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Articoli 14/11/2005

Autovelox roba da buttare Il Giudice di pace di Lendinara: "in Italia, nessun autovelox è tarato a norma di legge"

da Il Centauro n.99 - Ottobre 2005

Autovelox roba da buttare
Il Giudice di pace di Lendinara: "in Italia, nessun autovelox è tarato a norma di legge"

di Ugo Terracciano*.

 


Gli Autovelox? Roba da buttare, quantomeno i modelli attualmente in uso, tutti privi di una taratura affidabile. Questo ha scritto, tra le righe della sentenza 96/2005, il Giudice di Pace di Lendinara. Diciamolo: non è uno sprone a continuare su quella via tecnologica, imboccata da anni dagli organi di polizia stradale per migliorare la capacità di accertamento; non è nemmeno il migliore auspicio per le generose previsioni di bilancio di enti pubblici alla ricerca di una comoda liquidità che le micidiali macchinette garantiscono. Però, è una sentenza a modo suo davvero innovativa. Il motivo è semplice: nessun giudice prima, aveva appuntato la sua attenzione su una questione così squisitamente tecnica: i rilevatori elettronici di velocità devono essere omologati – e fin qui niente di nuovo – devono essere però anche tarati per garantire una misurazione tendenzialmente perfetta. Detta così sembra una operazione banale. Come dire: uguale a girare una vite zigrinata, far collimare tra loro le barre millimetriche, mettere a punto la freccia su un goniometro. Basta questo per mettere balisticamente a punto cannoni e mortai in guerra, cosa occorrerà mai fare di più, quando a dover essere tarata è una artiglieria così leggera da sparare solo foto e verbali, pungenti per le tasche, ma non altrettanto devastanti.
Per capire la portata della decisione diamo un’occhiata al caso, che narra fatti di ordinaria irregolarità stradale. Alla guida della sua Jaguar, uno stimato professionista del Polesine, aveva superato di appena 17 Km/h il limite di velocità prescritto. Sul suo percorso, però, ad attenderlo c’era un insidioso autovelox 104/C2, che i vigili di Lendinara avevano piazzato lì, così come nei canali, in quella zona, i pescatori immergono, mimeticamente, le loro trappole per pesci ed anguille. Quando si vede recapitare a casa la solita lettera verde, tipica busta per la notifica di atti giudiziari, il professionista ci mette meno di un attimo a stendere il ricorso. Quanto agli argomenti, nell’arsenale di un avvocato non c’è che l’imbarazzo della scelta, ma a conti fatti, lo sforzo è stato esagerato perché il giudice di pace, tra i tanti motivi espressi, ha accettato quelli forse più marginali, meno cavillosi sul piano giuridico.
Non è stata presa in considerazione l’eccezione di nullità dell’accertamento in difetto di contestazione immediata, né la nullità della contravvenzione per mancanza di informazione agli automobilisti che il tratto di strada era soggetto a controllo elettronico senza obbligo di contestazione immediata (articolo 168/1, legge 168/02). Non è stata statuita la nullità della contravvenzione in quanto l’apparecchio autovelox 104/C2 era incustodito, né dichiarata l’illegittimità del cartello impositivo del limite di velocità apposto, secondo il ricorrente, in maniera non regolamentare. Nessun esito alla richiesta di sollevare l’eccezione di incostituzionalità dell’articolo 126 bis nuovo cds. Niente cavilli giuridici, insomma, ma il giudice di pace, dimostrando peraltro una competenza specifica da fare invidia ad un professore di tecnologia industriale, ha rilevato l’omessa taratura dell’apparecchiatura autovelox 104/C2 prima dell’uso, nonché – ma non è una novità - la mancata omologazione dell’apparecchio rilevatore. In altri termini la sentenza verte sull’affidabilità dello strumento il cui difetto rende dubbio l’accertamento e quindi illegittima la notificazione del verbale.
C’è da dire che sulla questione della contestazione immediata anche la Suprema Corte non ha saputo dare una risposta certa: in tempi meno recenti, la giurisprudenza era portata ad escludere l’obbligo per gli agenti di fermare il veicolo, affermando l’alternatività tra la contestazione immediata e quella differita (Cass. Sez. I, 29.5.1992, n. 6527; Cass. Sez. I, 26.6.1992, n. 8024; Cass. Sez. I, 13.10.1992, n. 11176; sul tema cfr. M.Leoni-U.Terracciano, “problematiche giuridiche in tema di autovelox e telelaser”, CEDAM Padova, 2004). Più di recente, poi, la giurisprudenza ha interpretato in modo un po’ diverso gli art. 200 e 201 del codice stradale, riconducendo, alla mancata contestazione immediata – ove questa in concreto si fosse resa possibile – l’effetto estintivo sull’oblazione di pagare una somma comminata per la violazione (Cass. Sez. III, 18.6.1999, n. 6123). In altri termini: se la polizia non ferma, deve convincere il giudice dei motivi che non hanno reso possibile la contestazione immediata, altrimenti il verbale va alle ortiche.
