Dovrebbero
essere giorni di festa. Le notizie dal Sud Est Asiatico descrivono invece una
tragedia immane. Di proporzioni enormi.
Nel nostro Paese, come nei giorni scorsi, le cronache locali dei
giornali descrivono le consuete, impressionanti tragedie
legate al vino, alla birra e agli altri alcolici.
Il Natale italiano è anche questo.
A
cura di Alessandro Sbarbada
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da
"L’Adige"
La
festa crudele
Noi, salvati dalle onde
A
cura di UMBERTO
FOLENA
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Avremmo
voluto farvi leggere un altro giornale, e raccontarvi un altro Natale.
Feste, canti, tregue, speranze. Invece la cronaca impone la morte in
prima pagina. Morte lontana, morte vicina. Gli undicimila - sperando
non siano di più - travolti dalle acque nel Sudest dell’Asia.
I due travolti sulle nostre strade. Nessuno dovrebbe mai morire
a Natale. È il giorno in cui celebriamo la nascita: i cristiani
quella del salvatore del mondo, ma anche chi non crede può rifarsi
agli antichi e ricordare il sole trionfante, la luce che emerge e prevale
sulle tenebre.
La prima pagina è sempre troppo stretta, fino a costringere gomito
a gomito un colossale maremoto con il piccolo terremoto di un’auto che
si schianta contro un pilone di cemento, portandosi via un diciassettenne;
e qualcosa di simile a una terribile ondata ha stritolato l’utilitaria
su cui viaggiava una signora di 70 anni.
Dovevano essere entrambi felici. Francesco Leonardi aveva finito
di lavorare e lo attendevano due giorni di festa. Si era appena comprato
la nuova tavola da snowboard e non vedeva l’ora di provarla, con le
neve in arrivo sarebbe stata festa doppia. Aveva compiuto 17 anni da
una settimana e il collega più grande, trentenne, alla guida
doveva infondergli sicurezza. Rosetta Dessimone era felice senza ombra
di dubbio: aveva celebrato 45 anni anni di matrimonio e con il marito
si stava recando dalla figlia per festeggiare il Natale. L’onda che
li ha travolti aveva le sembianze di un’auto impazzita che scivola come
un moroso giù per la discesa, impossibile da fermare, impossibile
da evitare.
Parliamo di Francesco e di Rosetta, ma vorremmo poter parlare ad una
ad una delle migliaia di morti, dei travolti dall’onda, sconosciuti
a noi, ma tutti con parenti e amici che oggi li stanno piangendo. Tailandesi,
cingalesi, indiani... e trentini. Tutti uguali di fronte alla morte.
E tutti vogliamo ricordare allo stesso modo, con il medesimo abbraccio.
È ancora la cronaca, amica e tiranna, che ci impone di guardare
innanzitutto a chi è più vicino a noi; ma senza dimenticare
tutti gli altri.
Poi c’è chi muore e chi si salva, e spesso chiede a se stesso:
perché proprio io sono rimasto in vita, perché? Potremmo
e vorremmo sbagliarci, ma è la domanda che in questo momento
potrebbe rivolgere a se stesso Sandro, l’amico di Francesco. Le tragedie
sono crudeli con chi si porta via, ma anche con chi lascia su questa
terra, solo con le sue domande. Stando ai primi accertamenti, chi
era al volante delle due auto coinvolte nello schianto di Pilcante aveva
bevuto oltre il lecito.
Se questa sia stata la causa principale dell’incidente, ancora non possiamo
affermarlo. Ma possiamo immaginare Sandro e la sua coscienza in questo
momento.
E possiamo invitare tutti alla verità. Diciamola, innanzitutto
a noi stessi. Gli amici di Francesco hanno scritto una bellissima lettera
pubblica, piena d’affetto. Tutte le loro parole sono giuste, tranne
- temiamo - queste cinque: «La strada non ha perdonato».
No, cari amici di Francesco, il timore è che stavolta la strada
sia innocente e che siamo stati noi, con i nostri comportamenti, a non
perdonarci. Noi ad essere «cattivi» con noi stessi e con
chi si fidava di noi. Ci vuole coraggio a dire la verità. Ma
se la verità - sottolineiamo: se - sarà questa, con tutto
il rispetto per chi è morto e chi è rimasto in vita a
piangere i morti, dovremo dire che la strada non c’entra, che l’automobile
non c’entra, ma c’entriamo noi con i nostri comportamenti irresponsabili,
noi che, mettendola a rependaglio, dimostriamo di non amare la vita.
Che ciò accada proprio nella festa della vita, è solo
un amaro paradosso. A noi, risparmiati dalle onde, farne tesoro.
UMBERTO
FOLENA.
