Via Pre’, pusher reagisce all’arresto e ferisce tre carabinieri. In centocinquanta stanno a guardare senza muovere un dito
Cento, forse centocinquanta persone. A guardare tre carabinieri presi a botte da uno spacciatore in via Pre’. Sono stranieri e italiani. Restano a guardare l’energumeno che colpisce con pugni e testate i militari che stanno cercando di arrestarlo, ma non fanno niente. Gli uomini del’Arma chiedono di aiutarli alla gente che li circonda per guardare la scena. Si qualificano, chiedono di chiamare il 112, ma nessuno lo fa. Lo spacciatore, dopo molta fatica, finisce in manette, arrestato anche con l’accusa di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, ma tre carabinieri, tra cui due marescialli (uno dei due è il comandante della stazione di Maddalena, Giuseppe Cotugno) finiscono al pronto soccorso del San Martino. Due se la cavano con cinque e sette giorni di prognosi, uno viene trattenuto in ospedale perché quando arriva al pronto soccorso ha un malore e i medici si vogliono assicurare che non si tratti di infarto.
Tutto è successo ieri pomeriggio ed è cominciato in via Pre’. Mentre i carabinieri stanno per acchiapparlo, qualcuno fa segno allo spacciatore che quei due uomini in borghese sono tutori dell’ordine e lui scappa in via Gramsci mentre alcune delle persone presenti in strada tentano di ostacolare i carabinieri che gli corrono dietro. Il rocambolesco inseguimento a piedi prosegue a perdifiato in mezzo alle auto che inchiodano per non investire il malvivente che si è gettato in strada. Sembra una scena da film americano, solo che qui ci può davvero scappare il morto, travolto da dalle ruote di una macchina o centrato da un cofano. Per fortuna, non succede. Lui fugge fino al Museo del Mare, poi in via Rubattino, ritorna in via Gramsci, poi si infila in via Besaglieri d’Italia. I carabinieri gli stanno alle calcagna. Il delinquente, lì, si nasconde, lascia passare i militari e corre di nuovo verso via Gramsci dove, finalmente, i due militari dell’arma (ai quali si è aggiunto un terzo) riescono a circondarlo, ma il pusher li scarta e scappa ancora, verso via Pre’. Uno dei marescialli gli si para davanti, arrivano gli altri due uomini dell’arma e riescono a bloccarlo a terra. Nonostante questo, lui riesce a colpirli con testate e pugni.
I carabinieri, anche in queste occasioni, non possono colpire per fare male, ma solo per “contenere”. Lo spacciatore, invece, fa di tutto per ferire le persone che lo trattengono. All’altezza del civico 55 si forma un capannello. Ci sono stranieri di ogni etnia, questa è via Pre’, ma anche italiani. I commercianti si affacciano dai negozi insieme ai loro clienti. I passanti si fermano a godersi la scena. Tutti guardano, cercano di capire che succede. I carabinieri gridano che sono militari dell’arma e di chiamare il 112, che mandi i rinforzi. Ma nessuno muove un dito verso quel telefonino che magari tiene in mano o col quale scatta qualche foto. Sono attimi che ai tre carabinieri sembrano eterni. La folla, ammutolita, guarda e resta immobile.
I militari cercano di ammanettare il fermato, mentre lui continua a reagire con violenza, per liberarsi. Alla fine i rinforzi arrivano, non perché qualcuno li abbia chiamati, ma perché erano stati avvertiti dell’appostamento e non avendo più notizie sono andati a cercare i colleghi. L’incubo finisce, lo spacciatore viene portato in caserma, i tre carabinieri feriti all’ospedale. Più che le botte, fa male rendersi conto che le persone che ti fai in quattro per tutelare non ti aiutano, ti abbandonano alla furia di un criminale, non fanno per te nemmeno una telefonata per chiedere rinforzi. Magari, alcuni sono gli stessi che sui social si lamentano di quello che succede nella zona, che emettono “sentenze capitali” comodamente seduti davanti alla loro tastiera, che chiedono ordine e sicurezza. Ai tutori della legge restano molti lividi e l’amaro in bocca. A chi ha segnalato al pusher che i carabinieri stavano per arrestarlo, una probabile denuncia per favoreggiamento.
da genovaquotidiana.com
A proposito del nostro report “Sbirri Pikkiati” il fenomeno è incontenibile (e preoccupante almeno per la gente per bene). (ASAPS)