TACHIGRAFO E MANOMISSIONE: l'art. 179 cds è norma speciale.
L'avvenuta applicazione dell'articolo 179 del Codice della Strada nella specifica ipotesi di comportamento posto in essere dal conducente di un mezzo, che abbia posto in essere l'alterazione del cronotachigrafo, esclude la concorrente applicazione al medesimo soggetto della previsione incriminatrice di cui all'art. 437 cod. pen. in riferimento a quanto previsto dall'art. 9 legge n.689 del 1981.
FATTO E IN DIRITTO
1. Con decisione emessa in data 23 marzo 2016 il GUP del Tribunale di Cremona ha assolto - in rito abbreviato – G.G.G., imputato del reato di cui all'art. 437 cod. pen. .
G., quale autista di un autoarticolato, risulta accusato del reato di rimozione o omissione dolosa di cautele contro disastri o infortuni sul lavoro, per avere alterato il funzionamento del cronotachigrafo digitale esistente sul mezzo di trasporto, mediante l'apposizione di una calamita (fatto del 9 aprile 2015) . In motivazione, il GUP evidenzia che: - è stata dimostrata dalla difesa l'avvenuta contestazione dell'illecito amministrativo di cui all'art. 179 co. 2 e co. 9 C.d.s., e il relativo pagamento della sanzione; - l'imputato ha ammesso di aver collocato egli stesso lo strumento di alterazione. Ciò posto, il GUP ritiene applicabile al caso la previsione di legge di cui all'art. 9 co. 1 della legge n. 689 del 1981, in virtù della specialità della norma che prevede la sanzione amministrativa rispetto a quella contestata in sede penale. Viene osservato, in particolare che la norma del codice della strada si riferisce a 'chiunque circola' e prevede la specifica alterazione del cronotachigrafo come condotta con cui si realizza l'illecito, mentre la disposizione dell'art. 437 cod. pen. è formulata in termini più generali (danneggiamento di impianti destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro). Dunque la disposizione del codice della strada rappresenta, in tale lettura, un «cerchio di raggio minore inserito totalmente all'interno di un cerchio di raggio maggiore costituito dalla norma di cui all'art. 437». Non vi sarebbe, inoltre, effettiva diversità dei beni giuridici tutelati.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero territoriale. Il ricorrente deduce erronea applicazione dell'art. 9 I. n. 689 del 1981 e delle altre disposizioni coinvolte nella operazione interpretativa. In particolare si afferma che : - l'alterazione del cronotachigrafo è concetto più ampio di quello di danneggiamento, posto che per realizzare un danneggiamento è necessario che l'alterazione si sia protratta per un tempo apprezzabile, sì da divenire danneggiamento funzionale; - non vi è coincidenza nei beni giuridici tutelati, atteso che la norma del codice della strada è tesa a garantire la corretta circolazione dei veicoli, la norma penale è posta a tutela della pubblica incolumità. Si contesta, pertanto, la ritenuta esistenza di un rapporto di specialità tra le due disposizioni.
3. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
3.1 Va premesso che sul rapporto tra le due disposizioni in rilievo è di recente intervenuta la decisione di questa Sezione, n. 47211 del 22.5.2016 (rv 268892), ove si è trattato un caso analogo. In tale arresto si è negata la ricorrenza del rapporto di specialità tra le due disposizioni in virtù della diversità dei beni giuridici tutelati (sotto il profilo della sicurezza dei lavoratori, quanto alla direzione funzionale dell'art. 437 cod. pen.) e in riferimento alla ritenuta diversità strutturale tra le fattispecie. In effetti, il caso trattato vedeva imputato un soggetto amministratore di una società di autotrasporti che imponeva ai conducenti di utilizzare accorgimenti per eludere la corretta registrazione dei dati dei cronotachigrafi posizionati sui mezzi. In ciò, la decisione ha valorizzato, al di là del più ampio oggetto di tutela, la differenza esistente tra le due norme sotto il profilo della maggiore estensione soggettiva della previsione incriminatrice penale, lì dove il riferimento a 'chiunque' omette di collocare gli impianti (o li rimuova o ancora li danneggi) consente di punire il datore di lavoro, anche se costui sia soggetto diverso dalla persona che 'circola' con il mezzo. Ora, ad avviso del Collegio, è esatto sostenere che il contenuto della disposizione incriminatrice di cui all'art. 437 cod. pen. sia di maggiore «ampiezza» posto che include come destinatari, essenzialmente, tutti i soggetti su cui gravi un obbligo di prevenire - tramite impianti, apparecchi o segnali- disastri o infortuni sul lavoro ma ciò non è sufficiente ad escludere che lì dove la condotta sia posta in essere - come nel caso in esame - dal conducente del mezzo (soggetto cui è pacificamente applicabile la previsione di cui all'art. 179 del codice della strada) si venga a determinare una evidente interferenza nel raggio di azione delle due previsioni di legge aventi portata sanzionatoria. In effetti, non va trascurato che la previsione dell'art. 437 cod. pen. tutela la pubblica incolumità con specifico riferimento all'ambiente di lavoro, imponendo l'adozione dei necessari strumenti preventivi circa il rischio di disastri o infortuni, il che direziona l'ambito applicativo della norma verso la regolamentazione delle attività produttive o comunque di impresa.
Tale aspetto pone in rilievo in modo del tutto diverso la condizione del «datore di lavoro» che imponga la manomissione degli strumenti di controllo rispetto a quella del conducente del mezzo.
Nel primo caso, il datore di lavoro che realizzi o imponga l'alterazione di un apparecchio avente finalità di prevenzione degli infortuni, risponde del reato di cui all'art. 437 cod. pen., atteso che tale condotta rientra nella previsione tipica della «rimozione» , come si è ritenuto in più arresti (v. Sez. I 13.12.1994, ric. Graziano) perchè per rimozione (aspetto diverso dal danneggiamento, che implica una modifica dell'oggetto) può intendersi anche l'attività diretta a frustrare il funzionamento dell'apparecchio. La punibilità ex art. 437 cod. pen. deriva dalla semplice attività di rimozione e prescinde, per stare al caso in esame, dal fatto che il soggetto agente circoli su strada con il mezzo di trasporto. Lì dove, di contro, l'attività di 'rimozione', per stare alla nomenclatura penalistica, sia posta in essere dal soggetto che utilizza quale conducente, contestualmente, il mezzo - come nel caso in esame - non può negarsi che la previsione dell'art. 179 del codice della strada incorpori tutte le caratteristiche obiettive del fatto (ossia il circolare con un veicolo munito di cronotachigrafo alterato). In tale seconda ipotesi, dunque, in aderenza ai principi di tipicità e specialità è da ritenersi che l'unica disposizione applicabile sia quella dell'art. 179 del Codice della Strada, per quanto sinora detto. Pur potendosi, in via astratta, far rientrare la condotta - lì dove si valorizzi una destinazione generalista dell'obbligo di prevenzione, ricadente anche sul lavoratore - anche nella più ampia previsione dell'art. 437 cod. pen., non può - nel caso del soggetto che contestualmente utilizza il mezzo di trasporto -, ravvisarsi una compresenza di norme incriminatrici ugualmente applicabili solo per la ritenuta diversa direzione della tutela. Si tratta, per il vero, di un aspetto non solo formale (lì dove ad essere rilevante, anche secondo l'approdo in tema di ne bis in idem rappresentato da Corte Cost. n. 200 del 2016 è il profilo della identità di condotta, nesso causale ed evento in senso naturalistico) ma fortemente opinabile, posto che anche le previsioni dettate dal codice della strada, limitatamente all'ambito di applicazione, sono norme tese a tutelare la incolumità dei soggetti che di tale strumento si servono.
Va pertanto affermato che l'avvenuta applicazione dell'articolo 179 del Codice della Strada nella specifica ipotesi di comportamento posto in essere dal conducente di un mezzo, che abbia posto in essere l'alterazione del cronotachigrafo, esclude la concorrente applicazione al medesimo soggetto della previsione incriminatrice di cui all'art. 437 cod. pen. in riferimento a quanto previsto dall'art. 9 legge n.689 del 1981.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così deciso il 12 settembre 2017.