Milano, domiciliari all’investitore in suv condannato per omicidio stradale
Il gup di Milano Natalia Imarisio, accogliendo un’istanza della difesa, ha detto sì alla scarcerazione di Franko Della Torre, il 33enne che il 30 aprile scorso a oltre 115 passò con il rosso ad un incrocio in viale Monza a Milano a oltre 115 chilometri all’ora, travolse con il suo suv l’auto di Livio Chiericati e fuggì lasciando agonizzante il 57enne, morto in ospedale. Per l’uomo, condannato martedì a 7 anni e mezzo con rito abbreviato, ossia con lo sconto di un terzo sulla pena, per omicidio stradale aggravato dalla fuga e per non aver prestato soccorso, il gup ha disposto i domiciliari con braccialetto elettronico. Resterà nel carcere di San Vittore fino a che il dispositivo non sarà disponibile (potrebbero passare anche alcune settimane), poi potrà tornare nella sua casa dove vive con la moglie e le 4 figlie piccole. Il pm Francesco Cajani, titolare dell’inchiesta condotta dalla Polizia locale, aveva espresso parere negativo alla richiesta di arresti domiciliari presentata martedì dalla difesa di Della Torre. Nel suo provvedimento di scarcerazione il giudice spiega, in particolare, che Della Torre ha già trascorso in carcere quasi sei mesi e che la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, e dunque con una forma di controllo costante su di lui, è allo stato adeguata, anche a contenere il pericolo di reiterazione del reato. Ad ogni modo, poi, con la sentenza di ieri, che ha inflitto all’uomo una delle condanne più pesanti emesse finora dopo l’introduzione delle norme sull’omicidio stradale, gli è anche stata revocata la patente.
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La dinamica
Della Torre, che non guidava sotto l’effetto di droghe e neppure in stato di ubriachezza, sorpassò a destra una serie di auto in viale Monza (in direzione dalla periferia verso il centro) e poi passò con il rosso (già scattato da alcuni secondi) ad una velocità stimata attorno ai 140 chilometri all’ora, tanto che l’accenno di frenata d’emergenza non impedì che l’impatto disastroso con l’auto di Chiericati avvenisse a una velocità calcolata tra i 115 e i 125 chilometri all’ora. L‘investitore, inoltre, a questo punto non si fermò a prestare soccorso all’investito, ma, secondo quanto indicato da un teste, dopo aver recuperato il telefono cellulare si diede alla fuga, raggiungendo prima casa e poi l’ospedale dove era andato a farsi medicare alcune lievi ferite e dove la polizia urbana lo aveva infine rintracciato. Già il gip che aveva firmato l’arresto dell’uomo ne aveva perciò ricavato «l’incapacità di assumersi» qualsiasi «responsabilità» anche se la «vittima» dello schianto da lui provocato era «incastrata nel veicolo» agonizzante ma ancora viva.
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Le famiglie
Sono due le famiglie sfasciate. L’automobilista investito, che all’alba di una domenica stava andando a lavorare in un piccolo esercizio commerciale, ha lasciato la moglie e due figli gemelli. L’investitore, oltre alla moglie, ha quattro figlie piccole, e nel corso di dichiarazioni spontanee in udienza, rese tra le lacrime e con la richiesta di perdono, ha accennato a come nei giorni immediatamente successivi all’incidente le bambine non uscissero più di casa per la vergogna. Sulla dinamica dei fatti, e soprattutto sulla velocità folle in viale Monza, l’imputato non ha invece detto nulla in udienza: al momento dell’arresto, mesi fa, aveva raccontato di avere litigato con la moglie la sera precedente, di aver passato la notte fuori in un locale, di aver bevuto a cena solo due bicchieri (infatti il tasso alcolemico non era fuorilegge), di aver fatto colazione alle cinque del mattino, e di essere poi stato vittima di un colpo di sonno. La giudice Imarisio ha fissato anche una provvisionale immediatamente esecutiva di centomila euro sul futuro risarcimento civile dei danni a favore della famiglia della vittima, costituitasi parte civile con l’avvocato Fabrizio Gobbi.
Un segnale di debolezza nell’applicazione della legge sull’Omicidio stradale, un reato ancora giovane che dovrebbe costituire anche un baluardo dissuasivo.
Sconterà ai domiciliari a casa sua col braccialetto elettronico i 7 anni e mezzo per Omicidio stradale (ma sarà poi liberato prima, c’è da scommetterci). Aveva ucciso un uomo viaggiando a 140 km/h in centro urbano, era sotto l’effetto di droghe e si era dato alla fuga. Almeno qualche anno dentro un vero carcere ci sembrava opportuno. Un segnale di debolezza nell’applicazione della legge sull’Omicidio stradale, un reato ancora giovane. (ASAPS)