere tanti.

A patto però di percorrerla fino in fondo. Per cortesia, quindi: smettiamola di diffondere dati e statistiche sulle ridotte percentuali di incidenti. Anche se dicono che quelli che coinvolgono veicoli industriali scendono progressivamente (5,6% stando agli ultimi rilevamenti) il lasso di tempo analizzato è troppo ridotto per tirare conclusioni.

E ben lo sanno gli assicuratori che di fronte alla richiesta legittima di ridurre i premi vogliono prima verificare sul medio periodo il reale andamento delle cose, liberandolo cioè da quell’effetto emotivo legato all’entrata in vigore delle nuove disposizioni.

Molto interessante è invece la proposta di costruire un triangolo della sicurezza, paragonabile ¯ secondo una metafora da attribuire al sottosegretario Paolo Uggè ¯ a quello da esporre in caso di incidente, costruito su tre angoli importanti: un’efficiente sistema di controlli; un’applicazione del principio della corresponsabilità; la definizione di uno standard qualitativo per alcune tipologie di trasporti.

Ebbene, il primo non si può che condividere: ben venga e alla svelta; senza controlli si generano ingiustizie e distorsione della concorrenza, in quanto, tra le due categorie naturali in cui si dividono gli utenti della strada (trasportatori compresi), gli scrupolosi e gli scommettitori, si finisce per favorire questi ultimi.

Sul principio della corresponsabilità solleviamo qualche perplessità: e non tanto in termini di principio, ma sul fatto che le norme effettivamente saranno scritte come gli autotrasporatori gradirebbero e quindi come la sicurezza imporebbe rispetto ai tempi di percorrenza e ai sovraccarichi obbligati.

Di estrema rilevanza, invece, appare il terzo angolo, quello della definizione di uno standard qualitativo per alcune tipologie di trasporto, come quelli alimentari, quelli di prodotti farmaceutici, quelli di merci pericolose. In pratica cioè si tratta di definire una procedura garantita, che le aziende di trasporto assicurano di osservare quando movimentano determinate merci.

Quelle in cui il controllo costante delle condizioni di trasporto diventa elemento essenziale per la conservazione. Un alimento o un farmaco a cui si interrompe la catena del freddo, tanto per capirci, può diventare inefficace o addirittura tossico per chi poi, cliente finale, lo andrà ad assumere.

Il motivo di interesse è che così facendo si integra il trasportatore in una filiera che, in particolare nel settore agroalimentare, ragiona sempre più in termini di rintracciabilità, di ricostruzione del percorso seguito da un alimento dalla produzione alla trasformazione, fino alla distribuzione.

Tutti processi rigidamente certificati e visualizzati sull’imballaggio stesso con apposite etichettature che segnalano gli attori che hanno partecipato a questo processo.

Ora, se in questo processo finalizzato a tranquillizzare e garantire l’utente finale viene inserito pure il trasporto, si finisce per ridurre la distanza attualmente esistente tra trasportatore e consumatore. E soprattutto si mette il secondo nelle condizioni di comprendere l’importanza dell’operato del primo.

Ed è proprio questo, in fondo, il momento su cui si deve lavorare per correggere una visione distorta che l’opionione pubblica ha del trasporto.

Perfino Stefano Sterpone, general manager per Iveco del mercato Italia, ricordava come anche sua mamma, "malgrado la posizione del figlio", guardi al camion come a qualcosa di negativo, di ingombrante, di generatore di incidenti. Trascurando invece sia il fondamentale ruolo economico affidato al trasporto, sia la bassa percentuale di incidenti che vedono coinvolti veicoli industriali.

Ecco allora che poter garantire un servizio interessante non soltanto per il committente, ma perfino per il cliente finale appare come una sorta di strada obbligata per rettificare quell’immagine del trasportatore che pregiudizi diffusi e un immaginario colletivo costruiti sul grande schermo cinematografico (chi non ha visto Duel di Spielberg?) o peggio ancora sul tubo catodico televisivo (chi non ha seguito una qualche puntata di Striscia la notizia nelle ultime settimane) hanno troppo frequentemente compromesso.za e immagine del trasporto.

di Mario Besi

Da "Uomini e trasporti" - Anno XXII n. 193 dicembre 2003
Venerdì, 12 Dicembre 2003
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