Milano, 12 febbraio 2018 - In pieno centro come in un circuito, l’uno contro l’altro quasi a cento all’ora per una sfida mortale. Però a perdere la vita non fu uno dei due conducenti di quelle auto impazzite, ma Luca R., un 46enne al volante di una Panda che quattro anni fa venne travolto e ucciso senza alcuna colpa ad un incrocio di via Melchiorre Gioia. Due mesi fa la Corte d’assise ha condannato in primo grado a tre anni di reclusione A.P., oggi 22enne e L. V. 29, l’uno alla guida di una Bmw 320, l’altro a bordo di una Volkswagen Passat. «Usciti dalla discoteca, avevano instaurato tra loro, seppur in modo estemporaneo, una competizione di guida - scrivono i giudici nelle motivazioni della sentenza - ed eccitati l’uno dalle condotte dell’altro, si erano poi immessi nell’area del’incrocio a velocità estremamente sostenuta».
Le cronache dell’epoca, all’oscuro della reale dinamica dei fatti, parlarono semplicemente di uno scontro tra la Bmw e la Panda, della Passat andata a finire contro il chiosco di un’edicola per evitare l’impatto con gli altri due mezzi, dei danni a una Fiat 600 e una Hyundai parcheggiate ai bordi della strada. Ma un sovrintendente di polizia, chiamato a indagare su quella storia, ebbe l’idea di raccogliere le immagini di tutte le telecamere presenti nella zona, riuscendo in quel modo a ottenere un filmato che riprendeva le auto degli imputati lungo tutto il percorso che avevano scelto come circuito. E da quelle immagini si poteva vedere chiaramente come i due si erano divertiti a sorpassarsi almeno 4 o 5 volte in circa due chilometri.
I due imputati, difesi dagli avvocati Daria e Francesco Pesce, hanno sempre negato, ma «tutti gli elementi - scrivono i giudici - inducono a ritenere che il comportamento degli imputati fosse mosso da uno spirito di competizione innescato da una gara che, seppur iniziata per gioco, si era comunque protratta per tutta la durata del tragitto (...) superandosi più volte, circolando per lo più al centro della loro semicarreggiata e spostandosi repentinamente da una corsia all’altra». Rischiavano fino a dieci anni di carcere, i due giovani, per aver provocato con la loro sfida assurda la morte di R. e le gravissime lesioni della ragazza che era al suo fianco, rimasta a lungo in pericolo di vita. Il pm Luigi Luzi, al termine della sua requisitoria, aveva chiesto sei anni di pena. I giudici, però, dopo aver escluso che quel gioco criminale fosse stato programmato a freddo, hanno preso atto che le assicurazioni dei due giovani hanno risarcito integralmente i familiari delle vittime, ed hanno concesso loro l’attenuante prevista in questi casi insieme a quelle generiche, tenuto conto della giovane età dei protagonisti e del loro comportamento processuale.
di MARIO CONSANI
da ilgiorno.it
La verità è emersa al processo. (ASAPS)