Gli
Autovelox? Roba da buttare, quantomeno i modelli attualmente in
uso, tutti privi di una taratura affidabile. Questo ha scritto,
tra le righe della sentenza 96/2005, il Giudice di Pace di Lendinara.
Diciamolo: non è uno sprone a continuare su quella via tecnologica,
imboccata da anni dagli organi di polizia stradale per migliorare
la capacità di accertamento; non è nemmeno il migliore
auspicio per le generose previsioni di bilancio di enti pubblici
alla ricerca di una comoda liquidità che le micidiali macchinette
garantiscono. Però, è una sentenza a modo suo davvero
innovativa. Il motivo è semplice: nessun giudice prima, aveva
appuntato la sua attenzione su una questione così squisitamente
tecnica: i rilevatori elettronici di velocità devono essere
omologati – e fin qui niente di nuovo – devono essere
però anche tarati per garantire una misurazione tendenzialmente
perfetta. Detta così sembra una operazione banale. Come dire:
uguale a girare una vite zigrinata, far collimare tra loro le barre
millimetriche, mettere a punto la freccia su un goniometro. Basta
questo per mettere balisticamente a punto cannoni e mortai in guerra,
cosa occorrerà mai fare di più, quando a dover essere
tarata è una artiglieria così leggera da sparare solo
foto e verbali, pungenti per le tasche, ma non altrettanto devastanti.
Per capire la portata della decisione diamo un’occhiata al
caso, che narra fatti di ordinaria irregolarità stradale.
Alla guida della sua Jaguar, uno stimato professionista del Polesine,
aveva superato di appena 17 Km/h il limite di velocità prescritto.
Sul suo percorso, però, ad attenderlo c’era un insidioso
autovelox 104/C2, che i vigili di Lendinara avevano piazzato lì,
così come nei canali, in quella zona, i pescatori immergono,
mimeticamente, le loro trappole per pesci ed anguille. Quando si
vede recapitare a casa la solita lettera verde, tipica busta per
la notifica di atti giudiziari, il professionista ci mette meno
di un attimo a stendere il ricorso. Quanto agli argomenti, nell’arsenale
di un avvocato non c’è che l’imbarazzo della scelta,
ma a conti fatti, lo sforzo è stato esagerato perché
il giudice di pace, tra i tanti motivi espressi, ha accettato quelli
forse più marginali, meno cavillosi sul piano giuridico.
Non è stata presa in considerazione l’eccezione di nullità
dell’accertamento in difetto di contestazione immediata, né
la nullità della contravvenzione per mancanza di informazione
agli automobilisti che il tratto di strada era soggetto a controllo
elettronico senza obbligo di contestazione immediata (articolo 168/1,
legge 168/02). Non è stata statuita la nullità della
contravvenzione in quanto l’apparecchio autovelox 104/C2 era
incustodito, né dichiarata l’illegittimità del
cartello impositivo del limite di velocità apposto, secondo
il ricorrente, in maniera non regolamentare. Nessun esito alla richiesta
di sollevare l’eccezione di incostituzionalità dell’articolo
126 bis nuovo cds. Niente cavilli giuridici, insomma, ma il giudice
di pace, dimostrando peraltro una competenza specifica da fare invidia
ad un professore di tecnologia industriale, ha rilevato l’omessa
taratura dell’apparecchiatura autovelox 104/C2 prima dell’uso,
nonché – ma non è una novità - la mancata
omologazione dell’apparecchio rilevatore. In altri termini
la sentenza verte sull’affidabilità dello strumento
il cui difetto rende dubbio l’accertamento e quindi illegittima
la notificazione del verbale.
C’è da dire che sulla questione della contestazione
immediata anche la Suprema Corte non ha saputo dare una risposta
certa: in tempi meno recenti, la giurisprudenza era portata ad escludere
l’obbligo per gli agenti di fermare il veicolo, affermando
l’alternatività tra la contestazione immediata e quella
differita (Cass. Sez. I, 29.5.1992, n. 6527; Cass. Sez. I, 26.6.1992,
n. 8024; Cass. Sez. I, 13.10.1992, n. 11176; sul tema cfr. M.Leoni-U.Terracciano,
“problematiche giuridiche in tema di autovelox e telelaser”,
CEDAM Padova, 2004). Più di recente, poi, la giurisprudenza
ha interpretato in modo un po’ diverso gli art. 200 e 201 del
codice stradale, riconducendo, alla mancata contestazione immediata
– ove questa in concreto si fosse resa possibile – l’effetto
estintivo sull’oblazione di pagare una somma comminata per
la violazione (Cass. Sez. III, 18.6.1999, n. 6123). In altri termini:
se la polizia non ferma, deve convincere il giudice dei motivi che
non hanno reso possibile la contestazione immediata, altrimenti
il verbale va alle ortiche.
