Ieri il Gip del tribunale di Lecco ha sciolto la riserva dopo l’udienza dello scorso 13 febbraio. Il procedimento era a carico di ignoti e le persone offese, la madre Daiana Mirabella e il padre Giovanni difesi dall’avvocato Vittorio Delogu, del foro di Sassari; l’ex compagna Anna Altarelli e la figlia Nicole Pischedda, difesi dagli avvocati Arveno Fumagalli e Marcello Di Sclafani del foro di Lecco, si erano opposti all’archiviazione. Il Gip ha chiesto un supplemento d’indagine di sei mesi, con approfondimenti da parte dei periti. Soddisfatto l’avvocato Vittorio Delogu: "È stata accolta la nostra tesi: chiedevamo un approfondimento del caso e non una conclusione sbrigativa come era stata avanzata dalla Procura". "Non diciamo di aver ragione, ma solo verificare i tempi degli interventi e se Francesco poteva essere salvato". I genitori di Francesco Pischedda aveva ribadito in occasione dell’udienza davanti al Gip del tribunale di Lecco: "Chiediamo la verità sulla morte di Francesco". L’agente della Stradale di Bellano morì il 4 febbraio del 2017. Secondo i legali delle parti offese la questione è legata alle 5 ore e 40 in cui Francesco Pischedda, dopo la caduta dal cavalcavia mentre inseguiva un malvivente, è rimasto prima a terra, poi trasportato all’ospedale di Gravedona ed Uniti, infine è arrivato al Manzoni di Lecco ormai privo di vita.

La domanda a cui dovranno rispondere i periti, è: "Francesco poteva essere salvato con un tempestivo intervento di soccorso?". In questo contesto i consulenti dovranno chiarire se ci sono state negligenze. L’anatomopatologo Paolo Tricomi, consulente dalla Procura, nella parte finale della relazione scrive che "c’è stata una certa lentezza nei soccorsi". Però - è la sua conclusione - "non ci sono state responsabilità dei sanitari". Ora ci sono altri sei mesi di tempo per fare chiarezza.