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Prato, condannato per omicidio stradale, la Cassazione accoglie il ricorso del difensore: processo da rifare, la legge 41/2016 non era ancora in vigore quando avvenne l’incidente

(ASAPS) – Prato, 28 settembre 2018 – Piero Bigagli, 79 anni, venne investito la mattina del 19 gennaio 2016 dall’auto condotta da un 19enne, ovviamente neopatentato, mentre stava attraversando sulle strisce. Sette mesi dopo, il 23 agosto, al termine di una lunga agonia, l’anziano si spense in un letto dell’ospedale di Prato. Le indagini, condotte dalla Polizia Municipale che intervenne per i rilievi e coordinate dal Sostituto Procuratore Francesco Sottosanti, si conclusero rapidamente e il 28 giugno 2017, nemmeno un anno dopo, il GIP laniero condannò l’investitore a un anno di reclusione per omicidio stradale (art. 589 bis c.p.), perché “cagionava per colpa la morte di Bigagli Piero. In particolare, in data 19.01.2016, alla guida dell'autovettura, non arrestava o comunque rallentava la marcia del veicolo dallo stesso condotto, in prossimità di un attraversamento pedonale, già impegnato dal Bigagli, così investendo quest'ultimo; successivamente, in data 28.08.2016, interveniva, a seguito degli esiti del traumatismo conseguenti al sinistro stradale cennato, la morte di Bigagli. In Prato, il 28.08.2016”.

La pena comminata venne così determinata: pena base, nel minimo edittale, anni due di reclusione, diminuita per l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche fino ad anni uno e mesi quattro di reclusione, ridotta alla pena indicata per il rito. Ma la Cassazione, a Sezioni Unite, ha annullato tale condanna, accogliendo il ricorso dell’avvocato Cristina Menichetti, difensore del giovane automobilista, nel quale il legale aveva ribadito quanto già contestato in Camera di consiglio al Tribunale di Prato: l’incidente avvenne il 19 gennaio 2016 e la legge sull’omicidio stradale, la 41/2016, entrò in vigore solo il 23 marzo dello stesso anno, e anche se il decesso della vittima si verificò il 23 agosto, l’evento che l’aveva indiscutibilmente cagionato si era originato due mesi prima della pubblicazione in Gazzetta.

La questione potrà sembrare di poco conto e, nonostante la (tutto sommato) tenue pena inflitta all’imputato (almeno a nostro avviso), il legale ha ritenuto dover intervenire presso la Suprema Corte, perché, si legge nella sentenza degli Ermellini (Cass. Pen. Sezioni Unite, n.  40986/2018) nella parte in cui si riassume il ricorso avanzato, “la più sfavorevole disciplina dettata dall'art. 589-bis cod. pen. è stata introdotta in epoca successiva alla condotta ascritta all'imputato, mentre all'epoca di tale condotta era in vigore una disciplina più favorevole, in quanto l'art. 589, secondo comma, cod. pen. prevedeva una circostanza aggravante laddove la nuova disposizione prevede un'autonoma fattispecie incriminatrice (oltre all'applicazione obbligatoria e automatica della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida per un periodo minimo di cinque anni). L'applicazione al caso di specie della successiva, più sfavorevole disciplina, contrasta con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole (art. 25 Cost.), oltre che con il divieto di retroattività stabilito dall'art. 7 C.E.D.U., sicché deve essere seguito il c.d. "criterio della condotta", secondo il quale, in caso di successione di leggi penali, è applicabile, se più favorevole, la legge vigente al momento della condotta”. Pura scuola? Non tanto: in ballo non c’era solo una questione di principio, né un tema prevalente di riduzione della condanna, ma – soprattutto – la questione delle sanzioni accessorie, con una condanna corredata anche dall’interdizione alla guida per almeno 5 anni.
Il processo si rifarà, dunque, e il giovane automobilista, che potrebbe in linea teorica subire una condanna più pesante, avrà la possibilità di tornare al volante in tempi più brevi. (ASAPS)

 


La condanna era già stata tenue (secondo noi) 1 anni e 4 mesi. Perché allora ricorrere?
Pura scuola? Non tanto: in ballo non c’era solo una questione di principio, né un tema prevalente di riduzione della condanna, ma – soprattutto – la questione delle sanzioni accessorie, con una condanna corredata anche dall’interdizione alla guida per almeno 5 anni. Un aspetto molto dibattuto che ci vede favorevoli ad una revisione almeno per gli incidenti con le sole lesioni gravi. (ASAPS)

Venerdì, 28 Settembre 2018
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