È
stata vinta la battaglia contro il tempo, scattata venerdì sera
per salvare la vita ad un ragazzo che rischiava di morire per avvelenamento.
Due ore di trepidazione. Di corse tra Brescia e Pavia, dal Civile al San
Matteo. Un gran lavoro, coordinato dalla Prefettura, che ha impegnato
i medici del pronto soccorso, le pattuglie della polizia stradale di Brescia,
Cremona, Piacenza e del Commissariato di Stradella, i medici e tecnici
del centro antiveleni del San Matteo.
«Abbiamo fatto solo il nostro dovere» si schermiscono «gli
angeli della notte» che hanno lavorato in simbiosi. Nessun nome
sui giornali. Nessuna foto. Anonimato per tutta la squadra. Ieri mattina
erano al lavoro i due agenti della polizia stradale di Brescia che l’altra
notte hanno puntato verso Cremona con in auto un campione di sangue da
analizzare e che hanno consegnato a chi ha fatto il secondo tratto di
staffetta. Normale servizio dalle 7 alle 13 su diverse pattuglie.
Nessuno si sente eroe. Routine per gli angeli della strada, come per i
medici di Brescia e Pavia che si sono fatti in quattro. In gioco c’era
la vita di un 26enne di Leno che inavvertitamente aveva ingerito antigelo
da una bottiglia. Un errore, non un gesto disperato assicurano in ospedale.
Al momento del ricovero al Civile - erano le 18 - la constatazione della
gravità. Bisognava innanzitutto stabilire quale sostanza era stata
ingerita e l’antidoto andava somministrato al ragazzo per scongiurare
situazioni critiche. Ieri sera il giovane era ancora in osservazione in
seconda medicina con la riserva della prognosi, ma il peggio sembra passato.
«Il pericolo è quello di problemi renali» afferma il
dottor Paolo Marzollo primario del Pronto soccorso del Civile. «Per
due ore medici e infermieri hanno combattuto contro il tempo sino a quando
da Pavia non è giunta risposta sul da farsi. Dal San Matteo ci
è stato inviato l’antidoto che già avevamo, ma non
in quantità sufficiente per continuare la terapia per giorni».
Le pattuglie della polizia, in accordo con il «118» e ottenuta
l’autorizzazione dalla Prefettura, fanno da staffetta a chi trasporta
organi da trapiantare in altro ospedale. Scortano i medici incaricati
del prelievo. Aprono la strada alle autolettighe con a bordo pazienti
in condizioni critiche, partorienti. Quando un’ambulanza di Brescia
si reca in un’altra città (avviene ovviamente anche il contrario),
ad attenderla al casello autostradale c’è una pattuglia della
stradale. Così non si perde tempo.
Ogni mese la polizia stradale di Brescia coordina tra le tre e le quattro
scorte «speciali». Ogni volta è una lotta contro il
tempo. Si corre con lampeggiante acceso e a sirene spiegate sul filo dei
200 orari rimanendo in contatto via radio con la centrale e i colleghi
che compongono la staffetta.
Venerdì sera, mentre il ragazzo di Leno era in terapia, si è
messa in moto la macchina dei soccorsi. Effettuato il prelievo di sangue,
una pattuglia della Stradale di Brescia ha raggiunto il Civile e subito
è partita per Cremona con la provetta mentre il centro antiveleni
di Pavia veniva allertato. Il Civile è in costante collegamento
con il centro antiveleni di Milano, con quello di Bergamo oltre che col
San Matteo.
Da Cremona la seconda fase della corsa contro il tempo, sino a Pavia con
«aggancio» delle pattuglie di Piacenza e Stradella. Accertata
al San Matteo la natura dell’intossicazione e deciso come intervenire,
le pattuglie hanno effettuato il percorso inverso trasportando l’antidoto
vitale. A Manerbio, al casello dell’A21 una pattuglia di Brescia
ha atteso che i colleghi consegnassero il referto e il farmaco da portare
a Brescia. Dopo pochi minuti l’auto era al pronto soccorso. L’orologio
segnava le 21.30.
Ancora presto per chiudere la giornata. E così i due agenti sono
tornati sulle strade di città e provincia per garantire sicurezza,
aiutare chi ha bisogno e punire, come è giusto, chi non rispetta
il codice. In corpo la soddisfazione di aver salvato un ragazzo.
di
Franco Mondini
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