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Notizie brevi 28/12/2004

Dovrebbero essere giorni di festa. Le notizie dal Sud Est Asiatico descrivono invece una tragedia immane. Di proporzioni enormi. Nel nostro Paese, come nei giorni scorsi, le cronache locali dei giornali descrivono le consuete, impressionanti tragedie legate al vino, alla birra e agli altri alcolici. Il Natale italiano è anche questo.

Dovrebbero essere giorni di festa. Le notizie dal Sud Est Asiatico descrivono invece una tragedia immane. Di proporzioni enormi.
Nel nostro Paese, come nei giorni scorsi, le cronache locali dei giornali descrivono le consuete, impressionanti tragedie legate al vino, alla birra e agli altri alcolici.
Il Natale italiano è anche questo.

A cura di Alessandro Sbarbada


da "L’Adige"

La festa crudele
Noi, salvati dalle onde

A cura di UMBERTO FOLENA

Avremmo voluto farvi leggere un altro giornale, e raccontarvi un altro Natale. Feste, canti, tregue, speranze. Invece la cronaca impone la morte in prima pagina. Morte lontana, morte vicina. Gli undicimila - sperando non siano di più - travolti dalle acque nel Sudest dell’Asia. I due travolti sulle nostre strade. Nessuno dovrebbe mai morire a Natale. È il giorno in cui celebriamo la nascita: i cristiani quella del salvatore del mondo, ma anche chi non crede può rifarsi agli antichi e ricordare il sole trionfante, la luce che emerge e prevale sulle tenebre.
La prima pagina è sempre troppo stretta, fino a costringere gomito a gomito un colossale maremoto con il piccolo terremoto di un’auto che si schianta contro un pilone di cemento, portandosi via un diciassettenne; e qualcosa di simile a una terribile ondata ha stritolato l’utilitaria su cui viaggiava una signora di 70 anni.
Dovevano essere entrambi felici. Francesco Leonardi aveva finito di lavorare e lo attendevano due giorni di festa. Si era appena comprato la nuova tavola da snowboard e non vedeva l’ora di provarla, con le neve in arrivo sarebbe stata festa doppia. Aveva compiuto 17 anni da una settimana e il collega più grande, trentenne, alla guida doveva infondergli sicurezza. Rosetta Dessimone era felice senza ombra di dubbio: aveva celebrato 45 anni anni di matrimonio e con il marito si stava recando dalla figlia per festeggiare il Natale. L’onda che li ha travolti aveva le sembianze di un’auto impazzita che scivola come un moroso giù per la discesa, impossibile da fermare, impossibile da evitare.
Parliamo di Francesco e di Rosetta, ma vorremmo poter parlare ad una ad una delle migliaia di morti, dei travolti dall’onda, sconosciuti a noi, ma tutti con parenti e amici che oggi li stanno piangendo. Tailandesi, cingalesi, indiani... e trentini. Tutti uguali di fronte alla morte. E tutti vogliamo ricordare allo stesso modo, con il medesimo abbraccio. È ancora la cronaca, amica e tiranna, che ci impone di guardare innanzitutto a chi è più vicino a noi; ma senza dimenticare tutti gli altri.
Poi c’è chi muore e chi si salva, e spesso chiede a se stesso: perché proprio io sono rimasto in vita, perché? Potremmo e vorremmo sbagliarci, ma è la domanda che in questo momento potrebbe rivolgere a se stesso Sandro, l’amico di Francesco. Le tragedie sono crudeli con chi si porta via, ma anche con chi lascia su questa terra, solo con le sue domande. Stando ai primi accertamenti, chi era al volante delle due auto coinvolte nello schianto di Pilcante aveva bevuto oltre il lecito.
Se questa sia stata la causa principale dell’incidente, ancora non possiamo affermarlo. Ma possiamo immaginare Sandro e la sua coscienza in questo momento.
E possiamo invitare tutti alla verità. Diciamola, innanzitutto a noi stessi. Gli amici di Francesco hanno scritto una bellissima lettera pubblica, piena d’affetto. Tutte le loro parole sono giuste, tranne - temiamo - queste cinque: «La strada non ha perdonato».
No, cari amici di Francesco, il timore è che stavolta la strada sia innocente e che siamo stati noi, con i nostri comportamenti, a non perdonarci. Noi ad essere «cattivi» con noi stessi e con chi si fidava di noi. Ci vuole coraggio a dire la verità. Ma se la verità - sottolineiamo: se - sarà questa, con tutto il rispetto per chi è morto e chi è rimasto in vita a piangere i morti, dovremo dire che la strada non c’entra, che l’automobile non c’entra, ma c’entriamo noi con i nostri comportamenti irresponsabili, noi che, mettendola a rependaglio, dimostriamo di non amare la vita.
Che ciò accada proprio nella festa della vita, è solo un amaro paradosso. A noi, risparmiati dalle onde, farne tesoro.