Successivamente, però, l’art. 4 del Dl n. 121/2002,
convertito in legge n. 168/2002, ha introdotto la possibilità
di installare l’apparecchiatura per l’accertamento remoto:
scattata la foto, il verbale è notificato successivamente
al domicilio del trasgressore o dell’obbligato in solido (cioè,
il proprietario del veicolo). La norma prevede due necessari requisiti:
in primo luogo, una sorta di concertazione tra organi di polizia
stradale, enti proprietari delle strade e prefetto, per l’individuazione
degli indici (statistici, morfologici, strutturali) che rendono
opportuno l’uso dei rilevatori elettronici a distanza (v. Circ.
Min. Int. 300/A/1/54584/101/3/3/9 del 3.10.2002 e Circ. Min. Int.
300/A/71/41198/101/3/3/9 dell’8.4.2003); in secondo luogo,
gli apparecchi di rilevazione devono essere approvati ed omologati
ai sensi dell’art. 45, comma 6, del D. Leg.vo 30 aprile 1992,
n. 285. Quest’ultimo adempimento è finalizzato all’utilizzo
ottimale ed equilibrato della tecnologia disponibile, in relazione
alle concorrenti esigenze proprie del traffico e della sicurezza
della strada.
Sull’omologazione è presto detto: l’articolo 201,
comma 1 bis lett. f) del codice, convertito nella legge 214/03,
ha stabilito che in deroga al principio generale di contestazione
immediata delle violazioni amministrative, alcune infrazioni (tra
cui quella di cui all’articolo 142 Cds) possano essere rilevate
in assenza degli organi di polizia, qualora l’accertamento
avvenga mediante l’utilizzo di apposite apparecchiature debitamente
omologate. Ne consegue, che se tali dispositivi non hanno ottenuto
la richiesta approvazione, possono essere utilizzati solo se sono
gestiti direttamente dagli organi di polizia preposti al controllo
del traffico (v. circ. Min. Int. M/2413-12 del 26 gennaio 2005 e
Circ. ). Anche il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
con circolare n. 3610 dell’8 novembre 2004 ha stabilito che
“i rilevatori di velocità attualmente in uso sono stati
approvati avendo a riferimento le norme precedenti al Dl 151/03,
convertito con legge 214/03 che consente la rilevazione di alcune
infrazioni in modo automatico con apposite apparecchiature omologate.
Pertanto, gli attuali dispositivi di controllo delle velocità
non possono essere adoperati in assenza dell’operatore di polizia”.
In buona sostanza, non basta che l’apparecchio di rilevazione
sia omologato, ma l’omologazione deve essere ripetuta, data
la specifica destinazione al rilevamento remoto, alla luce della
nuova normativa. Non che la precedente omologazione non conti, essa
abilita alla corretta rilevazione tecnica, in presenza, però,
dell’accertatore.
Sul piano dell’affidabilità tecnica tuttavia, il problema
non si chiude qui, perché - secondo il Giudice di Pace –
l’amministrazione per dimostrare la legittimità del
verbale, deve dimostrare la perfetta taratura dello strumento.
Cosa vuol dire? Qui il discorso si fa tecnico: partiamo dalla considerazione
che la legge 273/91 ha istituito il sistema nazionale di taratura
ed ha individuato gli istituti metrologici nazionali (IMP) ora denominati
INRIM (Istituto nazionale ricerca metrologica) ciascuno dei quali,
nel proprio campo, realizza e conserva i campioni nazionali delle
varie grandezze metrologiche. I campioni sono individuati dal Dm
591/93. Il compito di disseminare queste grandezze sul territorio
è affidato ai centri opportunamente accreditati, denominati
centri SIT (servizio di taratura in Italia) preposti a tarare gli
strumenti ed emettere i relativi certificati di taratura. Per questa
via si ottiene la cosiddetta riferibilità delle misure ai
campioni nazionali. Per essere tecnici fino in fondo, diciamo che
questa “riferibilità” della misura è definita
nella norma UNI 30012 punto 3.22 come “risultato di una misurazione,
riferita a campioni appropriati, generalmente conservati dagli IMP
nazionali o internazionali, effettuata attraverso una catena ininterrotta
di confronti (effettuata dagli IMP o dai centri di taratura SIT)”.