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da
"L’Adige"
Si
può morire a 17 anni la Vigilia di Natale
Francesco Leonardi vittima della carambola a Pilcante
A
cura di Davide
Pivetti
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Aveva appena
17 anni Francesco Leonardi. Lo attendeva una serata come ce n’è
solo una all’anno, la Vigilia di Natale. Assieme ai suoi cari, il rito
familiare che celebra la festività, gli auguri, i regali.
Invece nel giorno che doveva portare serenità la sua famiglia
l’ha atteso invano sulla porta. Francesco Leonardi è morto sulla
strada di Pilcante, mentre tornava verso Avio, ucciso dalla violenza
di uno schianto dal quale non si può uscire vivi. L’auto sulla
quale viaggiava, una Opel «Astra» condotta dal collega di
lavoro Sandro Menolli, 30 anni, anche lui di Avio, dopo un contatto
con un’altra vettura che viaggiava nella stessa direzione, si è
schiantata lateralmente contro un traliccio in cemento armato, uno di
quelli che servono per sostenere i cavi dell’alta tensione. L’auto l’ha
investito in pieno, pochi centimetri dietro il posto del passeggero.
Il traliccio, nonostante le sue dimensioni, si è spezzato alla
base, restano sospeso in aria, aggrappato ai suoi cavi. L’auto si è
deformata, distruggendosi in quell’urto.
Per Francesco Leonardi non c’è stato nulla da fare. Nonostante
ogni tentativo di rianimarlo da parte del personale del «118»
la sua vita, giovanissima, si è fermata lì e il disperato
viaggio in elicottero fino al Santa Chiara è stato inutile. Il
suo cuore ha ripreso a battere per alcuni minuti, sotto l’effetto dei
farmaci e delle manovre della rianimazione. Ma è stata solo un’illusione.
Non c’è solo lui, purtroppo, nel disastroso bilancio di questo
assurdo incidente alla Vigilia di Natale. Anche il suo compagno di viaggio
è ricoverato in rianimazione. Sandro Menolli è stato soccorso
dal «118» e trasferito prima a Rovereto poi, dopo i primi
esami, subito a Trento. Nel capoluogo è rimasto poco e già
venerdì sera il trentenne di Avio era di nuovo a Rovereto, al
Santa Maria. È stato operato al braccio per le conseguenze subite
dalle ossa del gomito e dalle arterie del braccio nell’urto, ma a preoccupare
maggiormente i sanitari roveretani sono ora la lesione ad un polmone
e soprattutto l’ematoma interno attorno al fegato. Le sue condizioni
sono gravi ma non sarebbe in pericolo di vita. Resta ricoverato in rianimazione
a Rovereto e viene sottoposto ad esami costantemente per monitorare
le sue condizioni.
Il terzo ferito è Mauro Zanoni, 28 anni, anche lui di Avio. Era
a bordo della Fiat «Punto», quella che avrebbe compiuto
il sorpasso e che è finita nella scarpata sottostante la provinciale.
Le sue condizioni non sono gravi, è stato ricoverato al Santa
Maria dove è tutt’ora, ma dovrebbe cavarsela con due vertebre
incrinate.
Francesco Leonardi e Sandro Menolli erano colleghi di lavoro. Entrambi
erano impiegati alla «Martinelli Trasporti», importante
azienda di autotrazione che ha il proprio stabilimento ad Ala. Francesco
era arrivato in azienda da un paio d’anni e si trovava bene nel suo
ruolo di meccanico. I due, amici oltre che colleghi, venerdì
hanno finito di lavorare e prima di rincasare si sono fermati per una
sosta al bar della stazione di servizio in località San Martino.
Qui, stando a quanto finora ricostruito, avrebbero incontrato anche
Mauro Zanoni, pure lui impiegato in una ditta di trasporti, quella individuale
del padre Dante, con sede in via Campagnola. Insieme hanno brindato
all’imminente Natale, prima di rimettersi in viaggio verso Avio. Stando
alle analisi effettuate all’ospedale il tasso alcolemico nel sangue
dei due guidatori era purtroppo ben oltre la soglia consentita. Ma quale
ruolo abbia avuto l’alcol, quale la velocità, quale la voglia
di tornare presto a casa nella tragica dinamica di questo incidente
lo potrà stabilire soltanto l’inchiesta della Procura di Rovereto.
Come in ogni caso simile è stato aperto un fascicolo con l’accusa
di omicidio colposo.
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da
"CORRIERE DELLA SERA (Cronaca di Milano)"
Uccisa
da auto impazzita dopo la messa di Natale
A
cura di Barbara Sanaldi
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Stava salutando
le amiche, gli ultimi auguri nella notte di Natale dopo la Santa Messa
e lo scambio tradizionale di regali. Un’auto impazzita l’ha travolta.