UMBERTO FOLENA.

da "L’Adige"

Si può morire a 17 anni la Vigilia di Natale
Francesco Leonardi vittima della carambola a Pilcante

A cura di Davide Pivetti

Aveva appena 17 anni Francesco Leonardi. Lo attendeva una serata come ce n’è solo una all’anno, la Vigilia di Natale. Assieme ai suoi cari, il rito familiare che celebra la festività, gli auguri, i regali.
Invece nel giorno che doveva portare serenità la sua famiglia l’ha atteso invano sulla porta. Francesco Leonardi è morto sulla strada di Pilcante, mentre tornava verso Avio, ucciso dalla violenza di uno schianto dal quale non si può uscire vivi. L’auto sulla quale viaggiava, una Opel «Astra» condotta dal collega di lavoro Sandro Menolli, 30 anni, anche lui di Avio, dopo un contatto con un’altra vettura che viaggiava nella stessa direzione, si è schiantata lateralmente contro un traliccio in cemento armato, uno di quelli che servono per sostenere i cavi dell’alta tensione. L’auto l’ha investito in pieno, pochi centimetri dietro il posto del passeggero. Il traliccio, nonostante le sue dimensioni, si è spezzato alla base, restano sospeso in aria, aggrappato ai suoi cavi. L’auto si è deformata, distruggendosi in quell’urto.
Per Francesco Leonardi non c’è stato nulla da fare. Nonostante ogni tentativo di rianimarlo da parte del personale del «118» la sua vita, giovanissima, si è fermata lì e il disperato viaggio in elicottero fino al Santa Chiara è stato inutile. Il suo cuore ha ripreso a battere per alcuni minuti, sotto l’effetto dei farmaci e delle manovre della rianimazione. Ma è stata solo un’illusione.
Non c’è solo lui, purtroppo, nel disastroso bilancio di questo assurdo incidente alla Vigilia di Natale. Anche il suo compagno di viaggio è ricoverato in rianimazione. Sandro Menolli è stato soccorso dal «118» e trasferito prima a Rovereto poi, dopo i primi esami, subito a Trento. Nel capoluogo è rimasto poco e già venerdì sera il trentenne di Avio era di nuovo a Rovereto, al Santa Maria. È stato operato al braccio per le conseguenze subite dalle ossa del gomito e dalle arterie del braccio nell’urto, ma a preoccupare maggiormente i sanitari roveretani sono ora la lesione ad un polmone e soprattutto l’ematoma interno attorno al fegato. Le sue condizioni sono gravi ma non sarebbe in pericolo di vita. Resta ricoverato in rianimazione a Rovereto e viene sottoposto ad esami costantemente per monitorare le sue condizioni.
Il terzo ferito è Mauro Zanoni, 28 anni, anche lui di Avio. Era a bordo della Fiat «Punto», quella che avrebbe compiuto il sorpasso e che è finita nella scarpata sottostante la provinciale. Le sue condizioni non sono gravi, è stato ricoverato al Santa Maria dove è tutt’ora, ma dovrebbe cavarsela con due vertebre incrinate.
Francesco Leonardi e Sandro Menolli erano colleghi di lavoro. Entrambi erano impiegati alla «Martinelli Trasporti», importante azienda di autotrazione che ha il proprio stabilimento ad Ala. Francesco era arrivato in azienda da un paio d’anni e si trovava bene nel suo ruolo di meccanico. I due, amici oltre che colleghi, venerdì hanno finito di lavorare e prima di rincasare si sono fermati per una sosta al bar della stazione di servizio in località San Martino. Qui, stando a quanto finora ricostruito, avrebbero incontrato anche Mauro Zanoni, pure lui impiegato in una ditta di trasporti, quella individuale del padre Dante, con sede in via Campagnola. Insieme hanno brindato all’imminente Natale, prima di rimettersi in viaggio verso Avio. Stando alle analisi effettuate all’ospedale il tasso alcolemico nel sangue dei due guidatori era purtroppo ben oltre la soglia consentita. Ma quale ruolo abbia avuto l’alcol, quale la velocità, quale la voglia di tornare presto a casa nella tragica dinamica di questo incidente lo potrà stabilire soltanto l’inchiesta della Procura di Rovereto. Come in ogni caso simile è stato aperto un fascicolo con l’accusa di omicidio colposo.

da "CORRIERE DELLA SERA (Cronaca di Milano)"

