CARATTERISTICHE DEL REATO DI RICETTAZIONE
Ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell'annessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede; d'altro canto (Sez. II, n. 45256 del 22/11/2007, Lapertosa, Rv. 238515), ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l'agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l'ipotesi contravvenzionale dell'acquisto di cose di sospetta provenienza.
In fatto e in diritto
B.S.C.A., A.C.F.A. e R. A.D.E, ricorrono avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova del 17/10/2016, con la quale esclusa l'aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p. è stata confermata, la condanna dei prevenuti in ordine a più delitti di ricettazione, furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, chiedendone: l'A. l'annullamento ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen., avendo il giudice di merito ricavato la penale responsabilità dell'imputato dalla mancata giustificazione del possesso di beni invero di comune detenzione; il B. vizi di illogicità manifesta della motivazione avuto riguardo all'impropria valorizzazione delle valutazioni degli operanti di P.g. in merito al riconoscimento della voce del ricorrente in sede di intercettazioni (capo 30) ; omessa valutazione di elementi a discarico ( capo 24) e violazione dì legge con riguardo alla ritenuta integrazione dei delitti di cui agli artt. 337 e 648 c.p., ; carenza di motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio; R.A., a sua volta, lamenta plurime violazioni di legge ( sostanziale e processuale) avuto riguardo alla mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p. in relazione al capo 32 ed al trattamento sanzionatorio. In data 22/11/2017 e 29/11/2017 i ricorrenti A. e B. hanno depositato una memoria esplicativa dei motivi già proposti con i ricorsi, evidenziandone la specificità. I ricorsi sono generici limitandosi i ricorrenti a ripercorrere gli stessi motivi di doglianza già proposti in sede di appello ed ivi adeguatamente superati.
Si deve riaffermare infatti che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6 n. 20377 del 11/03/2009, Rv. 243838; Sez. 2 11951/2014, rv. 259425). Nella specie la Corte di merito ha sottolineato , quanto ad A. che il rinvenimento di una molteplicità di beni riconducibili a terzi come polizze, titoli e telefoni cellulari, unitamente ad altri di provenienza illecita, doveva condurre alla logica conclusione per cui anche quei beni fossero di provenienza illecita, ovvero acquisisti fuori dai canali ordinari e legittimi di circolazione.
In tal modo, la Corte di appello si è correttamente conformata - quanto alla qualificazione giuridica del fatto accertato - al consolidato orientamento di questa Corte (per tutte, Sez. II, n. 29198 del 25/05/ 2010, Fontanella, rv. 248265), per il quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell'elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla base dell'annessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede; d'altro canto (Sez. II, n. 45256 del 22/11/2007, Lapertosa, Rv. 238515), ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l'agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l'ipotesi contravvenzionale dell'acquisto di cose di sospetta provenienza.
Né si richiede all'imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell'origine del possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l'indicazione di un tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., n. 35535 del 12/07/2007, CED Cass. n. 236914).
Quanto al ricorso di B. oltre ribadirsi quanto poc'anzi affermato per il ricorso A. ( per ciò che concerne il delitto di cui all'art. 648 c.a.), deve osservarsi che la Corte d'appello di Genova ha ben spiegato quali fossero i plurimi e convergenti indizi, idonei all'affermazione di penale responsabilità del ricorrente in ordine al delitto di furto di cui al capo 30, superando le critiche difensive, espressamente considerate (pag. 3) ed opponendovi argomenti probatori schiaccianti quali la chiamata in correità del dichiarante S. ed il rinvenimento della refurtiva nell'abitazione del prevenuto, sicchè alcun vizio di carenza o contraddittoria motivazione si ravvisa nel caso di specie, mentre con riferimento al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, la Corte di merito, ha correttamente evidenziato che l'opposizione del prevenuto si manifestava all'atto dell'arresto a nulla rilevando che la stessa fosse avvenuta nei confronti di un solo operante poiché ciò che rileva ai fini dell'integrazione dell'art. 337 c.p., è l'opposizione alla regolare attività della Amministrazione. In tale senso è, la formulazione letterale della disposizione laddove prevede espressamente che l'obiettivo della condotta criminosa è l'opposizione all'atto piuttosto che la violenza o minaccia nei confronti del singolo in quanto tale (Sez. 6 n. 39341/2017, rv. 270939).
Quanto infine al trattamento sanzionatorio, oggetto di censura anche da parte del ricorrente R., deve osservarsi che il giudice ha ben modulato il proprio potere discrezionale, alla luce dei criteri cui all'art. 133 c.p. ed ha spiegato i motivi per cui ha ritenuto di non potere concedere le circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle aggravanti e detto giudizio non appare censurabile in questa sede, non apparendo essere il frutto di un mero arbitrio o di un ragionamento illogico. Da quanto premesso discende l'inammissibilità dei ricorsi cui consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 2000,00 ciascuno.
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di duemila euro alla Cassa delle ammende.