Successivamente, però, l’art. 4 del Dl n. 121/2002, convertito in legge n. 168/2002, ha introdotto la possibilità di installare l’apparecchiatura per l’accertamento remoto: scattata la foto, il verbale è notificato successivamente al domicilio del trasgressore o dell’obbligato in solido (cioè, il proprietario del veicolo). La norma prevede due necessari requisiti: in primo luogo, una sorta di concertazione tra organi di polizia stradale, enti proprietari delle strade e prefetto, per l’individuazione degli indici (statistici, morfologici, strutturali) che rendono opportuno l’uso dei rilevatori elettronici a distanza (v. Circ. Min. Int. 300/A/1/54584/101/3/3/9 del 3.10.2002 e Circ. Min. Int. 300/A/71/41198/101/3/3/9 dell’8.4.2003); in secondo luogo, gli apparecchi di rilevazione devono essere approvati ed omologati ai sensi dell’art. 45, comma 6, del D. Leg.vo 30 aprile 1992, n. 285. Quest’ultimo adempimento è finalizzato all’utilizzo ottimale ed equilibrato della tecnologia disponibile, in relazione alle concorrenti esigenze proprie del traffico e della sicurezza della strada.
Sull’omologazione è presto detto: l’articolo 201, comma 1 bis lett. f) del codice, convertito nella legge 214/03, ha stabilito che in deroga al principio generale di contestazione immediata delle violazioni amministrative, alcune infrazioni (tra cui quella di cui all’articolo 142 Cds) possano essere rilevate in assenza degli organi di polizia, qualora l’accertamento avvenga mediante l’utilizzo di apposite apparecchiature debitamente omologate. Ne consegue, che se tali dispositivi non hanno ottenuto la richiesta approvazione, possono essere utilizzati solo se sono gestiti direttamente dagli organi di polizia preposti al controllo del traffico (v. circ. Min. Int. M/2413-12 del 26 gennaio 2005 e Circ. ). Anche il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con circolare n. 3610 dell’8 novembre 2004 ha stabilito che “i rilevatori di velocità attualmente in uso sono stati approvati avendo a riferimento le norme precedenti al Dl 151/03, convertito con legge 214/03 che consente la rilevazione di alcune infrazioni in modo automatico con apposite apparecchiature omologate. Pertanto, gli attuali dispositivi di controllo delle velocità non possono essere adoperati in assenza dell’operatore di polizia”. In buona sostanza, non basta che l’apparecchio di rilevazione sia omologato, ma l’omologazione deve essere ripetuta, data la specifica destinazione al rilevamento remoto, alla luce della nuova normativa. Non che la precedente omologazione non conti, essa abilita alla corretta rilevazione tecnica, in presenza, però, dell’accertatore.
Sul piano dell’affidabilità tecnica tuttavia, il problema non si chiude qui, perché - secondo il Giudice di Pace – l’amministrazione per dimostrare la legittimità del verbale, deve dimostrare la perfetta taratura dello strumento.
Cosa vuol dire? Qui il discorso si fa tecnico: partiamo dalla considerazione che la legge 273/91 ha istituito il sistema nazionale di taratura ed ha individuato gli istituti metrologici nazionali (IMP) ora denominati INRIM (Istituto nazionale ricerca metrologica) ciascuno dei quali, nel proprio campo, realizza e conserva i campioni nazionali delle varie grandezze metrologiche. I campioni sono individuati dal Dm 591/93. Il compito di disseminare queste grandezze sul territorio è affidato ai centri opportunamente accreditati, denominati centri SIT (servizio di taratura in Italia) preposti a tarare gli strumenti ed emettere i relativi certificati di taratura. Per questa via si ottiene la cosiddetta riferibilità delle misure ai campioni nazionali. Per essere tecnici fino in fondo, diciamo che questa “riferibilità” della misura è definita nella norma UNI 30012 punto 3.22 come “risultato di una misurazione, riferita a campioni appropriati, generalmente conservati dagli IMP nazionali o internazionali, effettuata attraverso una catena ininterrotta di confronti (effettuata dagli