È morta così, poco dopo la mezzanotte di Natale, Lucia
Pozzi, 17 anni, studentessa di Melegnano molto nota per il suo impegno
nel gruppo scout fondato anni fa dal nonno. A ucciderla, e a ferire
due delle sue amiche, un incidente assurdo: una Porsche Cayenne guidata
da un imprenditore milanese di 34 anni, M.R., di ritorno a casa dopo
aver trascorso la notte di Natale con un gruppo di amici, ha imboccato
la strada principale di Melegnano ad alta velocità. L’uomo ha
perso il controllo della vettura che si è schiantata contro alcune
auto in sosta scagliandole contro il marciapiedi, proprio dove il gruppo
di amiche si stava salutando prima del rientro a casa. Lucia è
stata schiacciata da una Nissan Micra, trasformata in un proiettile
impazzito. L’urto violentissimo l’ha probabilmente uccisa sul colpo.
Un’altra vettura ha invece finito la sua corsa contro il muro intrappolando
un’altra delle giovani, una 16enne poi ricoverata al San Raffaele con
fratture ad entrambe le gambe e una prognosi di 60 giorni. Per liberarla,
sono dovuti intervenire i vigili del fuoco che hanno lavorato a lungo.
Solo contusioni, e molta paura, infine, per la terza sedicenne, colpita
di striscio dalle vetture.
All’incidente hanno assistito decine di passanti che hanno prestato
i primi soccorsi alle tre giovani. Sul posto, nel giro di pochi minuti,
sono poi arrivati 118, vigili del fuoco e carabinieri. M.R. era in
stato di ebbrezza e solo l’intervento degli uomini dell’Arma
lo ha salvato da un sicuro linciaggio da parte dei testimoni. Per
il 34enne milanese è poi scattata una denuncia a piede libero
per guida in stato di ebbrezza e omicidio colposo. Inutile, invece,
il disperato tentativo di soccorso portato a Lucia Pozzi. La giovane
abitava con la famiglia, il padre Paolo, la madre Angela e il fratello
Lorenzo, a poche decine di metri dal luogo dell’incidente, in via Dezza
40. Un altro incidente mortale si è verificato a Ossona, il giorno
di Natale. La vittima, Evandro Natuzzi, 24 anni, è spirata all’ospedale
di Legnano. Il giovane si è scontrato contro un’auto sulla
quale viaggiavano quattro persone, tre delle quali sono rimaste lievemente
ferite.
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CORRIERE
DELLA SERA (Cronaca di Roma) - Delitto a Colleferro
Rincasa
ubriaco e uccide di botte l’anziana madre
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L’omicida
ha 39 anni, la poveretta ne aveva 85: ha saputo di averla ammazzata durante
l’interrogatorio
«Antonio
è un timido, non ha mai fatto male a nessuno. Quello che è
successo è incredibile...». Sono ancora sconcertati i colleghi
di Antonio Castaldi, l’idraulico di 39 anni che la notte del 24 ha
ucciso a pugni la madre, Maria Ranaldi, di 85, nella sua abitazione a
Colleferro. Sull’uomo, rinchiuso nel carcere di Velletri, pesa ora
l’accusa di omicidio volontario. «Siamo stati noi durante il
primo interrogatorio a raccontargli che aveva ucciso la madre»,
spiegano i carabinieri della compagnia di Colleferro che hanno arrestato
Castaldi, trovato ancora in ginocchio sopra il corpo dell’anziana
donna nel corridoio del suo appartamento. «Era completamente ubriaco
- precisano gli investigatori - non riusciva a camminare e nemmeno a parlare.
Solo dopo due ore che si trovava in caserma è riuscito a ricordare,
ma solo in parte, ciò che aveva fatto». Castaldi è
stato interrogato per tutta la giornata di Natale dal pm Giuseppe Tagliatatela
della Procura di Velletri che sta aspettando i risultati dell’autopsia
eseguita ieri pomeriggio. Con molta fatica il magistrato e i carabinieri
hanno ricostruito le fasi dell’omicidio avvenuto alle quattro di
notte della vigilia di Natale nell’abitazione di Castaldi in via Fontana
Bracchi 21, a Colleferro, davanti alla moglie e ai due figli di 8 e 11
anni dell’idraulico. E’ stata proprio la donna a chiamare i carabinieri
dopo aver assistito impotente al pestaggio della suocera coinvolta in
una breve lite con il figlio appena tornato a casa dopo aver trascorso
la serata a cena con gli altri operai della ditta per cui lavora a Colleferro.
Secondo gli investigatori, che escludono un movente legato a riti satanici
e al mondo di Internet, come ipotizzato in un primo momento, a scatenare
il raptus sarebbe stato il recente ritorno di Maria Ranaldi nella sua
abitazione. Una convivenza impossibile, terminata nel modo più
drammatico a poche ore dal Natale.
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