Strade killer a Roma, morto un 17enne travolto sulla Nomentana
Oltre i numeri grezzi delle statistiche, oltre le curve che piroettano sui grafici, ci sono le vite. Vite spezzate a un tornante senza cartelli, o a un incrocio con le zebre stinte, sul rettilineo attraversato alla velocità di un rally o per l'asfalto slabbrato che fa smottare tutto, utilitarie e bolidi. Oppure, ancora, perché un bisonte carico di turisti è libero di sfrecciare nel cuore della città, nonostante le strette annunciate dal Comune decine di volte e sempre, in un modo o nell'altro, fatte slittare.
Vite come quella di Tommaso M., che avrebbe compiuto 18 anni tra una manciata di giorni, il 20 ottobre. Promessa del basket, studente al liceo Righi, si è spento l'altro ieri sera al policlinico Umberto I, dopo essere stato investito mercoledì sulla Nomentana all'altezza di via Reggio Emilia, mentre attraversava sulle strisce pedonali. Stava andando ad allenarsi a pallacanestro, alla Sam Roma basket. Un autobus si è fermato per farlo passare, un automobilista, 38enne italiano risultato negativo a tutti i test, di riflesso ha rallentato ma non ha visto nessuno e ha ripreso la sua corsa travolgendo il giovane. «Non mi sono accorto di niente, quando l'ho visto era già tardi», ha detto sotto choc ai vigili il conducente dell'Audi A3 che ha centrato Tommaso sbalzandolo da un lato all'altro della carreggiata. Il terzo pedone investito in tre giorni, dopo il prof di inglese travolto da un Suv sulla preferenziale a Bocca della Verità e il viceprefetto Giorgio De Francesco, morto sotto gli occhi della moglie dopo essere stato investito da un torpedone. E ieri un altro pullman, per fortuna senza fare vittime, si è schiantato contro una Renault Clio, sul Lungotevere Testaccio.
Eppure proprio dai numeri, dalle statistiche, tocca partire se si vuole andare oltre la cronaca dell'episodio, per iniziare a far luce su responsabilità e risposte che la Capitale pretende. Da gennaio a oggi, dice un rapporto della Polizia locale di cui Il Messaggero è in possesso, sulle strade di Roma sono avvenuti 22.685 incidenti, 2.520 ogni mese. Più di quelli che si erano registrati l'anno passato, 30.140 in totale, cioè 2.511 sinistri di media al mese. E i feriti quest'anno hanno già sfiorato quota 8mila (7.903). I morti, solo nel territorio del Comune di Roma, sono 107, l'ultimo ieri mattina, quando un camionista colto da malore si è schiantato contro il muro di cinta di un ristorante in via Carpené, a Tor Vergata. Contando anche l'hinterland, si arriva a 126 morti. L'anno scorso erano stati 140. Una cifra che, a questo macabro passo di marcia, è facile prevedere anche nel 2018.
Sulle strade dell'Urbe, da gennaio a oggi, sono stati investiti 1.348 pedoni. In 43 sono morti, gli altri 1.305 sono rimasti feriti. Il 14,5% di tutti gli incidenti con feriti riguarda l'investimento di passanti. Il 42% delle vittime attraversava sulle strisce.
VELOCITÀ E SEGNALI
Nella maggior parte degli incidenti con lesioni, c'è di mezzo una macchina: 4.754 casi su 8.976. Moto e scooter sono stati coinvolti invece in 3.624 casi. Anche i numeri dell'Aci, che ha analizzato gli incidenti del 2017, fanno riflettere. L'82,5% degli incidenti a Roma è avvenuto su strade urbane. Il 58% degli incidenti e l'83% dei mortali è avvenuto con «ostacoli sulla carreggiata». Quasi sempre buche. Il 26% degli incidenti è stato causato dalla velocità eccessiva, il 23,7% dalla guida distratta, il 22,4% dai segnali non rispettati. In testa alla classifica delle strade più sinistrate c'è la Colombo, lo dice l'ultimo report di luglio, ma c'è scritto lo stesso nei rapporti più vecchi, del 2013 e del 2014, per esempio. Sui suoi 27 chilometri di asfalto a scorrimento veloce già quest'estate si erano registrati 268 incidenti. Subito dopo c'è la Prenestina a quota 266, poi la Tuscolana (243), via Tiburtina (223), la Palmiro Togliatti (171), la Nomentana (166), la Cassia (152).