IMP o dai centri di taratura SIT)”. L’operazione di taratura, invece, è definita dalla norma UNI 30012 punto 3.23 come “insieme delle operazioni che stabiliscono sotto condizioni specificate, le relazioni tra i valori indicati da uno strumento di misurazione, o da un sistema di misurazione, oppure i valori rappresentanti da un campione materiale, e i corrispondenti valori nati di un misurando”. Niente di diverso, a volere banalizzare il concetto, a quello che comunemente accade per i misuratori più vari in commercio: quando misuriamo col metro, sappiamo che quello strumento è affidabile in prodotto in conformità ad un campione unico di base conservato presso le autorità. Lo stesso vale per il termometro, per il cronometro o per il barometro.
Certi strumenti di precisione, però, vanno controllati per garantire che tale corrispondenza resti inalterata: questa è la taratura. Secondo la normativa la taratura è necessaria in quanto è l’unico metodo con cui si può assicurare la riferibilità a campioni nazionali riconosciuti per legge e quindi l’unico sistema per verificare la presenza di errori sistematici rispetto a tali campioni, sia al momento della consegna dello strumento da parte del fabbricante, sia durante l’uso.
Qualsiasi strumento di misura, soprattutto di tipo elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati, dovute a invecchiamento dei componenti, urti, vibrazioni, shock meccanici, shock termici, variazioni della tensione di alimentazione. Ed infatti, nel caso di uno strumento di alta precisione quale l’autovelox 104/C2 il manuale d’uso, prescrive e raccomanda che debbono essere evitati, urti, vibrazioni eccessive, cadute, l’esposizione a temperature superiori a 40° C ed inferiori a meno 10 gradi C o a campi magnetici o elettrici, situazione queste, che possono alternarne il corretto funzionamento. A evitare tale inconveniente la legge 273/91 in combinato disposto con le norme tecniche internazionali UNI 30012, ha per l’appunto stabilito l’obbligo di effettuare la taratura periodica di tutti gli strumenti di misurazione.
A completare il quadro normativo è poi intervenuto il decreto del Ministero delle Attività Produttive del 10 dicembre 2001 precisando (articolo 1 lett. c) che, per verificazione periodica, deve intendersi: l’accertamento del mantenimento nel tempo della affidabilità metrologica degli strumenti di misura finalizzata alla tutela della fede pubblica, nonché l’integrità di sigilli, anche elettronici, ed etichette o altri elementi di protezione previsti dalle norme vigenti. Per di più l’articolo 2 del medesimo decreto sancisce che i laboratori preposti alla verifica periodica, per l’appunto i centri di taratura (SIT) istituiti dalla legge 27/1991, devono offrire garanzie di indipendenza cioè non devono avere rapporti commerciali, finanziari e societari con gli utenti metrici.
Il che significa che le tarature periodiche non possono essere effettuate né dalla ditta produttrice, né dalla ditta distributrice degli autovelox, ma solo dai SIT accreditati.
Tornando al caso di Lendinara, è bastata una facile ricerca per scoprire che, a tutt’oggi, nel nostro Paese, non esistono laboratori accreditati dal SIT per la taratura di autovelox. Se tutto questo è chiaro, va applicato un terribile sillogismo: non esiste, in Italia, un centro abilitato per la taratura; è escluso che questa possa essere effettuata dalla stessa ditta produttrice; perciò nessun autovelox viene sottoposto a taratura secondo le regole della legge italiana (273/91) ed internazionale (UNI 30012); ergo, in Italia; tutte le apparecchiature di rilevazione della velocità, sia quelle gestite direttamente dagli agenti di polizia, sia quelle a postazione fissa funzionanti in automatico, cioè senza la presenza di personale, sono illegittimamente utilizzate. (GdP di Teano del 18 dicembre 2000, GdP di Rovigo del 23 settembre 2004, GdP di Gonzaga del 9 dicembre 2003, GdP di Porretta Terme del 6 dicembre 2004, GdP di Taranto del 27 ottobre 2004, Tribunale di Lodi del 22 maggio 2000). Manca il centro certificatore, sì, ma la sicurezza stradale? E’ un fatto di precisione, di corrispondenza perfetta all’unità di misura. E la multa? Niente paura, può essere che la evitiate anche per un solo micron.

* Funzionario Polizia di Stato.



di Ugo Terracciano

da Il Centauro n.99 - Ottobre 2005
Lunedì, 14 Novembre 2005
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