L’operazione di taratura, invece, è definita dalla norma
UNI 30012 punto 3.23 come “insieme delle operazioni che stabiliscono
sotto condizioni specificate, le relazioni tra i valori indicati
da uno strumento di misurazione, o da un sistema di misurazione,
oppure i valori rappresentanti da un campione materiale, e i corrispondenti
valori nati di un misurando”. Niente di diverso, a volere banalizzare
il concetto, a quello che comunemente accade per i misuratori più
vari in commercio: quando misuriamo col metro, sappiamo che quello
strumento è affidabile in prodotto in conformità ad
un campione unico di base conservato presso le autorità.
Lo stesso vale per il termometro, per il cronometro o per il barometro.
Certi strumenti di precisione, però, vanno controllati per
garantire che tale corrispondenza resti inalterata: questa è
la taratura. Secondo la normativa la taratura è necessaria
in quanto è l’unico metodo con cui si può assicurare
la riferibilità a campioni nazionali riconosciuti per legge
e quindi l’unico sistema per verificare la presenza di errori
sistematici rispetto a tali campioni, sia al momento della consegna
dello strumento da parte del fabbricante, sia durante l’uso.
Qualsiasi strumento di misura, soprattutto di tipo elettronico,
è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi
a variazioni dei valori misurati, dovute a invecchiamento dei componenti,
urti, vibrazioni, shock meccanici, shock termici, variazioni della
tensione di alimentazione. Ed infatti, nel caso di uno strumento
di alta precisione quale l’autovelox 104/C2 il manuale d’uso,
prescrive e raccomanda che debbono essere evitati, urti, vibrazioni
eccessive, cadute, l’esposizione a temperature superiori a
40° C ed inferiori a meno 10 gradi C o a campi magnetici o elettrici,
situazione queste, che possono alternarne il corretto funzionamento.
A evitare tale inconveniente la legge 273/91 in combinato disposto
con le norme tecniche internazionali UNI 30012, ha per l’appunto
stabilito l’obbligo di effettuare la taratura periodica di
tutti gli strumenti di misurazione.
A completare il quadro normativo è poi intervenuto il decreto
del Ministero delle Attività Produttive del 10 dicembre 2001
precisando (articolo 1 lett. c) che, per verificazione periodica,
deve intendersi: l’accertamento del mantenimento nel tempo
della affidabilità metrologica degli strumenti di misura
finalizzata alla tutela della fede pubblica, nonché l’integrità
di sigilli, anche elettronici, ed etichette o altri elementi di
protezione previsti dalle norme vigenti. Per di più l’articolo
2 del medesimo decreto sancisce che i laboratori preposti alla verifica
periodica, per l’appunto i centri di taratura (SIT) istituiti
dalla legge 27/1991, devono offrire garanzie di indipendenza cioè
non devono avere rapporti commerciali, finanziari e societari con
gli utenti metrici.
Il che significa che le tarature periodiche non possono essere effettuate
né dalla ditta produttrice, né dalla ditta distributrice
degli autovelox, ma solo dai SIT accreditati.
Tornando al caso di Lendinara, è bastata una facile ricerca
per scoprire che, a tutt’oggi, nel nostro Paese, non esistono
laboratori accreditati dal SIT per la taratura di autovelox. Se
tutto questo è chiaro, va applicato un terribile sillogismo:
non esiste, in Italia, un centro abilitato per la taratura; è
escluso che questa possa essere effettuata dalla stessa ditta produttrice;
perciò nessun autovelox viene sottoposto a taratura secondo
le regole della legge italiana (273/91) ed internazionale (UNI 30012);
ergo, in Italia; tutte le apparecchiature di rilevazione della velocità,
sia quelle gestite direttamente dagli agenti di polizia, sia quelle
a postazione fissa funzionanti in automatico, cioè senza
la presenza di personale, sono illegittimamente utilizzate. (GdP
di Teano del 18 dicembre 2000, GdP di Rovigo del 23 settembre 2004,
GdP di Gonzaga del 9 dicembre 2003, GdP di Porretta Terme del 6
dicembre 2004, GdP di Taranto del 27 ottobre 2004, Tribunale di
Lodi del 22 maggio 2000). Manca il centro certificatore, sì,
ma la sicurezza stradale? E’ un fatto di precisione, di corrispondenza
perfetta all’unità di misura. E la multa? Niente paura,
può essere che la evitiate anche per un solo micron.
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Funzionario Polizia di Stato.
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