«Per chi perde un figlio, un genitore o un fratello, sono ferite che non si rimarginano mai», racconta Patrizia Quaresima, segretaria dell'Associazione Italiana Familiari e Vittime della strada. Ha perso il figlio Andrea, 16 anni, nel 97, quando venne travolto sul suo scooter in viale Regina Margherita. «Lì ho sistemato una targa, per mettere la gente in allerta. Tanti ci buttano un occhio e tirano dritto, senza pensare. Ma siamo tutti esposti a questi pericoli. E per ridurli non servirebbe molto».
Le strisce pedonali, tanto per cominciare. Pennellate sbiadite in troppe zone di Roma. Toccherebbe rifarle, magari sfruttando le nuove tecnologie, le strisce 3D, che con l'illusione ottica fanno rallentare gli automobilisti. E quelle a led. Non solo con interventi spot, ma su una scala larga. Anche le dislocazioni, in tanti casi, sarebbero da rivedere. Per piazzare le zebre dove servono davvero e toglierle dove al contrario alimentano i pericoli, come in curva.
Si potrebbe poi chiudere la Ztl del centro storico anche il sabato e la domenica, mettendo fine all'ipocrisia di chi pensa che il cuore della Capitale si possa svuotare solo perché chiudono gli uffici. Anzi, col weekend si ingrossa la frotta dei pedoni e con le macchine libere di sfrecciare, crescono anche i rischi.
Al contempo andrebbe potenziato il servizio pubblico: nel fine settimana il Comune dovrebbe garantire le stesse corse (e gli stessi bus) dei giorni feriali. Dal lunedì al venerdì, l'Atac mette in pista 1.320 navette (in teoria), il sabato e la domenica solo 950. E lo stesso vale per i turni dei tassisti, da potenziare.
Facendo la tara agli annunci spot, andrebbero rafforzati sul serio i controlli sui mini-van e i pullman turistici. Aspettando la stretta che dal 2019 dovrebbe ridurre i bisonti nelle zone centrali, andrebbe almeno ripensata la geografia degli stalli, per evitare che si concentrino nei luoghi più trafficati del centro, una tortura per chi rimane imbottigliato in auto e un pericolo in più per chi è a piedi.
Servirebbero poi i vigili urbani, non dietro la scrivania dove ancora oggi quasi la metà è affaccendata, si fa per dire, durante i turni. La sindaca Raggi ne vorrebbe 7 su 10 in strada. Questo è il piano, l'annuncio. Sperando che diventi realtà a stretto giro di posta. Perché il contatore delle vittime finora non ha rallentato.
Lo sa la famiglia di Tommaso. Non ce l'ha fatta, hanno sperato e pregato, ma i medici dell'Umberto I non avevano dato loro molte speranze. Sportivo e bravo a scuola, spiritoso, solare, era conosciuto da tutti al quartiere Trieste, dove la mamma ha un negozio e anche le zie hanno gestito a lungo una nota birreria. Chi era presente e ha provato a soccorrerlo ricorda un giovane esanime, riverso in una pozza di sangue. E un uomo ferito meno gravemente e che non si dava pace. Scene troppo frequenti sulle strade romane, dove la strage di pedoni è ormai un'emergenza.
Un altro pedone ucciso ancora a Roma. Questa volta si tratta di un ragazzo di appena 18 anni. (ASAPS)