LO
SCUSARIO DELLO SCOOTERISTA, di Lorenzo Borselli | |||
Dire
una bugia per evitare di essere puniti o ripresi, costruire istantaneamente
una versione dei fatti che regga, o che addirittura inganni il controllore
che ha appena smascherato un comportamento scorretto, non è affatto
una cosa semplice. Ne sa qualcosa Barbara Bonanni, giovane sovrintendente
in servizio alla Polizia Stradale di Pisa, che come gran parte degli uomini
e donne in uniforme, ne ha viste e sentite di
tutti i colori.
L’impressione è che, anche davanti all’evidenza, ammettere le proprie responsabilità resti una galanteria che pochi, ancora, sanno permettersi. In fondo è assai più semplice e istintivo rifilare una ridicola panzana all’agente che abbiamo davanti, sperando di farlo fesso e di evitare, con quella fregnaccia, di pagare una multa. Barbara, dal canto suo, invece di stancarsi o di raccontare l’elenco delle castronerie al rientro dal quotidiano giro di pattuglia, ha iniziato ad annotare tutte quelle pietose bugie, con la dovizia certosina di chi – alla fine – sapeva di avere i numeri per uscire in libreria con un istant book dal sicuro successo. Così è stato per lo Scusarlo dell’automobilista, che ha spopolato e che ha portato Barbara nei tanti salotti nati sulla scia del celebre Io speriamo che me la cavo, con la sua collezione di stupidaggini che i tanti utenti della strada con cui ha avuto a che fare, alcuni davvero poco disciplinati, le hanno propinato senza ritegno. È nata così l’idea di un secondo libercolo, dedicato agli scooteristi, che ha già avuto il suo esordio sulla bancarella e che è già preludio di una terza fatica per la marescialla della Stradale pisana. Il merito principale della giovane sottufficiale, è stato quello di saper cogliere – all’ombra della torre pendente – la più ridicola debolezza umana e osservare, virtù della divisa che indossa, l’atteggiamento evolutivo di quest’Homo Sapiens che ha infestato il mondo coi suoi veicoli. Sorridiamo, certo, quando leggiamo che il bulletto di turno, in sella allo scooter senza ovviamente indossare il casco, prova a difendersi dicendo alla poliziotta che con le orecchie a sventola il casco gli fa male o che il gatto ci ha fatto la pipì dentro. Sorridiamo, noi del mestiere, ripensando a quel pittoresco rappresentante di commercio che, fermato in una strada del centro di Napoli contromano e senza casco, ebbe a giustificarsi prima fissandoci stupiti e tastandosi la testa con la sinistra, e poi, genialità partenopea, battendo le mani insieme come per dimostrare la ragione che tenevamo a fare quella domanda, ammettendo candidamente “… aggio scordato!!!” Le scuse sono tante, una dietro l’altra, e incalzano il lettore con il ritmo frenetico della vita di pattuglia. Dal banalissimo tanto avete ragione voi, è inutile che dichiari qualcosa al giovanotto che, fermato in contromano, dichiara che se incrociavo qualcuno mi sarei messo a destra e l’avrei fatto passare, fino ad arrivare alla frottola sparata per riparare ai documenti lasciati a casa: i documenti li ha la mia mamma nella borsa, perché ha paura che me li rubino. O un più rassegnato ho fretta e non ho tempo di cercarli… tenete pure il motorino, che io vado a piedi. Barbara, senza scivolare nella pretesa letteraria, interpreta in questo modo uno stile di vita che gli italiani sembrano preferire sempre più. Proprio per non rimanere antipatica all’utente che c’è dentro ognuno di noi, la scrittrice in divisa ha optato per una strategia soft, che non inciampa nemmeno per un istante nel dreyfussiano j’accuse, ma che invece coglie l’occasione per dare qualche consiglio, utile soprattutto ai giovani virgulti della strada, che nonostante l’avvento del patentino (ancora troppo zoppicante, però) mostra tutti i segni di una pressoché completa ignavia stradale. E poi c’è la parte più nobile di questo piccolo libello: i fondi della vendita saranno in parte destinati all’Associazione Familiari e Vittime della Strada. Umorismo e beneficenza a parte, il lavoro della Bonanni dovrebbe ricordare che l’errore è sempre in agguato, soprattutto sulla strada. Se è irreversibile, le conseguenze peggiori non saranno certo quelle dispensate da una penna in divisa; ma davanti alla contestazione di un atteggiamento non lecito, anche se divenuto consuetudine, faremmo meglio a star zitti. Ammettere le proprie responsabilità, assumersene le conseguenze, è indice di sensibilità e intelligenza, così come lo è dimostrare il proprio rammarico verso coloro che sono stati da noi danneggiati. Ci sembra di vederla, il Sovrintendente Barbara Bonanni, che sfila la penna dallo stivale e scrive un altro book ancora, invitandoci – con il candore di chi elenca le bugie sentite - a scusarsi, più che ad accampare scuse. Questo sì, sarebbe un modo per offrire un’immagine di noi matura, corretta e seria.
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