TARGA CONTRAFFATTA
Integra il reato di falsità materiale commessa dal privato in certificati o autorizzazioni amministrative (artt. 477 e 482 cod. pen.), la condotta di colui che modifica la targa della propria autovettura, atteso che - come sopra già accennato - le ipotesi previste dall'art. 100 del C.d.S. ai commi 12 e 14 si distinguono tra loro in quanto la prima disposizione sanziona in via amministrativa l'atto di circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta, laddove non sia contestata all'agente la contraffazione, mentre la seconda sanziona la contraffazione da parte dell'agente della targa quale certificazione amministrativa dei dati di immatricolazione del veicolo ( Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25766 del 07/04/2015 Ud. (dep. 18/06/2015 ) Rv. 264006 ; fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ravvisato il reato indicato nella condotta consistita nella modifica del numero della targa di una autovettura mediante l'apposizione di strisce di nastro adesivo al fine di evitare che il numero originale potesse essere rilevato dagli apparecchi automatici per il controllo di velocità, realizzando così una durevole, anche se non definitiva, falsa realtà documentale).
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Trieste ha integralmente confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Trieste del 24.4.2013 per il reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen.. Avverso la predetta sentenza ricorre l'imputato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua impugnativa a due motivi di doglianza.
1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, violazione di legge processuale in relazione alla erronea applicazione dell'art. 9 cod. proc. pen.. Osserva la difesa del ricorrente che il tribunale competente, ai sensi del menzionato art. 9, era quello di Cesena come quello del luogo di commissione del delitto, e cioè il casello autostradale, ove era stata accertata la commissione della condotta delittuosa e che erroneamente i giudici del merito avevano invece applicato il criterio sussidiario previsto dall'art. 9 della residenza dell'imputato.
1.2 Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 477 e 482 cod. pen.. Osserva il ricorrente che al più era applicabile al caso di specie la diversa previsione delittuosa di cui all'art. 489 cod. pen., e cioè l'uso della certificazione contraffatta, atteso che non era stato dimostrato in giudizio che il ricorrente fosse stato l'autore della contraffazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1 Già il primo motivo di doglianza, declinato come violazione dell'art. 9 del codice di rito, è manifestamente infondato. Ed invero, la individuazione della competenza non è stata ancorata da parte del giudice del merito, come invece rilevato dal ricorrente, alla residenza di quest'ultimo, ma è stata fondata e ritenuta sulla base di un ragionamento indiziario (peraltro, condivisibile) secondo cui la contraffazione oggetto dell'odierna imputazione è stata verosimilmente commessa nel luogo di partenza del viaggio con l'autovettura, partenza che è avvenuta, incontestabilmente, a Trieste.
2.2 Ma risulta corretta anche la qualificazione giuridica del fatto di reato contestato che è stato ricondotto nel paradigma applicativo degli artt. 477 e 482 cod. pen.. Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte, alla quale anche questo Collegio ritiene di dover aderire e fornire continuità applicativa, ha rilevato che le ipotesi previste dall'art. 100 del Codice della strada ai commi 12 e 14 si distinguono in quanto la prima disposizione sanziona in via amministrativa (Sez. V, n. 9424 del 3/2/2012, Saponette) l'atto di circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta, laddove non sia contestata all'agente la contraffazione, mentre la seconda, con il riferimento alle disposizioni del codice penale, artt.477 e 482 c.p., come contestato nella specie, sanziona la contraffazione della targa quale certificazione amministrativa dei dati di immatricolazione del veicolo. Nel caso di specie, è pacifico che l'imputato avesse provveduto alla modificazione della sequenza numerica della targa della sua autovettura al fine specifico di porla in circolazione con i dati di identificazione alterati (cfr. Sez. 5, n. 46326 del 6/11/2007, Cappello), giacché l'autovettura di proprietà dell'odierno imputato era guidata proprio da quest'ultimo al momento dell'accertamento della contestata contraffazione.
3.4 Deve pertanto riaffermarsi, anche in questa sede decisoria, il principio ( anche recentemente riaffermato da questa Sezione ) secondo cui integra il reato di falsità materiale commessa dal privato in certificati o autorizzazioni amministrative (artt. 477 e 482 cod. pen.), la condotta di colui che modifica la targa della propria autovettura, atteso che - come sopra già accennato - le ipotesi previste dall'art. 100 del C.d.S. ai commi 12 e 14 si distinguono tra loro in quanto la prima disposizione sanziona in via amministrativa l'atto di circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta, laddove non sia contestata all'agente la contraffazione, mentre la seconda sanziona la contraffazione da parte dell'agente della targa quale certificazione amministrativa dei dati di immatricolazione del veicolo ( Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25766 del 07/04/2015 Ud. (dep. 18/06/2015 ) Rv. 264006 ; fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva ravvisato il reato indicato nella condotta consistita nella modifica del numero della targa di una autovettura mediante l'apposizione di strisce di nastro adesivo al fine di evitare che il numero originale potesse essere rilevato dagli apparecchi automatici per il controllo di velocità, realizzando così una durevole, anche se non definitiva, falsa realtà documentale).
Sulla base delle suesposte considerazione risulta pertanto manifestamente infondata la ulteriore censura in punto di affermata riconducibilità della fattispecie concreta nell'alveo applicativo della diversa fattispecie delittuosa di cui all'art. 489 cod. pen., atteso che invero dalle sopra riferite circostanze fattuali ( qui riscontrate al solo fine della verifica della più corretta qualificazione giuridica della condotta ascritta all'imputato, e non già per rivalutare il giudizio di penale responsabilità dell'imputato ) emerge con chiarezza che il ricorrente sia stato anche l'autore materiale della contraffazione e non già solo il fruitore della stessa. 3. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di (omissis).