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L’ULTIMA LEZIONE
A 20 anni dallo schianto mortale, la morte di Lady Diana rimane anche una lezione di educazione stradale da usare nelle scuole
Alcol, velocità e mancato uso delle cinture sono stati gli elementi determinanti.  La strada non guarda in faccia a nessuno. Neppure alle principesse da favola (una favola senza lieto fine)

La Mercedes S 280 sulla quale viaggiava Lady Diana, dopo il tragico schianto

Spesso quando vado nelle scuole a parlare di educazione stradale esordisco ricordando ai ragazzi che la strada è il posto più democratico che esista. Permette a tutti di percorrerla ma, se si sbaglia qualche comportamento,  sa essere severa e crudele come nessun altro posto al mondo, anche con chi non ha nessuna colpa.

Sì la strada è estremamente democratica tanto che non guarda in faccia a nessuno. Sa colpire i giovani e gli anziani e anche i bambini, sa colpire le persone più modeste ma anche le principesse,  sì anche loro. Pensate a Grace Kelly, prima bella attrice e poi principessa  di Monaco strappata alla vita in un tragico incidente stradale nel 1982 e poi appunto Diana d’Inghilterra. Di lei non c’è più nulla da raccontare. Ormai si sa tutto e di più.

Ma c’è una riflessione da fare ed è quella appunto che faccio ai ragazzi nelle scuole. Quel tragico incidente della notte del 31 agosto 1997 a Parigi  ci insegna molto.

La principessa è con   Dodi Fayed , resisi conto di essere stati avvistati dai paparazzi e prevedendo un loro imminente arrivo in massa nell'albergo, la coppia decise di lasciare l'hotel Ritz, con loro c’è Trevor Rees-Jones, membro della squadra di sicurezza privata della famiglia Fayed. Alla guida della potente berlina tedesca c’è il capo della sicurezza dell'albergo Henri Paul che decide di accompagnarli guidando personalmente l'auto. Escono da un’uscita secondaria, mentre un'auto esca venne fatta uscire dall'ingresso principale.

La vettura dopo aver lasciato rue Cambon e attraversato Place de la Concorde si diresse lungo Cours la Reine e Cours Albert 1er per poi imboccare il tunnel di Place de l'Alma. Alle 00:23, all'ingresso del tunnel l'autista Henri Paul perse il controllo della vettura che sbandò e andò a sbattere contro il tredicesimo pilastro di sostegno del tunnel.

La lezione che se ne ricava è emblematica: la velocità della Mercedes S280 (di serie, non blindata) era certamente elevata. In quel punto il limite era di 70 km/h e secondo le perizie l’auto con Diana a bordo sarebbe arrivata in quella curva a circa 110 km/h e comunque a velocità inferiore ai 150 km/h, perché una velocità superiore infatti avrebbe impedito alla vettura d'imboccare la galleria, perché avrebbe sbandato prima, urtando il muro sulla destra. Rimane il fatto che anche uno schianto a 110 km/h contro un manufatto è stato più che sufficiente per determinare la tragedia per gli occupanti,  che viaggiavano su una robusta berlina.

Secondo elemento. Il  guidatore Henri Paul risultò dall’autopsia avere un elevato tasso alcolico nel sangue e tracce di psicofarmaci per la depressione riscontrati dagli esami medici.

Terzo elemento. Il conducente, la principessa Diana e Dodi Fayed non indossavano le cinture di sicurezza. L’unico che le indossava fu Trevor Rees-Jones membro della sicurezza che sedeva davanti accanto all’autista, che è stato anche l’unico a salvarsi. Fu trasferito in ospedale, fu sottoposto a un intervento chirurgico di dieci ore e riuscì a sopravvivere, nonostante le gravi lesioni al viso.

Insomma la strada è veramente il luogo più democratico e crudele al mondo.  La tragedia di Diana ci ha insegnato che velocità, alcol e cinture possono essere determinanti. Tenetelo  bene in mente, dico in conclusione ai ragazzi. Teniamolo bene in mente anche noi...

 

Giordano Biserni
ASAPS

 


A 20 anni di distanza  il tragico incidente di Diana d’Inghilterra rimane paradigmatico del rischio strada e una grande lezione sulla sicurezza stradale. (ASAPS)

Giovedì, 31 Agosto 2017
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