Uccisa da auto impazzita dopo la messa di Natale

A cura di Barbara Sanaldi  

Stava salutando le amiche, gli ultimi auguri nella notte di Natale dopo la Santa Messa e lo scambio tradizionale di regali. Un’auto impazzita l’ha travolta. È morta così, poco dopo la mezzanotte di Natale, Lucia Pozzi, 17 anni, studentessa di Melegnano molto nota per il suo impegno nel gruppo scout fondato anni fa dal nonno. A ucciderla, e a ferire due delle sue amiche, un incidente assurdo: una Porsche Cayenne guidata da un imprenditore milanese di 34 anni, M.R., di ritorno a casa dopo aver trascorso la notte di Natale con un gruppo di amici, ha imboccato la strada principale di Melegnano ad alta velocità. L’uomo ha perso il controllo della vettura che si è schiantata contro alcune auto in sosta scagliandole contro il marciapiedi, proprio dove il gruppo di amiche si stava salutando prima del rientro a casa. Lucia è stata schiacciata da una Nissan Micra, trasformata in un proiettile impazzito. L’urto violentissimo l’ha probabilmente uccisa sul colpo. Un’altra vettura ha invece finito la sua corsa contro il muro intrappolando un’altra delle giovani, una 16enne poi ricoverata al San Raffaele con fratture ad entrambe le gambe e una prognosi di 60 giorni. Per liberarla, sono dovuti intervenire i vigili del fuoco che hanno lavorato a lungo. Solo contusioni, e molta paura, infine, per la terza sedicenne, colpita di striscio dalle vetture.
All’incidente hanno assistito decine di passanti che hanno prestato i primi soccorsi alle tre giovani. Sul posto, nel giro di pochi minuti, sono poi arrivati 118, vigili del fuoco e carabinieri. M.R. era in stato di ebbrezza e solo l’intervento degli uomini dell’Arma lo ha salvato da un sicuro linciaggio da parte dei testimoni. Per il 34enne milanese è poi scattata una denuncia a piede libero per guida in stato di ebbrezza e omicidio colposo. Inutile, invece, il disperato tentativo di soccorso portato a Lucia Pozzi. La giovane abitava con la famiglia, il padre Paolo, la madre Angela e il fratello Lorenzo, a poche decine di metri dal luogo dell’incidente, in via Dezza 40. Un altro incidente mortale si è verificato a Ossona, il giorno di Natale. La vittima, Evandro Natuzzi, 24 anni, è spirata all’ospedale di Legnano. Il giovane si è scontrato contro un’auto sulla quale viaggiavano quattro persone, tre delle quali sono rimaste lievemente ferite.

CORRIERE DELLA SERA (Cronaca di Roma) - Delitto a Colleferro
Rincasa ubriaco e uccide di botte l’anziana madre

L’omicida ha 39 anni, la poveretta ne aveva 85: ha saputo di averla ammazzata durante l’interrogatorio

«Antonio è un timido, non ha mai fatto male a nessuno. Quello che è successo è incredibile...». Sono ancora sconcertati i colleghi di Antonio Castaldi, l’idraulico di 39 anni che la notte del 24 ha ucciso a pugni la madre, Maria Ranaldi, di 85, nella sua abitazione a Colleferro. Sull’uomo, rinchiuso nel carcere di Velletri, pesa ora l’accusa di omicidio volontario. «Siamo stati noi durante il primo interrogatorio a raccontargli che aveva ucciso la madre», spiegano i carabinieri della compagnia di Colleferro che hanno arrestato Castaldi, trovato ancora in ginocchio sopra il corpo dell’anziana donna nel corridoio del suo appartamento. «Era completamente ubriaco - precisano gli investigatori - non riusciva a camminare e nemmeno a parlare. Solo dopo due ore che si trovava in caserma è riuscito a ricordare, ma solo in parte, ciò che aveva fatto». Castaldi è stato interrogato per tutta la giornata di Natale dal pm Giuseppe Tagliatatela della Procura di Velletri che sta aspettando i risultati dell’autopsia eseguita ieri pomeriggio. Con molta fatica il magistrato e i carabinieri hanno ricostruito le fasi dell’omicidio avvenuto alle quattro di notte della vigilia di Natale nell’abitazione di Castaldi in via Fontana Bracchi 21, a Colleferro, davanti alla moglie e ai due figli di 8 e 11 anni dell’idraulico. E’ stata proprio la donna a chiamare i carabinieri dopo aver assistito impotente al pestaggio della suocera coinvolta in una breve lite con il figlio appena tornato a casa dopo aver trascorso la serata a cena con gli altri operai della ditta per cui lavora a Colleferro. Secondo gli investigatori, che escludono un movente legato a riti satanici e al mondo di Internet, come ipotizzato in un primo momento, a scatenare il raptus sarebbe stato il recente ritorno di Maria Ranaldi nella sua abitazione. Una convivenza impossibile, terminata nel modo più drammatico a poche ore dal Natale.

 





A cura di Alessandro Sbarbada

Martedì, 28 Dicembre 2004
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