Giordano
Biserni intervista Franco Taggi, direttore del reparto “Ambiente
e Traumi” dell’Istituto Superiore di Sanità sull’efficacia
della cintura nel ridurre la probabilità di morte in caso
di scontro.
Dott. Taggi, “Attualità UPI”, la rivista dell’Ufficio
Prevenzione Infortuni della Svizzera, ha recentemente pubblicato
un articolo, "Il salvavita per eccellenza: la cintura di sicurezza”,
dove è riportato un grafico in cui sono mostrate - al variare
della velocità di impatto - le probabilità di morire
portano e non portando la cintura di sicurezza.
Poiché il senso di questo grafico non è così
immediato, vorremmo che lei ci aiutasse a “leggerlo”,
al fine di comprendere cosa realmente esso significhi.
La ringrazio per la domanda e le rispondo volentieri, anche perché
credo che oltre a raccomandare certi comportamenti utili ai fini
della sicurezza (come appunto, mettere sempre la cintura), sia anche
utile spiegare al meglio perché la raccomandazione ha senso.
Il grafico in questione, che ho ricostruito da quello riportato
sull’articolo, lo vediamo in Fig.1.
Fig. 1
Tale grafico va letto con molta attenzione, tenendo sempre conto
che è riferito alla sola probabilità di morte del
soggetto e nulla dice, se non indirettamente, sulla riduzione della
gravità delle lesioni.
E le cinture non servono solo per evitare la morte, ma anche lesioni
gravi; e ancora, lesioni poco gravi clinicamente, ma gravi per la
futura qualità di vita del soggetto (es. lesioni deturpanti,
specie al viso).
Da quel che ricordo di geometria analitica, sembra che la probabilità
di morte aumenti, con o senza cintura, all’aumentare della
velocità.
Infatti. La prima informazione che il grafico fornisce è
proprio questa: ma è anche subito evidente che con la cintura
la probabilità di morte aumenta meno rapidamente all’aumentare
della velocità.
La parte sinistra del grafico mostra poi che se la velocità
di impatto in ballo non è grande, la probabilità di
morte è trascurabile sia che uno indossi o meno la cintura.
L’altra cosa che il grafico di Fig. 1 dice è che, anche
in accordo col buon senso, quando la velocità è eccessiva
portare o meno la cintura poco influisce sulla probabilità
di morte, che diventa praticamente certa in ogni caso.
Il tutto – senza scomodare equazioni e biomeccanica –
è ben condensato nel noto proverbio “Chi va piano va
sano e va lontano; chi va forte va alla morte”.
Le due curve sembrano salire rapidamente all’aumentare della
velocità di impatto… è giusto?
Giustissimo, lo si vede chiaramente: gli andamenti sono tutt’altro
che lineari.
Come mai?
E’ un problema di fisica: dobbiamo ricordarci che quello che
conta in effetti per il danno fisico è l’energia in
gioco, cioè l’energia cinetica (quella legata al movimento),
che è proporzionale alla massa del veicolo e, soprattutto,
al quadrato della velocità dello stesso.
Ho graficato a questo proposito la probabilità di morte in
funzione dell’energia cinetica (v. Fig.2): vediamo ora che
nei non cinturati tale probabilità cresce da subito quasi
linearmente con l’energia; la stessa crescita quasi-lineare
vale anche per chi porta la cintura, ma solo da una certa energia
in poi.
Fig. 2
Nel
grafico dell’UPI c’è anche una curva che rappresenta
la differenza tra le due probabilità di morte: come mai non
l’ha riportata nel grafico?
La differenza tra queste due probabilità, a mio parere, non
dice molto; maggiori informazioni possono essere tratte, credo,
dal loro rapporto (probabilità di morte per i non cinturati
diviso la probabilità di morte per i cinturati), che rappresenta
per una data velocità di impatto il rischio relativo (RR)
di morire per chi non porta la cintura rispetto a chi la porta.
In altre parole, data una certa velocità, se il RR è
per esempio uguale a 4, questo significa che chi non porta la cintura
ha quattro volte la possibilità di morire rispetto a chi
non la porta.
Ho calcolato dai precedenti dati l’andamento del RR in funzione
della velocità di impatto e l’ho graficato in Fig. 3:
Fig. 3
Come
si osserva in questa nuova figura, i vantaggi indotti dalla cintura
(quantificati dal RR) non sono uniformi con la velocità d’impatto,
ma hanno un massimo pari a 10 tra i 40-50 km/h ed appaiono comunque
di interesse anche a velocità più consistenti o più
contenute. Grosso modo, si può dire che per velocità
di impatto tra 20 e 90 km/h chi è senza cintura rischia due
volte o più di morire rispetto a chi la porta; se la velocità
è tra 40-50 km/h, rischia addirittura 10 volte.
