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Notizie brevi 08/03/2018

Il contribuente che ha commesso il reato di emissione di fatture false, può utilizzare il ravvedimento operoso e poi ricorrere al patteggiamento in tribunale

Lo stabilisce la Corte di Cassazione, con una sentenza che riguarda ogni tipologia di reato fiscale e contrasta l'interpretazione data dall'Agenzia delle Entrate

Secondo l'Amministrazione Finanziaria, nel caso di fatture false, il ravvedimento operoso può intervenire solo nel caso in cui, il contribuente, non abbia ancora presentato la dichiarazione IVA.
 
La sentenza della Cassazione, invece, sottolinea che è possibile ricorrere al ravvedimento operoso, in applicazione dell'art. 13 - bis del dlgs 74/2000, in base al quale ai reati tributari, si può applicare il patteggiamento se, prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, è stato interamente pagato il debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, anche a seguito di procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, oppure in caso di ravvedimento operoso.
 
Quindi, in sostanza, secondo la suprema Corte, al pari dell'integrale pagamento del debito tributario, il ravvedimento operoso rappresenta una causa di non punibilità. E questo, vale per tutti i reati fiscali, previsti dal dlgs. 74/2000.
 
Il problema, a questo punto, è l'armonizzazione delle due interpretazioni: quella della Amministrazione finanziaria e quella della suprema Corte.
 
Secondo l'Amministrazione finanziaria, fino a quando la fatture resta solo emessa e inserita nei libri contabili, è possibile correggerla.
Nel momento in cui viene effettuata una dichiarazione IVA, non è più possibile, ravvedersi.

La sentenza della suprema Corte indica, invece,. che il ravvedimento è utilizzabile per sanare il debito con il Fisco. Rappresenta quindi motivo, per chiedere il patteggiamento in sede penale.
 
A questo punto, è atteso un definitivo chiarimento sulla possibile definizione o meno, del ravvedimento.
 

 
R.G.

 

Giovedì, 08 Marzo 2018
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