Con questo, penso che il nostro approfondimento sia giunto a conclusione.
Non ancora. Se si riflette attentamente, il grafico ci informa in
termini generali sui vantaggi che possiamo trarre dall’uso
della cintura al variare della velocità di impatto, non su
quello che poi succederà a seguito di una larga applicazione
del dispositivo nella vita reale.
Ci manca, per comprendere a fondo i vantaggi dell’uso della
cintura di sicurezza, un’informazione decisiva: qual è
la velocità (l’energia) che caratterizza gli impatti
che effettivamente avvengono ogni giorno sulle nostre strade?
La cosa non è banale. Vediamola meglio.
In un mondo in cui tutti gli urti avvenissero a 150 km/h (contro
ostacolo fisso o per somma delle velocità di due veicoli
che si scontrano frontalmente), la cintura servirebbe… a nulla.
Morirebbero tutti comunque, salvo qualche strana eccezione.
Lo stesso, in un altro mondo dove tutti gli urti avvenissero a 2
km/h l’utilità della cintura (sempre per limitare la
mortalità) sarebbe risibile: salvo sempre le imprevedibili
eccezioni, nessuno morirebbe (a quest’ultimo proposito, tuttavia,
si rifletta sul fatto che una bassa velocità non è
sempre garanzia di sopravvivenza: molti centauri sono morti per
trauma cranico semplicemente cadendo da fermi e sbattendo a terra
– o peggio sul marciapiede – la loro testa sfortunatamente
sprovvista di casco).
Orbene, la maggior parte degli incidenti stradali avviene a valori
contenuti di velocità, tipici del “range” dove
la cintura “funziona”: quindi, nella gran parte degli
scontri ci troviamo in una fascia di energia (di velocità)
dove la cintura è in grado di proteggere efficacemente i
soggetti che la indossano.
Da questa relazione tra efficacia generale della cintura e sua efficacia
pratica, quest’ultima dovuta al fatto che la distribuzione
delle velocità di impatto si sovrappone largamente al range
di valori in cui la cintura può ben operare, nasce un’immediata
e importante conseguenza: se la velocità media dei veicoli
diminuisce, allora la distribuzione delle velocità di impatto
si sposterà su valori necessariamente più bassi e
quindi le conseguenze globali degli incidenti tenderanno ad essere
meno gravi, maggiormente per chi indossa la cintura.
Moderare la velocità del proprio veicolo sembra dunque la
chiave di volta in ogni discorso sulla sicurezza stradale…
Certamente. Ma non è la sola.
L’altra, ancor più importante, è l’uso costante
del nostro cervello quando guidiamo: tenere bene d’occhio la
strada, il comportamento degli altri utenti, ed adattare la propria
velocità alle circostanze del momento è l’atteggiamento
che dovrebbe caratterizzare lo stile di guida di ogni conducente.
Ci sono altre indicazioni che possiamo trarre da quanto discusso?
Me ne vengono in mente alcune:
1) mai dovesse succedere qualcosa, sarà sempre meglio per
la nostra sicurezza aver indossato la cintura che non averlo fatto;
2) poiché tutto può accadere, anche di incontrare
sulla propria strada un delinquente (sottolineo delinquente, perché
così va chiamato) che viaggia a velocità eccessiva,
magari brillo od attaccato ad un cellulare, conviene andare sempre
a velocità moderata: avremo più tempo per prendere
provvedimenti atti ad evitare lo scontro, come pure se mai lo scontro
risultasse inevitabile aggiungeremo meno velocità da parte
nostra all’impatto, e quindi i problemi saranno minori;
3) poiché, come detto, l’uso della cintura diminuisce
la gravità delle lesioni , sino ad evitarle del tutto a bassa
velocità, non indossarla non è una scelta intelligente.
In ultimo, visto che viviamo in un mondo che dà molto valore
all’aspetto fisico, specie tra i giovani, ricordiamoci sempre
che a basse velocità di impatto se non si è cinturati
la probabilità di rovinarsi il viso, come pure di spaccarsi
i denti è molto alta: essere sicuri di mantenere il proprio
sorriso e l’espressione del viso, come pure non avere a che
fare con i dentisti quando questo non è necessario, vale
forse un piccolo gesto, una piccola seccatura… quella di allacciarsi
la cintura.
E poi, a ben pensarci, non è solo una questione di salute,
ma anche di quattrini: in particolare in relazione ai dentisti (e
spero che gli amici odontoiatri non se ne avranno a male se richiamo
una vecchia battuta), teniamo sempre a mente salendo in macchina
l’inizio della lettera che scrisse loro San Paolo: “Carissimi…”.
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